Ricostruzione: ad ognuno il suo ruolo
(di Giampaolo Ceci) – Ma poi che c’è di difficile ad organizzare la ricostruzione di un edificio e quindi di una città intera? Per un bravo tecnico di cantiere assolutamente nulla! Come nulla è difficile per un pilota di un jet o un chirurgo che operi da anni, seppure faccia con naturalezza cose difficili e incomprensibili per noi tutti.
Certo che se al tavolo operatorio non si mettesse uno specialista le cose cambierebbero. L’inesperto prima di prendere ogni decisione ci penserebbe su due volte nel timore di commettere errori. Non bisognerebbe sorprendersi se, nonostante la prudenza, l’inesperto facesse comunque errori marchiani. Dubbi, rallentamenti e indecisioni sarebbero la normale conseguenza di questa scelta strategica errata.
Il principale problema della ricostruzione aquilana però non è la mancanza di una guida tecnica. Purtroppo è più grave: è un problema di mancanza di progettualità politica.
Il tecnico entra in azione solo dopo che sono state espletate molte fasi preliminari che stabiliscono le finalità e gli obiettivi che devono guidare la sua azione specialistica.
Se si trattasse solo di organizzare la ristrutturazione di un edificio perché ritorni come era prima, il problema politico non sussisterebbe, ma se si dovesse stabilire quale nuova funzione assegnare alla costruzione da ristrutturare, il tecnico si fermerebbe in attesa delle decisioni “politiche”del proprietario per potersi conformare a queste.
Due quindi i problemi della ricostruzione aquilana. Il primo è politico: che funzione dare alla città e allo sviluppo dei territori circostanti? Lasciare tutto come era prima del sisma o cogliere l’occasione e i finanziamenti pubblici per migliorare le città danneggiate nelle loro funzioni o nella loro estetica? Verso quali settori spingere lo sviluppo? O lasciare che le cose vadano a caso? Adottare le lungaggini delle leggi vigenti o semplificare con ordinanze ad hoc? Rifare le case è la vera priorità? o non sarebbe invece il caso di adottare misure per promuovere il sistema produttivo? Che ci faranno gli aquilani nelle case restaurate se non avranno lavoro?
Questi sono temi politici su cui mancano decisioni. Su questi temi si sarebbe dovuta indirizzare la gran parte delle attività degli organismi politico/rappresentativi locali, non sulle regole organizzative della ricostruzione che richiedono competenze specialistiche che un politico non possiede.
Se non ci fossero problematiche di prospettiva, la ricostruzione degli edifici quindi sarebbe facile. Basterebbe dividere d’autorità la città in piccoli quartieri omogenei; farli riprogettare da gruppi di progettisti locali scelti dai proprietari, fare approvare i progetti sotto la supervisione di un gruppo di esperti che espleterebbe la funzione autorizzativa delle commissioni edilizie ed urbanistiche, magari contestualmente alla progettazione e mettere i progetti in appalto mediante gare pubbliche magari ristrette ad una rosa di imprese gradite ai proprietari, obbligando gli aggiudicatari “stranieri” a servirsi in percentuali congrue di imprese ed artigiani locali.
Per il finanziamento dei lavori, in attesa delle erogazioni statali, basterebbe stipulare apposite convenzioni con banche nazionali o straniere che sarebbero ben felici di anticiparli, magari garantite da equivalenti quote di BOT o CCT statali.
Invece i problemi che il politico si è impelagato hanno prevalente natura tecnico specialistica che sono per il politico proprio come quelli che trova l’inesperto sul tavolo operatorio. Ci si fa domande per mettere a fuoco il problema che un esperto bravo avrebbe già risolto. Dove trovare le risorse? Come stabilire i criteri di appalto e selezione dei contraenti? Come disciplinare i pagamenti ? come controllare che nessuno rubi? Quali zone della città iniziare prima? Il politico dovrebbe “volare” più alto.
La mancanza di un progetto organizzativo rappresenta il confine tra le due sfere culturali: quella politica e quella tecnica.
Questa area di confine è anche essa un’area politica, anzi è l’area politicamente più difficile, perché è qui che il politico avveduto deve costruire il consenso tra le diverse possibili soluzioni tecniche, è qui che si devono trovare le giuste mediazioni per evitare contraccolpi nell’interesse dei cittadini e di quelli propri o di quelli del proprio partito.
Certo che se i politici non sapessero impostare il programma di sviluppo della città, o se addirittura non fossero d’accordo su nulla e si facessero la guerra, magari per interessi di partito, se non ci fosse un presidio tecnico che sapesse amalgamare le varie professionalità cittadine dando a ciascuno un compito organico al progetto complessivo; se non ci fosse la necessaria esperienza nell’individuazione delle azioni elementari per organizzare i lavori, poi non ci si dovrebbe meravigliare se la ricostruzione ritardasse.
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