Chiodi: “Sorpresa e bacchette magiche”


L’Aquila – FRENA IL PRESIDENTE SUI 12 MESI PER IL CENTRO – Il presidente Chiodi ha detto oggi, in una conferenza stampa: “Leggo la mozione approvata dal Consiglio comunale che auspicherebbe ‘un intervento normativo straordinario per individuare un modello idoneo per progettare e completare la ricostruzione in una limitata zona dell’Aquila entro 12 mesi’. Un modello, insomma, non meglio specificato che dovrebbe – entro 12 mesi – completare la ricostruzione: una sorta di “bacchetta magica. Apprezzo che il Consiglio abbia valutato positivamente le indicazioni a suo tempo fornite per l’individuazione di quella specifica porzione di città.
Sorprende quindi come venga considerata una “intuizione” ed una “novità”, l’individuazione di un’area ma sorprende, ancor di più, che questa “intuizione” e questo “metodo” (non meglio illustrato) consentirebbero di recuperare un anno di blocco, quando è invece noto che il 5/08/2010 venne trasmessa al Sindaco di L’Aquila, allora anche vicecommissario l’Agenda a breve termine, dove alla pagina 6 viene indicata proprio l’area compresa nell’asse longitudinale Nord-Sud corso Vittorio Emanuele II – corso Federico II, via Francesco Crispi, come azione di “intervento a breve termine” attesa la sua funzione strutturante.
Insomma, la stessa porzione di città che la Mozione del Consiglio Comunale ritiene una “intuizione” e quindi una novità assoluta, che a detta del consigliere Lombardi, non era contenuta in alcun documento. Proprio questa ultima dichiarazione evidenzia come, inaspettatamente, il Sindaco non abbia trasmesso o informato i consiglieri comunali dell’Agenda a breve termine, documento quest’ultimo, teso a suggerire ed ottenere proprio ciò che la Mozione del Consiglio comunale avrebbe poi mostrato di desiderare.
Dal 5 agosto, dopo aver suggerito al Comune di mettere tra le “priorità” della sua attività di programmazione e pianificazione questa porzione di città, siamo rimasti in attesa delle sue determinazioni.
Nel frattempo, però, convinti che ciò sarebbe apparso ragionevole anche al Comune, abbiamo finanziato nella stessa zona gran parte dei lavori sui beni di proprietà pubblica ed i sottoservizi (decreto n. 24/2010).
Per quanto attiene, invece i beni privati presenti in quella porzione di città l’ attivazione del processo di ricostruzione, ancora una volta affermo che non c’è bisogno di alcun intervento normativo straordinario.
Ogni privato – ieri come oggi – è titolato a presentare il suo progetto in forma singola o associata ( art. 6 c. 2 e 3 Decreto 3/2010). Il Sindaco, dopo averne valutato la compatibilità con l’interesse pubblico, lo approva.
L’insieme dei beni pubblici (già finanziati) e dei progetti privati, unitamente alle scelte comunali sugli spazi pubblici esistenti e quelli eventualmente risultanti dalle demolizioni, dei sottoservizi, definisce il Piano di ricostruzione o lo strumento attuativo della porzione di città delimitata e perimetrata.
Questi chiarimenti sono stati sempre forniti e da ultimo, qualche giorno fa, il Sindaco ha avuto ulteriori delucidazioni sull’argomento.
Credo sia opportuno, a questo punto, fornire ad ogni “singolo” consigliere comunale la documentazione cui ho fatto riferimento e che avrebbe dovuto essere oggetto di discussione già da tempo.
Per il futuro sarà mia cura fornire ad ogni capogruppo la documentazione così come fornita al Sindaco.
Mi auguro, quindi, che i cittadini aquilani possano il più presto possibile presentare i progetti al Comune.
Voglio confermare che non esiste necessità alcuna di deroghe, così come voglio confermare che la velocità nella presentazione dei progetti permetterà di acquisire oltre ai 2, 7 miliardi già spendibili (di cui 580 milioni già impegnati per i contributi agli immobili A, B, C ed E) ulteriori 1,5 miliardi come disposto per il 2011 dal Cipe, e quindi ben più di 1 miliardo previsto nella Mozione.
