Riflessioni – Italia dolorosa


(di Carlo Di Stanislao) – Due episodi molto diversi e in luoghi differenti dello Stivale, ma che dipingono lo stato delle cose, oggi, nel Nostro Paese. Il primo, dolorosissimo, riguarda la morte, fra le fiamme, di quattro fratellini rom, di 4, 5, 8 e 11 anni, nel corso dell’incendio sviluppatosi nel campo abusivo sulla via Appia, a Roma, con fiamme partite da un braciere lasciato accesso per scaldarsi e vertice, stamani, fra il sindaco Alemanno, il prefetto, Giuseppe Pecoraro e l’assessore alle Politiche sociali, Sveva Belviso, con al centro, ancora una volta, ovviamente, “l’emergenza nomadi”, che il sindaco di Roma aveva dichiarato risolta già dallo scorso anno. “Ho lanciato molte volte l’allarme perché questi insediamenti venissero smantellati perché sono pericolosissimi”, ha ricordato ieri sera Alemanno che si è scagliato contro la lentezza della burocrazia e anche della sovrintendenza per il mancato ampliamento di un campo regolare. “Chiederò, urlando, al governo poteri speciali per gli insediamenti dei rom – ha aggiunto – affinché il prefetto possa realizzare i campi rom autorizzati a Roma” perché “non possiamo permettere che la gente continui a vivere in baracche di plastica, dove basta un cerino che cade nel posto sbagliato per farle diventare dei forni crematori a cielo aperto”. Ma, secondo Vincenzo Spadafora, presidente Unicef Italia, la tragedia della’altrai sera “ci ricorda quanto ancora ci sia da fare per la sicurezza dei minori nelle nostre città, non importa siano essi rom oppure no”, mentre il sindaco di Bari Michele Emiliano, proclamando il lutto cittadino, ha detto: “La morte dei bimbi riempie il cuore di rabbia e di dolore. Siamo tutti responsabili di questa tragedia a causa delle sgangherate modalità con le quali affrontiamo il fenomeno dei popoli nomadi. La circostanza che alcune di queste comunità ospitino sfruttatori di bambini non attutisce i nostri errori, né ci esenta da responsabilità. Anzi le aggrava”. “Si va incontro a eventi drammatici come quello del rogo dove hanno perso la vita quattro bimbi”, afferma oggi su La Repubblica Marco Miccoli, segretario del Pd Roma, per il quale “i campi abusivi aumentano in città e Alemanno non trova di meglio che prendersela con la burocrazia”. La verità è che senza una strategia di governo, senza una politica dell’accoglienza ma solo con squallidi spot a uso di giornali e tv (ricordiamo solamente quando Alemanno gridò ai quattro venti che avrebbe espulso 20 mila nomadi in tre mesi, nel 2009), episodi come questo sono solo destinati a moltiplicarsi. Quanto all’altro increscioso episodio, riguarda le esplosioni di violenza, verificati ieri ad Arcore, a margine della manifestazione del Popolo Viola contro il premier, che hanno causato la contusione di sei rappresentanti delle forze dell’ordine ed il ferimento, grave, di un funzionario di polizia, ricoverato in ospedale con una profonda ferita alla testa. Nel corso della manifestazione, alcune decine di giovani dell’area anarchica e dei centri sociali – centocinquanta circa – avevano tentato di raggiungere Villa San Martino, residenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, provocando la reazione della polizia. Il Popolo Viola”si è dissociato” prontamente dalle frange violente che hanno ingaggiato scontri con la polizia. Gli organizzatori della manifestazione con oltre seimila persone che nel primo pomeriggio si era svolta senza alcun problema, hanno anche diramato una nota per rimarcare la loro estraneità dagli episodi di violenza. Due giovani sono stati fermati e questa mattina, alle 12,30, al tribunale di Monza, verrà celebrato il processo per direttissima, anche se i loro legali ne hanno chiesto la scarcerazione. Scrivere come fa Libero che la violenza è insita nei “bravi Viola” è naturalmente un errore, una provocazione ed una forzatura, ma, tuttavia, va detto, che occorre sempre grande cautela, in manifestazioni di piazza, per