Ricordiamo i moti dell’Aquila
L’Aquila – (di Mirco Fonzi) – Ieri ricorreva il quarantennale dei moti dell’Aquila. Il 26 febbraio 1971, infatti, si scatenò la più grande protesta che la città aquilana possa ricordare. Da notte fonda cominciarono a sorgere le prime barricate, fatte con qualsiasi tipo di oggetto, mobili, tralicci, addirittura pompe di benzina, che bloccavano l’accesso alla città. Le campane delle chiese vennero fatte suonare, le sedi dei vari partiti vennero prese d’assalto, dalle finestre dei palazzi assediati veniva lanciato di tutto, carte, sedie, suppellettili; la sede della DC fu addirittura data alle fiamme. Vennero convogliati all’Aquila ben 5000 uomini delle forze dell’ordine, per cercare di arginare la protesta, che potè essere considerata come una vera e propria rivoluzione.
Ci furono scontri tra dimostranti e polizia, con i manifestanti che, oltre ad uffici di partito rivolsero la loro rabbia anche contro la prefettura, la questura e l’abitazione del sottosegretario Mariani. Distrutto anche il negozio “Monti” reo di rappresentare Pescara.
“La città ebbe a vivere dei giorni meravigliosi, perché dopo tanti anni si rividero gli aquilani difendere i propri diritti” – è questo il commento dell’ex sindaco dell’Aquila Biagio Tempesta nel documentario di Donato Monterisi – l’Orgoglio Aquilano, che narra, attraverso testimoni oculari dell’epoca, i difficili momenti della rivolta. La rabbia del popolo aquilano si manifestò violenta quando il Consiglio, la sera del 25 febbraio, decretava che L’Aquila era capoluogo e sede degli enti regionali, mentre la giunta e il consiglio si sarebbero riuniti sia a Pescara che all’Aquila. Inoltre era già stato deciso qualche giorno prima che a Pescara sarebbero stati collocati sei assessorati, mentre solo quattro spettavano all’Aquila.
I moti dell’Aquila furono successivi ai moti di Reggio Calabria, durati per ben sette mesi, e nei quali morirono cinque persone. Anche in questo caso la gente scatenò la propria ira dopo che il Capoluogo di regione fu spostato da Reggio a Catanzaro.
Celebre è il titolo di un articolo di un giornale dell’epoca che scrisse “Reggio chiama L’Aquila”, accomunando le problematiche, le speranze e le proteste della gente reggina e quella aquilana. Tutto ciò ormai è storia. Storia che in quanto tale non deve essere dimenticata ma divulgata.
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