Meglio che la giustizia non funzioni
Talvolta la cronaca riesce a stupire i cronisti, e a costringerli alla riflessione. Leggiamo che nel mastodontico tribunale di Pescara il problema delle notifiche è insormontabile. Occorrono mesi, talora anche più di un anno. Migliaia di scartoffie bloccate per mesi. E la giustizia che, in queste condizioni, non riesce a funzionare. Comprensibile lo stato d’animo dei magistrati e degli inquirenti: scoglionati è parola greve, ma eloquente. Loro non la userebbero, noi sì. Poi pensiamo.
Il megapalazzo di giustizia di Pescara ha richiesto abissi di anni e di denaro per essere costruito. Faraonico è la definizione giusta. Ma ce ne sono altre. Con quale logica, credibilità , serietà e coscienza, politica e amministrazione hanno edificato quel megagalattico scatolone “per” la giustizia, dimenticando che la giustizia lì dentro non può funzionare, se non è in grado di effettuare… le notifiche? In anni di ritardi e di esborsi incontrollati di denaro, nessuno si è mai chiesto: facciamo il palazzone, ma lì dentro la giustizia avrà mezzi e persone per funzionare? Altrimenti, a cosa serve tutto ciò? Oltre che di pudore, la politica manca inesorabilmente di senso dell’umorismo. Ma la spiegazione è lì, non facciamo i finti tonti: meglio che la giustizia non funzioni, che si inceppi e si intoppi su sciocchezze e dettagli. Altrimenti, è la fine: l’Italia comincia a diventare un paese serio. E questo la politica proprio non può tollerarlo.
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