Cinema – Cazzotti e rivalsa sul ring
(di Carlo Di Stanislao) – Primi anni ’90. La HBO sta preparando un documentario sul grande ritorno sul ring di Dicky Eklund, un pugile che grazie ai suoi successi è diventato una gloria locale. Peccato che le cose non siano esattamente così e il motivo delle riprese sia un altro: che vogliano proporgli di diventare il protagonista di un reality-show. Nel frattempo Dicky allena suo fratello Micky Ward (Mark Wahlberg), pugile professionista in ascesa schiacciato però dal comportamento sopra le righe del brother e dalla madre manager. Riuscirà a diventare il nuovo Rocky? “The Fighter” è un film ispirato alla vita del pugile americano di origine irlandese Micky Ward, campione nella categoria pesi leggeri, famoso per aver incontrato per tre volte il pugile di origine italiana Arturo Gatti ed il fratellastro Dicky Eklund, anche lui pugile per un breve periodo e suo allenatore. La pellicola era stata inizialmente affidata a Darren Aronofsky, che nel 2008 aveva diretto The Wrestler e il ruolo di Eklund doveva era stato assegnato a Matt Damon, che vi rinunciò perché impegnato in altri progetti e al suo posto fu preso, in principio, Brad Pitt. Dopo la rinuncia anche di quest’ultimo, fu scelto Mark Wahlberg, mentre per la direzione si pensò al regista e sceneggiatore David O. Russell, noto per il difficile carattere, che lo ha portato spesso a scontrarsi con i propri attori. E’ nato così un film, premiato con due meritatissimi Oscar a Melissa Leo e Christian Bale, incentrato sulla storia di due fratellastri boxeur, figli della stessa madre, sette sorelle tutte bionde e tutte stralunate da far paura, un quartiere miserabile nei sobborghi di Boston; che si sviluppa tra sconfitta e riscatto, crack, cameratismo e rivalità, con contorno di amori impossibili, umiliazioni in pubblico e omeriche scazzottate sul ring. Il tutto con sullo sfondo una madre-srtega (Melissa Leo), sempre cotonata e leopardata, che lotta come una furia per fare da manager ai suoi due “bambini”. Anche se il primogenito Dicky (Christian Bale), che una volta mandò al tappeto Sugar Ray Lawrence, è ormai un rottame vittima della droga e di un inguaribile delirio di grandezza, che riversa la sua voglia di rivalasa sul fratello minore Micky (Mark Wahlberg), perdente cronico con un carattere da succube e un gancio sinistro micidiale, detto nel giro “trampolino, perché usato per finire al tappeto o spedire in orbita i rivali. Un bell’esempio di cinema-cinema, con mamma squinternata e indomabile, una torma di sorelle ghignanti, burrosa ex-atleta ridotta a fare la barista e che Micky si prende per fidanzata (Amy Adams), avversari con cui l’inaffondabile Micky misura la sua capacità di rivalsa (mentre Dicky va in galera e scopre che il documentario su di lui non parlava di boxe ma di crack…): una serie di maschere, riconoscibili e insieme più vere del vero. Tanto che Sugar Ray Lawrence e il poliziotto amico di famiglia che allenava il vero Micky, compaiono nei panni di se stessi. La storia che inizia con Dicky, un uomo che è l’orgoglio dell’ intera cittadina – in passato ha combattuto contro Sugar Ray Leonard – ora caduto in disgrazia. Nel frattempo, suo fratello Micky è diventato a sua volta un puglie, la sua carriera è appena agli esordi ed è gestita dalla madre Alice. Nonostante il suo impressionante gancio sinistro, Micky continua a perdere sul ring. L’ultimo combattimento affrontato da Micky finisce quasi per ammazzarlo, e a quel punto viene persuaso dalla sua ragazza, Charlene, a tentare qualcosa di estremo: dividersi dalla sua famiglia, perseguire i suoi interessi e allenarsi senza l’inquieto fratello. Fino a che, a Micky non viene offerta l’opportunità di una vita: combattere per il titolo. Sceneggiato da Eric Johnson, Keith Dottington, David O.Russel, Scott Silver, Paul Tamasy, distribuito da Eagle Pictures, il film è nelle sale italiane da 4 marzo. Certamente sia Melissa Leo che Christian Bale (indimenticabile in “American Pycho”), sono bravissimi, ma lo è ancor di più Mark Wahlberg nei panni di Micky Ward, nella sua è la classica parabola alla Rocky.
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