Cambiano musica, o se ne vanno
L’Aquila è distrutta da 16 mesi e di ricostruzione si comincia appena a parlare, anzi a farfugliare perchè di concreto non c’è nulla e siamo alla vigilia delle ferie della politica e dell’imprenditoria, dell’industria e del commercio, quindi tutto è fermo. Quindi solo parole, La gente aquilana ha voglia e diritto, comunque, di partecipare (ragionevolmente) ad ogni decisione o dibattito sul come sarà – fra venti o trent’anni – la città dei loro figli e nipoti, Non la loro, perchè molti non la rivedranno e ne sono consapevoli.
Oggi ancora una volta, dopo le manganellate romane, alla gente è stata schierata in faccia la polizia con caschi e bastoni. Non si voleva che troppa gente raggiungesse il Ridotto del Teatro, dove era in atto un convegno sulla ricostruzione. Un convegno che si sarebbe dovuto tenere in luogo ben più spazioso e capiente.
O cambiano musica, tutti quanti, dal Governo ai vertici della Regione, oppure se ne vadano via dall’Aquila e la lascino al suo travaglio. Gli aquilani se la terranno così, la veglieranno come un caro morente, le accarezzeranno le chiome discinte e inzaccherate di sangue, calcinacci e polvere. Ne ascolteranno il repiro affannoso che sa di finale sfinimento. I sussurri, i respiri che sono ricordi di una vita sbaragliata via il 6 aprile 2009. Noi bastonate, non ne accettiamo più, dicono gli aquilani che sono ancora pronti alla battaglia.
Altri se ne sono andati dopo essersi arresi. Bisogna vivere con la valigia sempre pronta, è vero. Se ne vadano, dicevamo, se hanno il coraggio di mostrare al mondo una città distrutta e non riedificata come la vuole la sua gente. Ma con i manganelli adesso basta.
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