Abbandonare la città (II puntata)

L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri) – Questa mattina mi sono chiesto “Ma quando i pesci nuotano nell’acquario e vanno continuamente contro le pareti della teca, pensano di uscire?” Domanda impossibile che non avrà mai una risposta. Eppure è la mia situazione personale di fronte a questo perenne rivolo maleodorante che nessuno riesce a fermare. Se un’inezia di un tombino rotto di una fogna non riesce ad avere una soluzione e si trascina da otto giorni, come potrà essere ricostruito un territorio distrutto, far rinascere socialità disperse, rispondere ai mille grandi interrogativi compagni quotidiani dei nostri giorni?
È necessario fotografare la storia vera. Forse un avviso pubblico del tipo “A.A.A. cercasi urgentemente il responsabile della manutenzione di un tombino fognario posto sulla strada provinciale di collegamento Coppito-Preturo dopo il civico 47” riuscirebbe nell’impresa di individuare l’Ente preposto dopo giorni e giorni di rimpalli e di dinieghi di competenze. Eppure il tombino definito berlusconiano è lì ben presente e visibile con il suo rivolo che a tratti diventa fiume che scorre, scorre, senza fine.
Allora la proposta: si faccia un commissario addetto alle fogne che con ordinanze, circolari e cose varie possa affrontare e risolvere il problema.
Nel frattempo continuo a chiedermi:” Qual è il confine che separa la retorica aquilanità ed il bene reale ed infinito verso questa città? Dov’è tangibile la prova provata di una ricostruzione possibile dove le parole si perdono, le illusioni svaniscono, gli animi si placano, gli uomini lavorano secondo un reale progetto di una nuova edificazione? Sarà mai possibile vedere il sorgere di un futuro più radioso per le nuove generazioni, dare loro le speranze che noi stiamo perdendo?”.
Nell’attesa, il rivolo scende e si confonde con la pioggerella di questa giornata uggiosa.