“Vogliamo chiamarle… mozioni?”
L’Aquila – Riceviamo da Roberta Gargano, cittadina aquilana: “Evviva! Finalmente alcuni Amministratori della Città martoriata hanno messo per iscritto quello che gli Aquilani già da tempo sommessamente balbettavano: occorre ricostruire il centro storico della Città ed occorre farlo in fretta, partiamo da qualche parte, ma partiamo!
Lo strumento individuato è una “mozione”, un testo, cioè, sottoposto al voto in una assemblea elettiva teso ad indirizzare la politica di governo, nazionale, regionale, provinciale o comunale che sia, nella quale si dice (cito testualmente): “si impegna il Sindaco e la Giunta a compiere entro 10 giorni ogni attività monocratica e deliberativa necessaria a richiedere e promuovere un intervento normativo ed economico-finanziario straordinario del Governo e, se necessario, del Parlamento”, idoneo “per progettare, avviare e completare entro 12 mesi almeno la ristrutturazione della zona del centro storico lungo l’asse fondamentale corso Federico II- corso Vittorio Emanuele, tra la Villa Comunale e la Fontana Luminosa, ovviamente comprensivo dei Portici, di Piazza del Duomo e di Piazza Palazzo con la casa comunale e le vie di congiunzione tra le due piazze nonché la via di San Bernardino”. La mozione impegna, inoltre, a “dichiarare la zona individuata area a fattibilità immediata, vincolando tutte le entità coinvolte nella determinazione delle normative e nella esecuzione della pianificazione e della progettazione al più assoluto rispetto della volontà consiliare” e verrà presentata con la richiesta di fondi straordinari per l’ammontare di 1 miliardo di euro.
Ora vorrei aprire una riflessione su questo documento
• che individua una parte della città come ambito significativo,
• che gli conferisce carattere di priorità,
• che vincola le eventuali opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
• che fa una stima degli interventi chiedendo un finanziamento straordinario di 1 miliardo (ben oltre quello che sarebbe riconosciuto ai proprietari di quegli edifici se si dovesse procedere con l’ordinanza 3790)
• e che quindi inserisce una norma socio-economica in deroga,
• che impone un limite di tempi,
• che vuole promuovere la riqualificazione dell’abitato ed il rientro della popolazione nel cuore della città,
che cosa è questo documento?
E’ un piano di ricostruzione, in embrione, magari, ma è esattamente un piano di ricostruzione così come ai sensi del decreto n.3 del Commissario per la Ricostruzione attuativo del decreto legge 39.
Questo documento, leggiamo, riscuote numerosi consensi, e allora quale è il problema su questi benedetti “piani di ricostruzione” se sono questi lo strumento per ricostruire tutti gli edifici a prescindere dalla tipologia di proprietà?
Non piace il nome?
Li vogliamo chiamare “mozioni”?
Chiamateli come vi pare, chiamateli pure “pippo”, ma fateli!
Fateli per l’intero centro storico, fateli subito, fateli approvare e fateci ricostruire!
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