Una timida autobiografia e Ipazia
(di Carlo Di Stanislao) – Per la bambina che attraversa le pagine del racconto, come per ogni bambino, le esperienze sono tutte prime volte, che si tratti di avvertire il frullo d’ali di una farfalla che trema dentro le sue dita e poi ruzzola a terra senza vita, oppure del timore permanente che anche la mamma farà come quella farfalla. La vita scoppia dentro la sua minuscola esistenza, la vita sì ma anche la morte, tuttavia le cose, le voci, le impressioni e le vite degli altri non si possono sentire nel tramestio quotidiano che scorre col tempo dell’orologio. La bambina che abita Il terrazzino dei gerani timidi scopre piano piano che può ascoltarle nel silenzio immenso in cui annega quell’angolo di casa che si affaccia sui tetti, il luogo solitario che col tempo diventerà la sua stanza tutta per sé. Là dentro le sarà possibile riconoscere le invisibilità che corrono sotto la crosta del mondo e avvertire il turbamento che suscita in lei l’offerta della vita. Proprio quella bimba, cui la mamma ha insegnato a camminare sul dolore, in silenzio assisterà alla nascita del sogno e ancora per lei, seduta là dove solo regnano silenzio e piccioni, fi nalmente emergeranno, vita della vita, la poesia, gli scrittori, la letteratura e le parole dei libri, la scoperta che le vite sbucciate e naufragate, che nella realtà non fanno che nascondersi, che cessare di amare, invece nel sofi sticato rammendo che l’arte è in grado di ricamarvi intorno, possono diventare esistenze immortali. Così scrivere un libro in cui custodire quel silenzio diventa il sogno della bambina, un sogno che solo i gerani conoscevano e tuttavia hanno sempre tenuto nascosto.Il romanzo è bello, a partire dal titolo: “Il terrazzino dei gerani timidi”, delicata autobiografia scritta con stile accurato e grande pudore da Anna Marchesini, pubblicato a gennaio scorso da Rizzoli; esordio folgorante nella letteratura, da sempre amata, di un’attrice comica divenuta particolarmente celebre con Solengi e Lopez, scritto con grande cura e straordinario spirito di osservazione, secondo una modalità non propriamente moderna, ma proprio per questo più piacevole e sorprendente. A differenza di altre autobiografie, il libro non è né celebrativo né strettamente cronachistico, ma segue una vocazione poetica affatto interessante, con il segno di una innocenza giovanile che si conserva, nel suo procedere, nonostante le “incursioni”, spesso disastrose, della vita. Da Fazio, ieri sera, presentando il libro, la Marchesini ha ricordato che aveva un’enorme reverenza per la scrittura alta, tanto da censurarsi per anni nel desiderio di scrivere questo libro. Poi, nel 2009, ha rotto gli indugi e, il risultato, è più che incoraggiante. Nata ad Orvieto nel 1953, diplomata all’Accademia di arte drammatica di Roma, Anna Marchesini esordisce ventenne in teatro, ne “Il borghese gentiluomo” di Molière, per la regia di Tino Buazzelli. Inizia poi un’intensa attività nel campo del doppiaggio, lavoro che nel corso della carriera avrà modo di ripetere in varie occasioni. Anna Marchesini ha così l’opportunità doppiare Judy Garland ne “Il mago di Oz” (1980, seconda edizione restaurata) e numerosi personaggi di cartoni animati trasmessi durante i primi anni ’80. E’ in questo campo, precisamente durante il doppiaggio della serie animata “Supercar Gattiger”, che nel 1981 conosce Massimo Lopez. I due poi si uniranno a Tullio Solenghi per dare vita a quello che verrà chiamato semplicemente “Trio”, e che raccoglierà tanti successi in campo artistico. Nel 1982 il Trio Marchesini-Lopez-Solenghi fa il suo esordio in radio (RadioDue) con il programma “Helzapoppin” (nome che deriva dal celebre musical “Hellzapoppin’” del 1938 e dall’omonimo film di Henry C. Potter del 1941). Il successo radiofonico proietta i tre in tv: l’esordio televisivo arriva nel 1984 nello show “Tastomatto”, dove affiancano Lorella Cuccarini alla conduzione. Ed è proprio in questo contesto che nascono molti dei famosi sketch che renderanno famoso il Trio, come ad esempio le interpretazioni-parodia di telegiornali e pubblicità. Nel 1985 Anna Marchesini