Non siano arroganti


La Protezione civile, per bocca di Bertolaso, ha detto in sostanza alla Procura aquilana: “Fate ciò che la gente vuole che facciate”. Per molti è una frase acida e offensiva, secondo noi invece è una gratificazione per il capo della Procura il magistrato che ha indagato i vertici della commissione grandi rischi. Che a L’Aquila non vide rischi, cinque giorni prima del terremoto finale. La frase denota una certa dose di arroganza, e vorrebbe essere graffiante. Invece è, appunto, solo arrogante. La Procura ha ricevuto denunce ed esposti di privati cittadini e di legali qualificati come l’avv. Valentini.
Chiedevano, questi cittadini, di verificare se la commissione avesse agito correttamente e legalmente. Sono stati spulciati pacchi di carte, documenti e riscontri, e interrogati testimoni. Per i magistrati, c’è quanto basta per un’azione penale. Tutto ciò significa adeguarsi a ciò che si enuncia in ogni
sentenza: “In nome del popolo italiano…”. I magistrati Rossini e Picuti hanno compiuto il loro lavoro come tutori della legalità, come autorità invocate dal popolo e come uomini coraggiosi e retti. Se a rimanere coinvolti sono i soloni della Protezione civile e della scienza (un po’ discutibile, almeno stavolta), pazienza. Non siano arroganti, ma accettino di rispondere ad un giudice e soprattutto alla città ferita che conta i suoi morti, le sue rovine, il suo feroce tracollo in pochi secondi. Sarebbe bastato poco: semplicemente dire “niente previsioni, ma il rischio è alto, chi vuole si metta al sicuro”. Se il terremoto non si può prevedere, non si può neppure dire che non ci sarà. Un po’
più di umiltà da parte di tutti, se non altro in nome di quei 308 morti, E anche di una città cancellata dalla storia, che manca a tutti i suoi 72.000 abitanti, e anche a tanti altri. Manca e mancherà, specie a chi non la rivedrà mai più.



05 Giugno 2010

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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