Opinioni – Pareggio melmoso
(di Carlo Di Stanislao) – Pareggio ieri alla Camera per Berlusconi, con Montecitorio che accoglie il parere della Giunta per le Autorizzazioni a procedere, che aveva deciso di negare alla Procura di Milano l’accesso all’ufficio del Ragionier Spinelli, nell’ambito del caso Ruby, ma il respingimento, in mattinata, alla bicamerale, con 15 voti a favore e 15 contrari (che per regolamento equivale alla bocciatura), del decreto sul federalismo fiscale dei Comuni e Consiglio del ministri che da il via libera ad una riforma fortemente voluta dalla Lega. Un colpo di mano definito “inaudito” dalla opposizione, ma, comunque, un blitz, magari spericolato, ma che vale, almeno per il momento, la tenuta del governo, visto che Umberto Bossi, dopo che nel vertice notturno a Palazzo Grazioli aveva ribadito che o il decreto passava o la prospettiva erano le urne, ora dice che a questa soluzione non ci pensa proprio. Tuttavia sono in molti a notare che la firma del capo dello Stato Giorgio Napolitano non appare così scontata. Ed anzi, che la forzatura del governo, definita dal presidente della Camera Gianfranco Fini “senza precedenti”, ha prodotto gelo e sconcerto al Colle ed ora il Presidente si è preso tempo per valutare il provvedimento e decidere se firmarlo. Inoltre la riforma del federalismo non si esaurisce qui e sono ben altri quattro i decreti da far passare al vaglio della bicamerale ed emanare eventualmente, entro il 21 maggio, pena la caduta in prescrizione della legge delega. Con il nuovo arrivo dell’ex Mpa, Aurelio Misiti, a regalare al Cavaliere la prima stampella “scoperta”, sembra aumentare la tenuta del governo ed ora, dicono gli uomini del Cavaliere, “la legislatura potrà andare avanti”, considerando, al contempo, la possibilità la possibilità del rito immediato per il processo di Milano, un autentico “golpe”. Ma, per molti, il vero problema attuale non sono i guai giudiziari, vecchi e nuovi, ma è l’irritazione del Quirinale che si è detto preoccupato con una telefonata a Gianni Letta (che a sua volta, per telefono, aveva bacchettato chiodi e Cialente sulla “ricostruzione”), anche se Bossi e Maroni non sentono ragioni. Insomma, dalla palude Berlusconi non è uscito, sia perché Bossi rimane fermo in attesa di eventuali nuove rivelazioni dai Pm milanese, sia perché certamente la Lega non si farà trascinare nel gorgo e se le cose si mettessero male, giocherebbe la carta, per ora nella manica, di Tremonti o Maroni. C’è poi il fatto non trascurabile, della percezione degli italiani sul federalismo. Infatti, secondo il Censis, il 41% crede che il federalismo migliorerà la gestione della cosa pubblica, ma per il 50,2% farà crescere il divario socio-economico tra Nord e Sud. E, come fa nella sezione Affari e Finanza di oggi, La Repubblica, a questo punto, e potrebbe giovare guardare per un attimo a chi del federalismo ne ha fatto un modus vivendi collaudato: la Germania. In Germania vi sono 16 regioni (Länder) con una propria Costituzione, ampia sovranità e molti diritti di autonomia. E sono molto diverse tra loro per numero di abitanti e risorse economiche, si badi bene. Ogni regione ha una propria Costituzione, un governo con tanto di Parlamento, Presidente del Consiglio, ministri e ministeri, e può emanare leggi regionali e decreti, purché non in contrasto con quelle nazionali. Le tasse che si pagano sono suddivise in vari modi: vi sono tributi che vanno esclusivamente allo Stato, tasse che vanno invece direttamente alle regioni e quelle che vanno ai Comuni, nonché quelle che vengono distribuite in vari modi tra queste tre entità federali. Ma la Germania è molto diversa dall’Italia e, davvero, non si comprende quale federalismo questo governo abbia in mente. Il federalismo fiscale contro il quale hanno votato le opposizioni nella apposita commissione parlamentare bicamerale, è un vero e proprio “porcellum fiscale che abbiamo evitato”, aveva detto Galletti (Udc), in una conferenza stampa del Terzo polo, prima del CdM. “Sin dall’inizio avevamo indicato che il testo del governo era tutt’altro che federalismo municipale”, aveva detto Baldassarri (Fli). La Lanzillotta (Api) aveva invitato la maggioranza a “non fare forzature”. O il governo va sul decreto originario, aveva sostenuto il Terzo polo, o si ricomincia da capo. E il governo, oltre che a realizzare blitz, non sembra per ora convincere sui contenuti. Berlusconi, comunque, farà di tutto per non tornare al voto, poiché sa bene che mentre il suo partito ha limiti oggettivi alla sua espansione, già raggiunti ed anzi in leggero ripiegamento, la Lega si espande, per contagio e per imitazione e rischia di sottrargli la leadership, proprio con il populismo di destra.
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