partecipa al lavoro cinematografico “A me mi piace”, per la regia di Enrico Montesano. Con il Trio partecipa a “Domenica in” nel 1985 e a “Fantastico 7″ nel 1986. Il successo crescente li porta anche alle edizioni del Festival di Sanremo 1986, 1987 e 1989. Il Trio si presenta anche nei teatri con gli spettacoli “Allacciate le cinture di sicurezza” (1987) e “In principio era il trio” (1991). L’apice del successo del Trio si registra nel 1990 con la rilettura parodistica del dramma manzoniano “I promessi sposi”, trasmesso su RaiUno in cinque puntate. Il suo primo spettacolo teatrale da solista è “Parlano da sole” del 1999; nel 2000 Anna Marchesini pubblica il libro “Che siccome che sono cecata” (slogan della signorina Carlo, uno dei suoi personaggi più conosciuti), corredato da un video di 85 minuti per la collana “I mostri della comicità”. Nel 2001 torna in teatro con “Una patatina nello zucchero”; l’anno seguente è ancora a Sanremo, questa volta al fianco di Pippo Baudo, dove interpreta la sessuologa Merope Generosa, insegnante di educazione sessuale che durante le sue lezioni si lascia trascinare nel racconto delle sue esperienze disastrose con gli uomini; gli interventi zeppi di doppi creano un effetto comico dirompente. Nel 2003 porta in teatro “La cerimonia del massaggio”, tratto da un racconto di Alan Bennett, e nel 2005 “Le due zittelle”, rielaborazione comica tratta dal romanzo di Tommaso Landolfi. Tra le sue apparizioni straordinarie ricordiamo quella del 1998 nella soap opera “Beautiful” e quella del 2005, quando insieme a Solenghi conduce alcune puntate di “Striscia la notizia”. Dopo una lunga assenza causata da un’artrite reumatoide, Anna Marchesini torna in televisione nel 2008 insieme a Tullio Solenghi e Massimo Lopez. Il Trio si riunisce per celebrare i 25 anni di attività: lo spettacolo – in tre puntate (RaiUno) si intitola “Non esiste più la mezza stagione”, frase tratta da uno dei più noti sketch teatrali del Trio. Fra il 2008 ed il 2010, è tornata in teatro come interprete e regista di “Giorni felici”, dramma in due atti di Samuel Beckett e, ancora, con “La cerimonia del massaggio” di Alan Bennett e “Le due zittelle” di Tommaso Landolfi.
La vera storia di Ipazia
C’era una donna, 15 secoli fa ad Alessandria d’Egitto, il cui nome era Ipazia. Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. La sua femminile eminenza accese l’invidia del vescovo Cirillo, che ne provoco la morte, e la fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi, che la fecero rivivere. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa. Della sua vita si è detto di tutto, ma ancora di più della sua morte. Fu aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. A farlo furono fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell’impero romano-bizantino: il cristianesimo. Perche? Per la prima volta, con rigore filologico e storiografico e grande abilita narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l’avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo. Nel libro “Ipazia. La vera storia” (edito da Rizzoli, 2010), la Rochey, professore di Filologia classica e Civilta bizantina all’Università di Siena, partendo dalle testimonianze antiche, ci restituisce la vera e sfolgorante immagine di questa donna che mai dall’antichità ha smesso di far parlare di se e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie di ogni tempo e orientamento. Perche da sempre e ancora oggi Ipazia affascina chi, come lei, e alla ricerca della verità e vive nella liberta. Silvia Ronchey, sempre per Rizzoli, ha pubblicato L’enigma di Piero (2006) con cui ha vinto il Premio Elsa Morante. Fra gli altri suoi successi recenti: Il guscio della tartaruga (Nottetempo 2009) e Il romanzo di Costantinopoli (Einaudi 2010). Questo libro, ci restituisce la verità sulla filosofa del V secolo, uccisa dal fanatismo dei cristiani e diventata un’icona della resistenza a ogni integralismo, con un profondo lavoro sui documenti, che, come ha scritto Umberto Eco, ci racconta una storia vera, che risulta non meno affascinante delle leggende.
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