Italia mostruosa a teatro


L’Aquila – (di Carlo Di Stanislao) – Al “ridotto” del Teatro Comunale de L’Aquila, giovedì 17 e venerdì 18, approda lo spettacolo, diretto da Marco Rampolli e scritto ed interpretato da Leonardo Manera: “Italian Beaty: viaggio in un paese di mostri”, con i diversi ‘mostri’ che affollano il nostro Paese, nelle strade, in televisione, nei palazzi della politica. Ci sono i fenomeni dello schermo sfornati dai reality, ci sono fantastici esponenti di partiti sempre nuovi, ci sono imprenditori rampanti e ruspanti-chic, ci sono uomini e donne sempre più soli alla ricerca di briciole di felicità. Sono ‘mostri’ che generano orrore, eppure, a volte incredibilmente, creano desiderio di emulazione. E questi “mostri” sono raccontati da Manera, comico al fluoro proveniente da Zelig, con la sua capacità di scendere negli abissi, di cogliere tutto il grottesco della vita e di sfiorare la tristezza attraverso la poesia. Un viaggio fra il divertente ed il riflessivo, in un Paese di mostri, che è il nostro Paese di oggi, raccontato senza pregiudizi ma con divertimento e compassione. E siccome ‘mostro’ è etimologicamente tutto ciò che desta meraviglia, nello spettacolo c’è spazio anche per la magia e l’incantamento, come a dire che la via di fuga dall’orrore di molta realtà massmediatica è la capacità di riscoprire il sogno nel quotidiano. Un viaggio, quindi, anzi, l’ultima tappa di un viaggio e il racconto di quel viaggio, fatto da un solo protagonista, seduto al tavolo di un ristorante, posto proprio alle spalle di un porto, di un aeroporto, forse di una stazione. Insomma, un luogo (o un non luogo) ideale per partire, forse per sempre, comunque in ritardo. Niente di strano, se non perché la cena arriva al termine di un viaggio non attraverso l’Italia, ma attraverso le meravigliose mostruosità d’Italia. Le portate della cena, poi, descritte magicamente da un cameriere vagamente inquietante, non sono manicaretti preparati in cucina ma personaggi che di quell’Italia mostruosa fanno parte, anzi, ne sono la compiuta espressione: un politico presuntuoso e arrogante, un improvvisato promotore finanziario, un professore corroso dall’ignoranza degli alunni (e propria), un presentatore di quiz cannibale. Così il protagonista si ritrova a raccontare la sua decisione di partire, di abbandonare con grottesca amarezza il noto dell’Italia per l’ignoto di qualcos’altro, spinto anche dalle parole di un ex amore ormai giunto al capolinea. Un amore che finisce e un’Italia che continua sempre uguale, dominata da bipedi con fattezze umane, ma bestiali e tragicamente invidiati. Quindi la partenza definitiva, verso un mondo nuovo che lascia finalmente spazio alle emozioni e non agli stereotipi delle emozioni, allo stupore della vita e non all’imitazione della vita. Senza rimpiangere nulla, nemmeno il posticipo della domenica sera in tv. Quello di Leonardo Manera è un repertorio vastissimo. Dal pozzo della sua fantasia, negli anni, una miriade di personaggi è venuta alla luce, svariate soluzioni comiche sono state create, tutte diverse, tutte ugualmente valide. Il valore aggiunto della sua comicità sta nella capacità di mettere in evidenza il contrasto, il contraddittorio da cui scaturisce il senso umoristico delle paradossali situazioni che crea sulla scena. Artista poliedrico, dalla fantasia instancabile, la sua formazione spazia dagli studi attoriali puri agli approfondimenti sulla scrittura creativa, al mimo, all’arte di strada. In questo, come in altri suoi spettacoli, questo funambolo della parola e della mimica facciale, pare una sorta di Pierrot Lunaire, o di Jim Carrey in gran forma, capace però come il Pierino (che lui chiama Pierone) delle barzellette, di audacie verbali ed anche di improvvise inquietudine ed inaspettate malinconie. Manera, il cui vero nome è Leonardo Bonetti, nel 2009, è stato il conduttore del varietà televisivo, in dieci puntate, “Grazie al cielo sei qui”, in onda su La7. In questa piece Manera usa, con chiave grottesca, la stessa tinta poetica di Claudio Cupellini nel film, con Toni Servillo “Una vita tranquilla”, per dimostrare, alla fine, l’incredibile resilience di questo paese, il suo fondo incorrotto dietro le innumerevoli mostruosità, che riesce sempre a custodire, anche nelle cicliche temperie morali e materiali che attraversa. Il suo attaccamento alla bellezza, che infine lo traghetta sempre in salvo.


09 Marzo 2011

Categoria : Cultura
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