Che magra figura, assessore Riga…
(di Gianfranco Colacito) – Est modus in rebus. C’è un modo (corretto) in tutte le cose. Forse l’assessore alla Protezione civile dell’Aquila, Roberto Riga, ha dimenticato questa pillola di saggezza che ci sgocciola sulla testa da millenni. E oggi, polemizzando nei confronti della Fondazione 6 aprile (i parenti delle persone morte nel terremoto), ha sbandato finendo fuori strada, quando ha scritto (e firmato) una nota in cui dice al presidente Vittorini: “Smettila di gettare fango su tutto e su tutti”. Ogni altra frase sarebbe rientrata nella vis polemica, questa assolutamente no. Il Ciomune – Riga in questo caso – si è sentito perduto quando qualcuno gli ha chiesto: se il terremoto continua, dove deve fuggire la gente? Le aree di raccolta non esistevano prima e non esistono a due anni dal 6 aprile 2009. Forse sulla carta o nelle menti di qualcuno, in termini politici o intenzionali, ma in pratica no. Lo dimostravano, ieri sera, alle 20 e 33, sotto terremoto 2,9 Richter, molte voci di gente impaurita, che non sapeva cosa fare, dove dirigersi, dove trovare rifugio e magari conforto, sia pure per qualche ora, lontano dagli edifici sfibrati e tremanti. Per questo protestava la Fondazione, e non solo la Fondazione, e nel farlo non gettava fango su nessuno. Specie su chi il fango se lo sa tirare addosso senza aiuti esterni. Sarebbe troppo facile invitare Riga a chiedere scusa, perchè ci sono magre e magre, e da certe “uscite” è arduo venir fuori, quanto da una miniera crollata. Nessuno vuole giustiziare nessuno, tutti vorremmo che questa comunità rinascesse coagulata, omogenea e consapevole più di quanto sia mai stata. Le disgrazie servono anche a questo. Ammesso che servano a qualcosa. E’ mezzanotte a L’Aquila. Quante ferite morali e spirituali, quanti crolli di umanità e di buon gusto. Una vera politica e dei veri politici dovrebbero adoperarsi per medicarle e, se possibile, guarirle. Ma – per quanti sforzi si tentino – ci torna in mente il film “Le nevi del Kilimangiaro” da Hemingway. Lui scrive che il ferito muore. Nonostante amorevoli cure. Nel libro è così, nel film hollywoodiano dal lieto fine obbligatorio per contratto, il ferito guarisce. Un falso letterario. Siamo tutti più rispettosi, assessore Riga: qui nessuno getta fango, qui devono sopravvivere persone e case, ma soprattutto il rispetto dei sentimenti, del dolore, della solitudine disperata di chi sente che non ha domani, e neppure oggi. Un po’ tutti noi, non sappiamo lei.
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