Gianni Letta e un cuore infranto
Corso Federico II,puntelli con legno che sarebbe bastato, tanto ne è, per fare diverse casette. Domani sfilata di vip per la “riapertura” di 300 metri di strada in una città che ha – diciamocela tutta – il cuore infranto, straziato, dilaniato come i ricordi e il nostro vissuto. Una cerimonia che forse si doveva fare, che sarà anche utile a infondere uno stimolo, ma è di una tristezza cosmica. In gruppi, si andrà fino a piazza Duomo, per lasciarla di corsa alle 22: pericolo di bombardamenti dai palazzi malfermi, dalle grondaie senza rondini e senza piccioni, dalle finestre aperte sul nulla di strade morte e appartamenti uccisi da fughe terrorizzate. Che strazio, che sofferenza: chi avrebbe mai potuto immaginare tanto male?
Topi, cani randagi, gatti smunti dagli occhi spalancati sulla solitudine, cattivi odori, pupille vitree di bambole spettinate. Erbaccia che invade, pian piano. La natura torna, dopo aver squassato. No, lungo quel corso amputato e umiliato, almeno domani, non ci saremo. Gianni Letta, che ha ricordi coevi (più o meno) dei nostri, saprà rammentarsi di quell’Aquila vivace e mordente di tanti anni fa, del “Tempo” e del “Messaggero” rivali, dei corsivi acidi e geniali di Remo Celaia, che allevava pulcini della penna (anche noi), ignari che la cronaca più crudele sarebbe arrivata nell’aprile 2009.
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