Il “G” ritrovato
(di Carlo Di Stanislao) – Il nostro prof. Jannini aveva ragione: il punto G esiste e non è un mito. Lo dichiara la ginecologa francese Odile Buisson in un libro appena pubblicato:”Chi ha paura del punto G? Il piacere femminile, un’angoscia maschile”, rilanciando oltralpe il dibattito sulla zona erogena delle donne tanto chiacchierata e ricercata. Tra il 2009 e il 2010 la Buisson ha realizzato una serie di ecografie del clitoride e del coito grazie a una coppia di volontari che si sono prestati come cavie. Con l’aiuto di Pierre Foldes, chirurgo specialista della riparazione del clitoride, l’autrice ha realizzato una cartografia di questo organo “troppo spesso dimenticato”. “Non pretendo di avere risolto tutti i misteri – dice la ginecologa -. Ma c’è una logica anatomica che giustifica l’esistenza del punto G. Certo non c’è solo una spiegazione meccanica”. E aggiunge: “Non c’è ragione che quest’organo sia un dominio inesplorato. Il piacere femminile non è solo nella testa”. Questo punto, che porta il nome di Ernst Gräfenberg, il ginecologo tedesco che per primo lo descrisse, è per molti scienziati solo una leggenda metropolitana. Lo scorso anno una ricerca condotta da un gruppo di scienziati del King’s College di Londra guidati dal ricercatore Andrea Burri, pubblicata dal Journal of Sexual Medicine che il fulcro del piacere femminile è solo un mito. Contro la ricerca inglese si è subito espressa la sessuologa Beverley Whipple, che da sempre avvalora l’idea del punto G. Secondo il suo giudizio lo studio dei ricercatori del King’s College “è pieno di crepe”: avrebbero ignorato le esperienze delle lesbiche o delle donne bisessuali ed errato nel considerare gli effetti di avere differenti partner sessuali con differenti tecniche amatorie. In verità già nella cultura orientale era conosciuta una zona del corpo della donna che, oltre il clitoride, era determinante per il suo piacere sessuale: negli antichi testi filosofico-religiosi quest’area era definita “punto del sole” o “punto del piacere”. In occidente, nella seconda metà del XVII secolo, un medico e speziale olandese, Reigner de Graaf (1641-1693), in un suo trattato di medicina – poi andato perduto, ma ricordato negli scritti di vari autori suoi contemporanei – riferì la presenza di un’area, in prossimità della vagina, di particolare sensibilità erogena. I test che hanno esaminato sistematicamente l’innervazione della parete vaginale dimostrano che non esiste un’area o un punto di maggiore innervazione o di maggior densità di terminazioni nervose. Ma forse l’errore era ricercalo in un’area sbagliata, la vagina, mentre si troverebbe nel clitoride. Ipotesi già ventilata ricercatrice australiana Helen O’Connel negli anni ’90. Invece nel febbraio del 2008 il professor Emmanuele Jannini, Docente di Sessuologia Medica dell’Università degli studi dell’Aquila ha pubblicato, sulla rivista The Journal of Sexual Medicine, uno studio teso a dimostrare, anche per mezzo di ecografie vaginali, la presenza – solo in alcune donne – di un ispessimento della parete divisoria tra uretra e vagina che sarebbe da identificarsi con il punto Il fatto che due donne individuino il punto G nel clitoride ed una maschio nella vagina, ha forse a che vedee con l’idea di cancellazione mascolina di quell’area che sembra un piccolo fallo. Com’è noto, contributi delle allieve di Freud che si avvicinano, seppur con le dovute differenze, al pensiero freudiano (J . Lampl-De Groot , H.Deutsch, R. McBrunswick) hanno sviluppato, nel tempo e nella stessa scienza, l’idea che la tendenza fallico-attiva mascolina siad’ostacolo al raggiungimento della disposizione femminile, per cui la clitoride ha connotazione di un organo maschile monco, inadeguato e superfluo, a cui è necessario rinunciare. Dalla’altro lato, i contributi di autori che si discostano dal pensiero freudiano (K. Horney, M. Klein, E. Jones), hanno prodotti l’idea che l’investimento della clitoride è secondario e sorge sulla repressione di un precoce interesse e di una precoce sensibilità vaginale. Insomma, dove e come sia la passione è difficile da definire per ogni donna e, soprattutto, occorre che l’uomo impari e faccia propria l’idea che anche le donne hanno una sessualità. Fra molte incertezze vi è una cosa certa. Per una donna fare l’amore vuol dire vivere la propria femminilità, esprimendo seduzione, potere di attrazione, ricettività e accoglienza. Nel corso dei secoli la sessualità femminile ha vissuto profondi cambiamenti che hanno portato alla liberazione del piacere, a un eros più aperto e meno trattenuto, punto G a parte.
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