Fallimenti e trucchi, otto denunciati
Vasto – La Guardia di Finanza dopo indagini nei confronti di cinque aziende fallite che operavano nel Vastese, ha denunciato a piede libero otto amministratori per bancarotta fraudolenta e distrazione dall’attivo dell’azienda e, quindi, dal fallimento in danno dei creditori, di denaro per 3.815.463 euro; beni strumentali del valore residuo pari a 344.582 euro; merci del valore di acquisto pari a 402.160 euro. “Il passivo delle aziende fallite complessivamente accertato dai vari curatori fallimentari, nominati dal Giudice delegato – spiega il capitano Luigi Mennitti – è pari a circa 5.574.627 euro. I responsabili denunziati all’autorit� giudiziaria in caso di condanna incorreranno nella pena prevista per tale reato: la reclusione da tre a dieci anni e l’inabilitazione decennale all’esercizio di un’impresa commerciale, nonchè all’esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa. Troppo spesso – prosegue il capitano Mennitti – il ricorso al fallimento costituisce un comodo rifugio giuridico a cui spregiudicati imprenditori ripiegano per evitare di assolvere i loro obblighi verso i creditori. Si tratta di una parte del mondo imprenditoriale che scredita l’intera categoria e che pone in essere una serie di atti illeciti fraudolenti negli anni immediatamente antecedenti (uno o due) alla dichiarazione di fallimento. In quel lasso temporale gli imprenditori fraudolenti svuotano le loro aziende delle merci, dei beni strumentali e delle altre risorse finanziarie. In alcuni casi, aprono nuove aziende alle quali trasferire il know-how, i beni strumentali ed alcuni dipendenti (specie quelli strategici) per poter proseguire con altra denominazione ed autonomia patrimoniale (formalmente non aggredibile dai creditori dell’azienda insolvente). Le merci e, a volte, i beni strumentali, vengono poi immessi nel circuito del commercio illegale (sottratto agli obblighi di fatturazione ed all?imposizione), a prezzi sicuramente concorrenziali in quanto notevolmente al di sotto di quelli di mercato, distorcendo le regole della concorrenza e ponendo in difficoltà oltre che i loro fornitori/creditori, anche le altre aziende che operano nel medesimo settore merceologico”.
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