Ma quale buon Natale?
No, non è un buon Natale quello che arriva, è anzi peggio di quello del 2009.
Allora c’erano speranze, un residuo di fiducia nei mesi che sarebbero arrivati e nella politica che ancora mostrava i muscoli e aveva la voce rauca per le promesse una dopo l’altra. Ora siamo alla disperazione. Si legge persino negli occhi e nei visi smunti, affilati, di coloro che governano la città e la regione. Visi di persone che ce la stanno mettendo tutta, ma non riescono a rattoppare le falle. Troppe contrarietà , troppi problemi, troppo tutto.
Francamente, pare di non potercela più fare. Invece ce la dobbiamo fare.
Altrimenti è finita, e non può essere: guardiamo le foto delle città tedesche distrutte dalla guerra. Lì usano esporre foto e ricordi. Oggi quelle città sono tutte come prima. Le hanno rimesse in piedi pietra su pietra. L’Aquila può e deve avere lo stesso futuro, anche se bisogna convincersi che non tutto conviene ricostruire: un discorso che bisognerà avere il coraggio di affrontare. Che prolunghino o meno la sospensione degli arretrati fiscali, importa poco. Comunque, a giugno saremmo nella stessa situazione. E dovremo bussare alle porte, gridare, minacciare. E’ questo che non va. Mancano regole certe, termini ragionevoli, tempi sicuri. Abbondano ordinanze e proroghe, concessioni strappate dopo giorni di lotta stenua, di corse a Roma, di annunci politici. No, questo non è un buon Natale ed è inutile augurarne uno agli altri. Qui mucchi di quattrini sappiamo solo sprecarli, magari per rubarne una parte, ma non spenderli perchè rendano. E, tanto per condire la pietanza, ecco le scadenze per appartamenti e alberghi: tanti temono di essere gettati per la strada. Mancano pochi giorni, non se ne sa nulla: improvvisazione, elargizioni clientelari all’ultimo momento. No, proprio non può essere un buon Natale.
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