emarginare i violenti. A stigmatizzare le violenze della domenica di Arcore è sceso in campo il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. “È chiarissimo che c’è un tentativo di creare un’atmosfera generale, anche con manifestazioni di piazza, per radicalizzare ulteriormente lo scontro politico. Questo messaggio”, ha continuato Cicchitto, “è contenuto chiaramente negli attacchi fuori misura lanciati fra ieri e oggi dai leader del Pd e dell’Italia dei Valori, dai discorsi fatti alla manifestazione di Libertà e Giustizia e adesso dagli incidenti provocati ad Arcore dal Popolo Viola”. Certamente non è così, ma occorreranno chiare e nettte prese di posizione da parte del Pd e dell’Idv per dire non alla violenza e non giustificarla, in nessun caso ed in nessuna circostanza. La condanna di gesti violenti e del mancato rispetto delle regole di convivenza civile e delle istituzioni democratiche deve essere ferma e chiara, anche tenendo conto del disagio di disoccupati, studenti e padri di famiglia con stipendi incapaci di garantire sicurezza per le loro famiglie. Ma, al contempo, come scrissero i giovani durante le fasi più calde delle proteste contro la “riforma Gelmini”, la politica tutta, non può limitarsi a condannare la violenza e il mancato rispetto delle Istituzioni quando quello stesso Parlamento, coperto oggi di uova marce, è mortificato nelle sue funzioni e oltraggiato dai comportamenti insulsi dei suoi componenti: prostituzioni politiche, scazzottate da bassifondi, “vajasse” e sacchi di immondizia tirati in aula. Non si può chiedere il rispetto delle Istituzioni se le stesse non sono rispettate dai loro componenti. Alla stessa maniera non ci potrà essere rispetto delle Istituzioni se queste non saranno capaci di rispettare le persone, di fare attenzione ai loro problemi e alle loro necessità. Come scrissero gli organizzatori del “Noberlusconiday” nel gennaio 2009, non è per la violenza, in nessun caso, chi vuole crescere in un Paese libero dalla mafia, dove la legge sia veramente uguale per tutti, dove chi sbaglia paga, dove all’individuo siano riconosciute le sue capacità senza dover ricorrere a squallide scorciatoie per permettersi una vita dignitosa. Chi, ancora, vuole avere delle speranze, delle opportunità, diritti e soprattutto valori, senza distinzione di sesso, di razza e di età, così come nello spirito dei nostri “padri fondatori”, perché di quello spirito siamo ancora profondamente orgogliosi. In un lungo servizio sul quotidiano economico-finanziario “Australian Financial Review”, uscito a dicembre di due anni fa, già l’Italia era considerata una “via crucis” in cui si discute di un fuori onda di un politico (Fini, a Pescara, su Berlusconi) e nel frattempo il direttore del Banco di Sicilia è arrestato per un ammanco di 2 milioni di euro dalla sua banca e l’ex segretario del Quirinale è accusato di aver fatto sparire 4 milioni, dove un terremoto e trattato come il fondale di una “soap opera”, mentre l’opposizione non è unita su nulla e non realizza alcuna idea alternativa. Da allora, io credo, “la via dolorosa”, si è fatta più lunga e tortuosa, in questo Nostro Paese. Come ne “Lo stabat mater” di Tiziano Scarpa, vincitore dello Strega nel 2009, solo se recupereremo dal nostro passato quei valori che ci fecero, nel mondo, grandi e diversi, sapremo interrompere un precisante, vorticoso cammino verso una violenta, inusitata fine, come nazione e come moralità. Come Cecilia, io narrante de l’autore, porta con sé tantissime inquietudini e melanconie e violenze pronte a balzare e ridestarsi, ma trova nell’esempio del passato il “liquore”, per accedere ad una ribellione ferma e non violenta, così noi dovremo, nel 150° anniversario della nostra Unità, resuscitare aneliti e ricordi che ci diano la direzione epica di un comportamento fermo, ma mai, per nessun motivo, violento.


07 Febbraio 2011

Categoria : Dai Lettori
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