Grazie per case e bastonate
Gli aquilani e i tantissimi che da altri centri abruzzesi li hanno seguiti a Roma non volevano lanciare un souvernir a forma di cupola di S.Bernardino, o di
99 Cannelle, sul viso di Berlusconi. Erano arrivati a Roma per urlare il loro bisogno, senza rompere niente e senza comportarsi da barbari. Qualche intemperanza era ovvia e prevedibile, visto come sono stati trattati dal Governo, che ricostruisce le tasse ma non la città . Volevano, magari, anche riconoscere il bene che è stato fatto nell’emergenza, che è innegabile.
Volevano forse gridare e sbraitare, che in Italia – si sa – è l’unico modo per farsi sentire. Se non alzi la voce, ti ignorano. Sono stati bastonati da una polizia convinta di trovarsi di fronte dei forsennati, dei tifosi da curva sud, che ha picchiato duro. Poi ha detto che nella folla c’erano dei provocatori o cose del genere, avendo compreso l’esagerazione. Ma era troppo tardi. La verità è che hanno bastonato dei terremotati che volevano solo far capire ai Palazzi romani di essere sul lastrico e di non poter pagare le tasse, almeno per qualche mese ancora. Terremotati inermi, soltanto disperati, molti dei quali senza ieri, senza oggi e senza domani. Povera gente che ne ha passate di tutti i colori. Lo Stato ha fatto una pessima figura. Da paese insicuro, pauroso, e quindi violento. Sudamerica? No, Roma. Grazie per le case (almeno quelle che sono state fatte), e per le bastonate. Grazie per averci impartito una lezione che ricorderemo: quella che ritrae un’Italia in preda ad una crisi di nervi, isterica come una zitella lasciata dall’amante nerboruto e bombastico.
Un’Italia che affonda nel malaffare, tra le cricche, i ladri, i magnaccia, e se la prende con i terremotati. Mai visto niente di simile. Ma ora sappiamo che potremmo anche vederne di peggiori.
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