Sfiducia al sindaco? Ci hanno ripensato…


L’Aquila – (di G.Col.) – UNA CITTA’ ORMAI TUTTA “E” , INAGIBILE – (Foto: il Comune nell’altra vita – Cialente con Ciampi, marzo 2009, poco prima del disastro) - La politica aquilana è storicamente la più improduttiva d’Abruzzo, e ormai tale si conferma, anno dopo anno, in stridente contrasto con i tempi passati, quando la città contava su sottosegretari dc e psi, personaggi europei, leader di palese concretezza, potenti di vario calibro, propri parlamentari, e di precisa identità che le davano un predominio meritato, non solo a livello regionale. Del resto, l’Abruzzo stesso un tempo aveva big come Natali e Gaspari, e contava: lo testimonia il suo tumultuoso sviluppo negli anni Settanta e Ottanta. Oggi gli indicatori puntano verso il basso. La vicenda politica del Comune ne è una conferma. Nei mesi appena trascorsi, si è fatto un pandemonio e si è annunciata la sfiducia al sindaco Cialente, più e più volte, ma poi, evidentemente, ci hanno ripensato e si sono accorti di non avere i numeri. Fino a 21 avrebbero dovuto contare, ma emerge che non hanno saputo fare neppure questo.
Ci sono altre strade per liberarsi di un sindaco, e a Francavilla lo hanno dimostrato i 12 consiglieri che si sono semplicemente dimessi, disarcionando il primo cittadino. Quindi, se a L’Aquila avessero davvero voluto colpire Cialente (ammesso che Cialente sia da abbattere, ma erano loro a dirlo, non la città, come attesta il sondaggio del Sole 24 Ore), avrebbero potuto soltanto disporre le dimissioni di una quindicina di consiglieri di maggioranza, e tutto sarebbe finito rapidamente e in modo indolore.
Ma questa sarebbe linearità, coerenza politica, virile decisione irrevocabile. Quindi, niente a che fare con la politica aquilana, bizantina in senso decadente, confusa, irrisolta, gestita da persone che evidentemente tengono più al gettone di presenza in aula, che all’idea politica. Chi dice di voler mandar via il sindaco per il bene della città, mente in modo infido e meschino. Non è vero. Ciarlatani.
C’è chi dice: vadano via tutti. C’è chi fa di tutta l’erba un fascio, e ciancia di rinnovamento e di grandi decisioni per la salvezza della martoriata patria urbana. Non è vero. Ciarlatani.
>(Nelle foto: Palazzo Margherita nell’altra vita – Cialente con Ciampi nel marzo 2009, poco prima del disastro) - C’è chi invoca la falce, amareggiato da come stanno andando le cose nel dopoterremoto, e sono i più sinceri. Sdegnati, sfiduciati, propendono per il tanto peggio-tanto meglio. Ma è da vedere se in un momento tanto difficile della sua storia, L’Aquila abbia qualcosa da guadagnare da una falciata generale. Tutte le grandi decisioni sul terremoto sono affidate a persone talvolta degne, ma non aquilane. Si vorrebbe anche segare qualcuno dei pochi rimasti nei gangli del potere? Sarebbe conveniente? E allora, guardiamo in faccia chi ha sproloquiato di sfiducia, senza averne la forza, nè la capacità. E’ così che si fa politica? E’ con la chiacchiere che si salva la città? E’ così che si dimostra una recuperata validità della politica locale? Assolutamente no. Per essere capi, bisogna avere gli attributi, altrimenti ci si tengono i capi che si hanno, magari aiutandoli a fare meglio, in una cooperazione per la salute pubblica che, nelle società forti, è prova di forza. Niente di peggio di chi bercia, starnazza, sbraita, e non conclude nulla. Questa strada hanno imboccato Lombardi e Benedetti, con la mozione sul centro storico. Usciremo dal tracollo attuale solo se la barca sarà sospinta da rematori gagliardi, non di parte, e se si conoscerà la direzione verso la quale remare. Nel 1703 ne sono usciti. Nel ventunesimo secolo sarebbe razionale aspettarsi di meglio. Ma forse sono troppe le menti classificate E, come le case. Inagibili. Una volta Cialente disse: “Ho bisogno di concordia, per andare avanti”.


22 Gennaio 2011

Categoria : Politica
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