De Matteis: “Prima di tutto una città ai nostri ragazzi”
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – La minintervista per telefono, con un Giorgio De Matteis che viaggia. Una fortuna “pescarlo”, in auto, con il cellulare libero. Ci tocca, dopo due o tre tentativi diluiti nelle ore della giornata. Lui è un medico, e non se lo dimentica mai. Quindi bada ai8 traumi psicologici, che spesso generano quelli fisici. E’ anche un padre e i problemi dei ragazzi aquilani li percepisce senza filtro, diciamo, dalle vive voci. I ragazzi non ne possono più di vivacchiare nei centri commerciali, come unica prospettiva per attraversare la giornata, prima, magari, del giro serale nei locali. Che sono sempre gli stessi, stracolmi, non sempre ben frequentati, alla fine anche costosi e noiosi. Occorre altro. Cosa?
— Una città , la loro città . Non vedono l’ora di riaverla, insieme con una vita normale. Due anni di sbandamento sono lunghi, alla fine si stanchi. Dicono che qui la crisi è doppia rispetto al resto d’Italia…
Perchè non ci si è pensato prima?
—Bella domanda. Intanto, la nostra è l’unica iniziativa in corso… il resto sono parole, perchè qui da noi le chiacchiere sono l’unica cosa che abbonda. Ma è una buona iniziativa: abbiamo semplicemente sentito loro, i ragazzi nelle scuole, con questionari e domande. Hanno dato le loro risposte, sappiamo cosa chiedono, ed è pronto un altro questionario, mi pare molto intelligente e adeguato.
Cosa farete?
—Semplice, uno spazio sicuro in centro per i ragazzi, a San Bernardino. Una tensostruttura grande e accogliente per varie attività , non solo un caffè letterario, un luogo di cultura, socialità , svago, dibattito, incontro. Ma il lavoro preliminare lo hanno fatto i ragazzi, indicando le, diciamo, linee-guida. Lavoriamo in sinergia politica e d’intesa con i presidi, specie Angelo Mancini.
Tempi?
—Rapidi, qualche mese e ce l’avremo fatta almeno per la prima tensostruttura utilizzabile subito.
Lei è stato assessore regionale alla Protezione civile. Chi dovrebbe pensare alla gente durante i terremoti, e anche durante gli sciami che continuano?
—Lo sono stato sei anni fa. Allora, il piano di protezione civile urbana spettava ai comuni. Penso anche adesso. Bisognava pensarci prima del 6 aprile e dopo.
Il Comune dell’Aquila ce l’ha questo piano?
—Dovrebbe averlo, almeno adesso, dopo l’esperienza che ci è toccata…
Due parole di politica e chiudiamo. La nuova area, questo terzo polo, cos’è per lei?
—Una nuova area, da definire, appunto. Ho talora difficoltà con la maggioranza regionale, ma non ho mai detto di volerne uscire. Parto dal presupposto che una maggioranza deve affrontare i problemi, e quella abruzzese è certamente a sua volta in difficoltà . Indipendentemente dal terzo polo. Io sono per affrontare i problemi, non per le chiacchiere. E le strategie politiche. Prima le esigenze di tutti. Politica concreta. Poi caso mai le nostre beghe, che alla gente, specie qui da noi, non interessano nè punto nè poco.
Buon viaggio.
—Grazie, buon lavoro.
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