“La casa è dove qualcuno ti ricorda”


L’Aquila – (di Irene Pezzi) – Sono circa le due di pomeriggio quando incontro Federico Luzi, giovane promessa della fotografia a livelli internazionali. E’ un ragazzo alla mano, simpatico, a proprio agio con se stesso e con gli altri, soprattutto se si trova dietro l’obiettivo per “immortalare” momenti che resteranno per sempre sulla pellicola. Federico ha 23 anni, è uno studente dell’Accademia delle Belle Arti ma non sogna le luci della ribalta, preferisce dirigere dietro le quinte, dietro il suo obiettivo che cattura tutto. L’idea del progetto “La casa è dove qualcuno ti ricorda”, mi racconta, nasce in Spagna, più precisamente a Valencia, dove lui ha vissuto per un anno, in Erasmus, dove frequentava una delle scuole più prestigiose del mondo, che offriva un’ottima formazione. Il suo intento è quello di scattare 500 foto di ragazzi, aquilani e non, per ricordare l’amata cittadina. Perciò ecco immagini di ragazzi apparentemente molto distanti da loro, ma in fondo tanto uguali. Chi con il proprio cane, chi con una macchina da scrivere, chi con le bolle di sapone, chi con una Peroni in mano. Non importa il loro status sociale, come si vestono o quanto siano ricchi, tutti fanno parte allo stesso modo di questo piccolo grande mondo che è L’Aquila e tutti, a loro modo, permettono a questa città di esistere. La partecipazione è aperta a chiunque voglia dare un suo contributo al progetto, indistintamente, a condizione che abbia amato questa città dalle ali spezzate e che voglia aiutarla a rialzarsi. L’appuntamento con gli interessati è ogni sabato e domenica alle ore 10,30 davanti a “L’Angolo del Buon Gustaio”, nei pressi del Torrrione, con un un euro in mano per sviluppare, successivamente, lo scatto. Il giovane fotografo, infatti, non riceve alcun tipo di aiuto, né da associazioni, né da politici o enti locali. Fatta la conta dei partecipanti, si vola tutti a casa di Federico. O meglio, a casa di sua nonna, la quale, con volto bonario e commosso, accoglie tutti i visitatori e commenta che “in tutta la sua vita, non ha mai visto così tanta gente in casa sua”. L’edificio, diciamo, è ormai caratteristico e si inserisce bene nel resto del panorama aquilano, data la natura della sua classificazione post sisma: E. Lo scopo finale, una volta compiuto il cinquecentesimo scatto, è quello di creare un quadro, un ‘immagine finale, con tutte le foto, visibile solo posizionandosi a circa quattro-cinque metri di distanza. Avvicinandosi, invece, il lavoro collettivo perde significato e ci si addentra nel cuore dell’opera dove vivono tutti i soggetti, tutti su quella medesima poltrona. Riguardo il disegno finale Federico è stato alquanto misterioso e verremo a scoprirlo solo al momento dell’esposizione in un luogo strategico della città, all’interno del centro storico. Lui afferma con malinconia che questo sarà il suo ultimo regalo alla città e l’ultimo ricordo che lascerà alla sua L’Aquila prima di partire. A settembre, infatti, lo attendono le aspre coste dell’Inghilterra e poi il cuore della Germania, dove proseguirà i suoi studi e, dalle quali, si augura di non tornare più. Alla domanda “Quali sono gli scatti più belli?” ha risposto che ce ne sono molti, che è difficile scegliere, poiché ognuno aveva un suo perché. Ad esempio Chiara e la sua cascata di chicchi di mais e caffè, foto di una bellezza quasi surreale. Aurora e le sue bolle di sapone che rappresentano il “fantastico”, i sogni. Oppure Eleonora, la vanità e la femminilità di una donna con uno specchio ed un rossetto. Ed infine, il suo preferito, l’essenza ultima degli scatti di Federico: Davide con la birra Peroni, ragazzo solare, frizzante e amante della bionda (in foto).
“L’oggetto più strano con cui abbia fotografato una persona”, dice l’artista, “è la riproduzione di una vecchia carabina ed un ragazzo con un pesciolino rosso”. In quei momenti, l’unico pensiero che mi sfiorava la mente è quanto sia stato bravo questo ragazzo ad avere, così giovane, un’idea e, soprattutto, a portarla avanti per molti mesi, con coerenza. Quella che manca a molti “grandi” che potrebbero, dovrebbero, ma non ne hanno il coraggio. Federico ha capito da dove ripartire, ha capito che l’identità di una città, della nostra città, è l’insieme di ogni singola persona, animale, pianta, monumento che la abita. Dopo un caffè ed una sigaretta, seduti fuori un bar, mi confessa il ricordo, che è quasi una fotografia mentale, che ha dell’Aquila prima del terremoto: lui che ride e scherza a Piazza Palazzo con i suoi amici. La commozione si sente fra le parole, anche se non è visibile con gli occhi. Ed è quella stessa sensazione che attanaglia il cuore di noi tutti, mentre ripensiamo a come era prima la nostra vita. Federico vuole “smuovere” gli stessi aquilani, vuole che si rimbocchino le maniche e che, ognuno di loro, come lui stesso ha fatto con questo progetto, dia il via ad una piccola ricostruzione personale. Consiglio pertanto, alla luce di tutto questo, di visitare la sua pagina di Facebook, aspettando di vedere, nel cuore della nostra città, il quadro completo.


14 Gennaio 2011

Categoria : Le Interviste
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