Il giro per il centro dell’Aquila, sempre con il groppo in gola
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Bisogna avere il coraggio di farlo, ogni tanto, un semplice giro in centro, come nell’altra vita, in una mattina di Sole e cielo sereno. Lo stesso cielo che dalla sua sovrana indifferenza guarda in basso la città assopita, intorpidita dal doposisma che non finisce mai. O meglio, dà segni di vita, ma solo attorno alle mura, nelle piatte periferie e baraccopoli commerciali. L’Aquila sta tornando fatalmente all’origine, a quando era “dentro” le mura e fuori baluginava un torvo medio evo di guerrieri catafratti e soldataglie di ventura.
Non sempre lo abbiamo, questo coraggio, perchè la vita è già deprimente di suo e non occorrono spettacoli desolanti per accasciarla ancora di più. Ieri l’abbiamo recuperato, per un giro in centro, nella zona un tempo ridente della Villa comunale con le sue pigrizie e melanconie da pensionati sulla panchina. E’ difficile parcheggiare, perchè le auto sono tante, benchè non si veda in giro quasi nessuno. Gruppi di anziani parlottano nel piazzale delle baracchette, perditempo siedono al bar, fuori per poter fumare. Qualche giovane qua e là , una coppietta che si dà le mani e cammina con espressione inebetita nei vialetti. Non dicono nulla, non sorridono, non mostrano espressioni. Sono soltanto incupiti. Gente senza una città , che scopre ogni giorno, eppure sono 23 mesi, di vivere male senza una città . Chi l’avrebbe detto.
Viale Crispi è semideserto nella parte bassa, dopo Cristo Re. Pochissime auto. I palazzi sfregiati immobili nel loro silenzio che dura da quasi due anni. Trascuratezza e abbandono, rottami, macerie, rifiuti, plastica, recinzioni malconce. Il tempo che passa degrada anche ciò che è degradato. Uno pensa con timore alla primavera, che porterà selvaggia vegetazione ovunque, e renderà tutto più squallido. Invece di rallegrare con il verde…
Porta Napoli è nella sua eterna gabbia. Chi sa quando la rimetteranno in piedi. Il traffico rado scorre in discesa, perchè da Mammarella non si sale verso il centro. Chi sa quando si potrà . Nessuno dà termini, scadenze, impegni, neppure per l’essenziale. Svanite le fantasie sul recupero delle strade centrali, cardo e decumano. Per ora i coraggiosi che sono tornai in viale Crispi vivono come a San Francisco nel film “L’ultima spiaggia”.
Desolazione totale nei giardinetti all’inizio di viale XXIV Maggio. Anche lì silenzio assoluto. Lontano appare un uomo con delle carte sotto un braccio. Lo riconosciamo: è un noto avvocato. Solita domanda: “Come va?”. Risposta piatta: “Qualcosa ricomincia a muoversi… ma per due anni, lavoro crollato dell’80%”. Commiato quasi senza parole. Negli occhi delle persone c’è il segno indelebile di ferite “dentro” che non guariranno. Specie per chi ha superato gli …anta. No, per tanti non c’è il domani, pensato come un tempo di qualche anno. Tutto sarà di tutti i giovani, se vorranno, e tanti di loro saranno stranieri – speriamo – integrati.
All’inizio di viale XXIV Maggio scoviamo tra erbacce e ruggine un “centro alimentazione animali”, in un giardino abbandonato sotto finestre e pareti semisfondate. Dietro un cancello malfermo, socchiuso, c’è un gatto bene in carne, bianco e nero, che scruta con occhi guardinghi e ardenti. Vuol capire se siamo quelli che portano qualcosa da mangiare. Sì, ma solo un pezzo di pane appena comperato, possiamo gettargli. Non gradisce e se ne va lento, a sparire tra le erbacce secche. Ce ne sono di gatti, anche altrove: trovano rifugio e forse anche topi nella selva delle case sconquassate. Spoon River, dove tutti dormono sulla collina che un tempo fu l’altezzosa città rapace. Con il groppo in gola, ancora una volta, torniamo indietro. Il gatto, riapparso, solleva la coda e orina. Il territorio è suo.
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