Penso di aver chiarito – una volta per tutte – che non c’è bisogno di alcun intervento normativo straordinario per raggiungere gli obiettivi della Mozione del Consiglio comunale, ad eccezione – ovviamente- del termine di 12 mesi per progettare, eseguire e completare gli interventi.
Tutto ciò a meno che non si voglia passare dal modello risarcitorio (indennità più libera scelta da parte del privato di scegliere il progettista e l’impresa) a quello appaltistico. In altre parole, un modello che preveda un “mega appalto” relativo alla progettazione ed esecuzione unitaria dell’intera porzione di città, compresi i sottoservizi, i beni pubblici e quelli privati.
In tal caso si spiegherebbe anche l’evocazione di “deroghe”.
Ma tale modello – mi è sembrato di capire – sia stato respinto dagli aquilani che vedevano in ciò una limitazione alla propria libertà di azione, così come – mi è sembrato di capire – sia stato respinto un modello di ricostruzione infarcito di “deroghe” da esercitarsi con poteri straordinari. Ma anche in questa ipotesi il termine di 12 mesi appare irrealistico ed illusorio.
Nell’ipotesi che si voglia tornare al modello appaltistico, non vi è alcuna necessità di un intervento normativo straordinario, giacché il decreto n. 3 contempla, nel caso di accordo dei proprietari privati, la delega al Comune per l’esperimento di un unico appalto.
Tutto ciò chiarito mi sembra opportuno tornare a sollecitare il cronoprogramma degli interventi sui beni pubblici del centro storico già finanziati dal Governo.
Cronoprogramma che renda chiaro ed ostensibile a tutti i cittadini i tempi entro i quali i soggetti attuatori si impegnano a completare la progettazione, ad esperire la gara e completare l’intervento di ricostruzione. Adempimento, questo, a cui i soggetti attuatori sono tenuti per effetto di una disposizione del decreto n. 3.
Ribadisco che i piani di ricostruzione non sono solo un adempimento di una legge che, per espressa nostra azione, sono stati affidati ai sindaci, ma sono strumenti attuativi (che possono riguardare anche più aree o zone) dai quali desumere la qualità urbanistica e architettonica, sociale ed economica della ricostruzione che verrà.
Quando mi si dice che di questi strumenti attuativi, peraltro semplici e trasparenti, non c’è bisogno perché L’Aquila sarà dov’era e com’era, qualcuno dovrebbe dirmi – non solo a me, ma a tutti i cittadini – quali palazzi resteranno in piedi e quali saranno da ricostruire o da demolire. Delle centinaia di palazzi puntellati “dentro e fuori” chi è che deve decidere (e quando dovrà decidere) quale sarà il loro destino se non il Comune dell’Aquila? Chi dovrà dire (e quando) se l’altezza dei piani resterà uguale, se le volte resteranno a 6 metri, se l’intervento per il risparmio energetico e la sicurezza sismica dovrà essere in un certo modo, come sarà l’arredo urbano, quali gli usi e le destinazioni urbanistiche, dove saranno i centri di aggregazione, ecc?
Ammesso anche che tutto sia esattamente uguale a come era (ma anche questo va deciso dal Comune e ancora attendiamo questa decisione), quale sarà l’organizzazione logistica? I tempi? Gli spazi pubblici? Nessuno vuole togliere al Comune queste importantissime prerogative, ma a questi quesiti prima o poi dovrà rispondere. Io credo che oggi, per la città e per il futuro della città stessa, il Comune debba dire qualcosa e dare risposte ai quesiti che tutti si pongono”.


19 Gennaio 2011

Categoria : Cronaca
del.icio.us    Facebook    Google Bookmark    Linkedin    Segnalo    Sphinn    Technorati    Wikio    Twitter    MySpace    Live    Stampa Articolo    Invia Articolo   




Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Utente

Articoli Correlati

    Nessun articolo correlato.