Abruzzo e arte, mondi paralleli?


Pescara – (di Cristina Mosca) – «Tutti sapevano che con quel materiale e quei colori iniettati all’interno, la struttura avrebbe ceduto». C’è ancora un’indignazione malcontenuta quando si parla dello Huge Wineglass che resta abbandonato in piazza Salotto, rattrappito, puntellato e solo: il dibattito “L’Arte in Abruzzo: è e sarà Contemporanea?” che si è svolto sabato 22 gennaio in via Nicola Fabrizi non è stato che un pretesto per tornare a parlare di argomenti che sono scomodi da toccare.
La tavola rotonda è stata organizzata nel Patriarca Store dall’agenzia di comunicazione culturale Mente Locale dietro un’idea del graphic designer lancianese Luca Di Francescantonio, ed ha preceduto il vernissage della mostra “Toyo Mon Amour” in cui 20 artisti abruzzesi hanno interpretato il calice rotto più famoso d’Abruzzo.
«Le istituzioni non possono essere competenti su tutto – è stato l’appello lanciato dal direttore del Museo di arti contemporanee di Nocciano Ivan D’Alberto, moderatore dei lavori – Dovrebbero fidarsi (e affidarsi) a comitati competenti che fungano anche da osservatori nazionali e raccolgano quanto di meglio offre il panorama artistico, culturale, scientifico». La sua opinione sul calice desolato? Lasciarlo lì dov’è. «“La sposa messa a nudo dai propri scapoli” di Marcel Duchamp – spiega – è costituita da due lastre di vetro verticali su cui l’artista ha disegnato, con filo di piombo, figure meccaniche che paiono prigioniere del materiale stesso: un po’ come il calice rosso di Toyo Ito. È particolarmente fragile: mentre l’artista era impegnato a lavorare sopra il vetro, infatti, si ruppe. Duchamp si arrese? No, smise semplicemente di lavorare alla sua opera, lasciandola così com’era, resa compiuta dall’effetto dell’incidente. Finì col considerare l’imprevisto stesso un intervento del Caso, convincendosi subito a lasciare il vetro rotto senza tentare alcuna riparazione. La fontana di Toyo Ito forse proprio adesso che è rotta rappresenta l’immagine precisa della città: la fontana è Pescara che tenta di mostrarsi bella, ma è una bellezza debole di contenuti che implode e che si sgretola su se stessa. A mio avviso, la fontana anche se rotta deve rimanere al suo posto così com’è».
Il gallerista Mauro Bianchini, il designer Tommaso Di Francescantonio e l’artista Veniero De Giorgi hanno portato avanti un acceso dibattito, al quale è intervenuta anche l’ex assessore alla cultura di Pescara Paola Marchegiani. «Chiunque lavori con quel materiale sa che le componenti cromatiche di due colori come il rosso e il blu hanno reazioni assolutamente imprevedibili. – è stato ribadito da più di un astante – Persino quando si producono le vasche, se superano i 7 mm di spessore, il colore non si inietta affatto».
Una rabbia non spenta di tanti estimatori e artisti che desiderano solo non avere a che fare con un Abruzzo tanto refrattario all’arte contemporanea. «L’opera non è stata adattata al contesto di una piazza che comunque non ha valori simbolici di rilievo per la città, perché non ci sono palazzi storici o istituzionali. Inoltre Toyo Ito non è un designer ma un architetto, e quando si acquista un’opera di design si riceve anche una garanzia scritta di come sarà fra 30 anni. Come fa un esperto del settore a non indignarsi?».
«Lo Huge Wine Glass – ha commentato l’architetto Andrea Mammarella – è semplicemente il tentativo estremo, realizzato con tecnologia estrema, di un esperimento che si inserisce in un filone di ricerca dell’architetto Toyo Ito, in cui egli tenta di formalizzare la forma. Il fatto che quest’opera si sia liberata dal tentativo umano di venire cristallizzata, dovrebbe solo entusiasmarci e farci incantare».
«Questa rottura è il segno di un’ambiziosa e forse non preparata operazione di congiuntura tra Pescara e il globale», ha chiosato l’architetto Massimo Palladini.
Ma siccome in Abruzzo e a Pescara, dove neanche più Cesare Manzo riesce a riorganizzare la sua rassegna “Fuori Uso” (che nella prima edizione si contese il pubblico della Biennale di Venezia), di persone che desiderano ancora dialogare sull’arte ce ne sono molte, arrivano giovani galleristi e audaci artisti a sfidare l’inibizione degli enti promotori ad osare, lasciando magari da parte il nome altisonante che sicuramente procura pubblico e invitando ad un’interazione maggiore con il territorio. Perciò alla mostra-lampo “Toyo mon Amour”, che si è conclusa lo stesso sabato sera alle 21, hanno partecipato ben venti artisti abruzzesi: Erica Abelardo, Ettore Altieri, Nicola Antonelli, Marco Appicciafuoco, Arkilabo, Marco Cardone (artemad), Pedro H. Cavuti, Colleen Corradi Brannigan, deZignStudio, Davide Di Ilio,Vittoria D’Incecco, Claudio Gaspari, Ray K, Eva Laudace, Danilo Maccarone (artemad), Michele Montanaro, Adele Pratt, Pamela Testa, Serena Vizioli, Zo_Loft.


24 Gennaio 2011

Categoria : Cultura
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