Fondazione 6 aprile per la vita il 20 novembre


Dopo quello che ci è successo, ci siamo incontrati, abbiamo parlato, abbiamo visto una città che non riusciva e non riesce a ricomporsi, dopo quasi due anni, intorno alle cose elementari quali quelle di una ricostruzione che non può che ripartire da alcuni concetti di base e prioritari: primo fra tutti la ricostruzione dell’Aquila secondo i più moderni criteri antisismici. E quindi la prevenzione. Prevenzione perché non auguriamo a nessuno di voi di passare quello che le nostre famiglie hanno passato e che nessuno mai potrà alleviare. Ci sembrava di avere tutto ma eravamo civilmente e politicamente distratti. Ora, la nostra condanna è a vita. Ma di tutto ciò non se ne è parlato prima del 6 aprile e non se ne parla adesso. Chi dovrebbe parlarne non ne parla o al massimo delega la questione ad altri. Si è deciso di abdicare sul futuro della città dell’Aquila per occuparsi delle polemicucce di basso livello fra destra e sinistra e per fare un passo avanti nella corsa delle poltrone. Si fanno celebrazioni su tutto, si sono fatte passerelle, si sono dati premi, ci sono state autocelebrazioni ma nessuno ha mai pensato a cosa fosse realmente accaduto e perché. Nessuna parola è stata spesa se non per compatire o per fare audience.
Allora abbiamo deciso di dare un senso alla morte dei nostri angeli volati via. Abbiamo deciso che non potevamo e non possiamo seguitare ad indignarci verso le istituzioni senza fare qualcosa. Abbiamo deciso di metterci la faccia e di combattere questa battaglia per la vita. La Fondazione 6 aprile per la vita nasce per volontà dei parenti delle vittime del 6 aprile ma è un qualcosa che appartiene a tutta la città. Rimarrà nel tempo ed è di tutti noi e delle future generazioni.
I nostri parenti, i nostri ragazzi e bambini sono morti per tutti noi. Si sono sacrificati e se non cambiamo le cose di questa Italia che non funziona vorrà dire che saremo complici, se non peggio, di coloro che vedono la nostra tragedia come opportunità di business o come opportunità di carriera politica.
Il terremoto da solo non avrebbe ucciso. Non uccide in California, non uccide in Giappone e non uccide in paese civili dove le comunità abbandonano la cultura del fatalismo e si uniscono intorno alla cultura della prevenzione che significa cultura della vita. L’Italia, da Bolzano a Ragusa, deve gestire il territorio e la politica deve impegnarsi da qui a 50 anni a porre in essere delle azioni concrete. Non basta limitarsi a fare dei copia ed incolla sui programmi elettorali. Bisogna scrivere delle nuove pagine di storia. La vita è la priorità. Il resto viene dopo. Il terremoto uccide in Paesi corrotti e dove le comunità pur di vivere l’oggi in modo sfrenato non pensano a gestire un piano di allerta per paura di perdere qualche punto del PIL nazionale, non programmano un piano di prevenzione, non approvano un piano urbanistico, non legiferano sulle zone sismiche 1 o 2 nonostante gli studi scientifici, non parlano di micro zonazione, non abbattono i palazzi da abbattere, non licenziano i funzionari corrotti e non mandano a casa i politici che non hanno salvaguardato le proprie comunità.
La Fondazione 6 aprile per la vita ha deciso di partecipare alla manifestazione del 20 novembre dell’Aquila per urlare forte i propri valori e i propri obiettivi: istituzione della giornata del ricordo e della prevenzione il 6 aprile di ogni anno, un monumento alla memoria e a ricordo perenne dell’accaduto come monito per le future generazioni a non abbassare la guardia e per ultimo, ma non meno importante, la diffusione nelle varie forme della cultura della prevenzione e della buona amministrazione.
Per noi, lo ripetiamo, prima ancora delle tasse e di tante altre ingiustizie, è necessario porre come priorità la ricostruzione della città dell’Aquila secondo criteri antisismici. Vogliamo rompere l’indifferenza e l’incantesimo che sembra aver avvolto la nostra città in un abbraccio mortale. Vogliamo una nuova vita sociale della comunità ma una vita diversa da quella che ha distrutto le nostre vite per sempre. Non accetteremo compromessi e non lasceremo che nessuno faccia scivolare lentamente il velo del silenzio su ciò che è successo alla nostra città per seguitare a fare e a gestire la cosa pubblica come si è sempre fatto. L’Aquila deve rinascere dai 309 semi di vita dei nostri concittadini che ci guardano con speranza.



13 Novembre 2010

Pier Paolo Visione  -  Dottore Commercialista e Revisore legale in L’Aquila

Categoria : Editoriale
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