Il terremoto che non finisce mai – E dei piani di fuga e raccolta non si parla più


L’Aquila – (Nell’immagine il terremoto 2,3 di oggi pomeriggio) – Gli scienziati dell’Istituto di geofisica INGV fanno riferimento al terremoto aquilano del 6 aprile 2009 e dicono: il sisma in Giappone è stato, tanto per avere un’idea, 1.000 volte più potente di quello aquilano. Nel nostro caso 5,8 Richter, in Giappone 8,9 Richter, ovvero oltre tre punti di scala superiore all’epicentro. Ogni punto di scala, la potenzia va moltiplicata per 30 volte. Chi ha vissuto il sisma aquilano “prendendolo” tutto, può così rendersi conto molto meglio che con le immagini rimbalzate in tutto il mondo di quale spaventoso fenomeno si sia trattato. E meno male che l’epicentro era sotto i fondali marini, a 25 km di profondità, 100 km dalla costa. Lungo una faglia che ora si tenta di ricostruire graficamente, sicuramente lunga centinaia di chilometri. Faglie del genere in Italia non esistono, sono tutte più piccole quelle che conosciamo. Ma rimane, da noi, l’ansia per un terremoto che non finisce mai. Le nostre piccole faglie sono irrequiete, sempre in movimento.
Gli ultimi dati, che riportiamo come sempre puntualmente (non tutti gli organi di informazione lo fanno, e sbagliano scegliendo l’occultamento delle notizie ritenendole poco importanti) dicono che oggi, 11 marzo, e fino alle ore 17 circa, ci sono state altre due scosse tra Reatino e Aquilano: alta Valle dell’Aterno, epicentro tra Antrodoco e Borbona. Una terza ha riguardato i monti della Laga, l’area del lago di Campotosto.
Ma, consultando i bollettini sismici (e anche le nostre cronache) si rileva che soltanto negli ultimi 10 giorni, le scosse superiori a 2 magnitudine locale, quindi riportate dall’INGV, sono state una decina. Parliamo di quelle rilevate e registrate nei bollettini. Ve ne sono, certamente più numerose, di inferiori alla magnitudine 2, forse decine e decine. Un fremito continuo. C’è stata la scossa con epicentro tra Castelvecchio Subequo e Collelongo (Marsica-Valle Peligna). Alcune scosse tra Balsorano e Sora. Altre nell’area marsicana. Facendo due addizioni, il risultato della somma – solo per il periodo fine febbraio-inizio marzo – può preoccupare. Anzi, preoccupa senza alcun dubbio: un lungo tratto dell’Appennino, tra lo Spoletino e il Frusinate, cioè l’intero territorio aquilano-peligno-marsicano, è quanto meno inquieto. Gli epicentri e le faglie sono innumerevoli. Sarebbe forse giusto che le istituzioni si dessero da fare per fornire alla popolazione dei dati, delle informazioni delle notizie scientifiche. Un male è meno malevolo, se lo si conosce. E i piani di sicurezza per la popolazione dove sono? Dopo le recenti polemiche, soprattutto a L’Aquila, il centro più grande e quindi più bisognoso di piani del genere, il discorso è caduto, complice una certa stampa che tende prima a ingigantire i temi, a infatizzarli, e poi a dimenticarli rapidamente. Ma rimane tutto come prima: L’Aquila non ha piano di fuga e raccolta per la popolazione, il Comune è ora anche in crisi; nè, a quanto si sa, ne ha Sulmona. Ne hanno forse i centri minori, dove il problema è infinitamente meno pressante. Mancano notizie sul comune di Avezzano.


11 Marzo 2011

Categoria : Cronaca
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