L’opinione – “Vespa e Sgarbi sono deleteri”


L’Aquila – (Nella foto Sgarbi con Cialente a L’Aquila due giorni fa) – Da Antonio Gasbarrini riceviamo: “La fumogena quanto fumosa visita sgarbiana del mordi (propaganda) e fuggi (dalle responsabilità, etiche innanzitutto) così di moda nella Pompei aquilana, è l’equivalente metaforico di una ferita su cui viene cosparso del sale. Da far leccare masochisticamente, poi, alle tante, troppe pecore aquilane. Del tutto incuranti, rispetto alla depredazione in corso nei loro ingrigiti prati soffocati dalla selvaggia cementificazione post-sismica. Inaugurata con ben 19 agglomerati (le mal dette new town). Un infausto destino “pasquale”, il loro, che sarà ulteriormente lacerato nell’immediato futuro, da tardivi belati. Del tutto inutili per indifesi agnelli brucanti ora nei centri commerciali.
La grottesca vicenda del G-8 aquilano tenuto nel luglio del 2009 tra le macerie ancora imbevute di polvere e sangue, sembra non aver insegnato nulla a livello istituzionale. Fare da guida agli insigni ospiti tra le rovine della città morta, farsi fotografare insieme (magari con tanto di casco), rilasciare poi interviste sull’“eclatante evento”, è diventato lo sport-spot più gettonato dagli amministratori locali. Per richiamare l’attenzione dei mass-media sul perdurante disastro (affermano). Per uno sconsiderato presenzialismo fuori luogo e di cattivo gusto (ci preme sottolineare).
E tutto ciò mentre le oltre 4.000 tonnellate di macerie sono ancora tutte lì; gli individuati siti di stoccaggio non vengono aperti; i 40.00 assistiti dell’autonoma sistemazione continuano a piangere lacrime amare ed i 2.000 aquilani ancora ricoverati in alberghi e caserme sono al limite della loro sopportazione psichico-fisica. Per accennare, en passant, ad un Centro Storico che tra una zona rossa e l’altra è tuttora militarizzato. Sequestrato. Quasi interamente inaccessibile ai suoi legittimi comproprietari: i cittadini, appunto.
Tra i tanti cavalli di Troia inseriti già qualche secondo dopo il sisma tra le sgretolate mura medioevali della città crollata da saccheggiare (innanzitutto le ripugnanti, ridenti cricche così contigue a quella parte marcia della Protezione Civile deviata), il più subdolo e malefico è stato senza dubbio alcuno il medium televisivo. La sconfitta mortale degli aquilani – iniziata con la deportazione nelle tendopoli e negli alberghi della costa, e culminata con la consegna delle cimiteriali c.a.s.e.t.t.e. ai 14.000 sfigati contrassegnati dalla lettera E (su 70.000: è bene ricordare le cifre, vale a dire appena il 20%) – in gran parte è dovuta proprio dalle svergognabili e svergognate menzogne mediatiche governative. Un ginepraio di contraddizioni su contraddizioni post-terremoto rese virtualmente innocue a colpi di trionfanti proclami, fanfare, bandiere tricolori o frigoriferi pieni di ogni ben di Dio. Né è mancata, nelle tante trasmissioni televisive depistanti (il minzoliniano TG 1, ad esempio), la chiamata in causa di miracoli su miracoli. Rivelatisi a breve distanza più che fasulli (l’invasione dell’autostrada, la marcia su Roma, il recentissimo “SOS L’Aquila chiama Italia”, ne sono una incontrovertibile prova). Da aggiungere, ancora, la legge d’iniziativa popolare sulla ricostruzione elaborata dall’Assemblea cittadina: un vero e proprio atto d’accusa verso l’intero parlamento italiano. Dimostratosi, nella sua totalità, più che inadeguato rispetto alle drammatiche esigenze delle sfortunate popolazioni residenti nel cratere.
La raccolta delle fatidiche 50.000 firme tuttora in corso, ha registrato il netto diniego di due autentici sub-cavalli di Troia mediatici berlusconiani: Bruno Vespa e Vittorio Sgarbi. Le motivazioni? A loro dire non erano a conoscenza della proposta di legge, quasi che l’invocato “autografo” presupponesse la lettura (articolo per articolo, comma su comma, codicillo su codicillo) di norme che tendono a far uscire gli aquilani e gli altri italiani colpiti da analoghe sventure, dall’incubo delle ordinanze emanate ad usum Delphini (“la frase nasce in Francia dove veniva stampigliata sulla copertina di testi classici destinati all’istruzione del figlio del Re Luigi XIV ed erede al trono, detto Delfino. Tali testi venivano epurati dei passaggi ritenuti più scabrosi…”, da wikipedia). Per ciò che è successo a L’Aquila, dovremmo tradurre in modo maccheronico: ad uso delle cricche. Vero o falso, pregiatissimi Gentiluomi di Sua Santità Balducci, Letta e Cicchetti?
Tornando ai nostri due sub-cavalli di Troia mediatici, ci permettiamo di ricorrere a marginali notazioni esplicative dello scontato diniego. Legati come sono, mani e piedi, ai voleri del “loro cavaliere”, non potevano fare alcuno “sgarbo” (si passi il gioco di parole), ma solo i finti tonti.
Per Bruno Vespa, oltre al famigerato contratto con gli italiani stipulato lo scorso secolo nel suo salotto bene in qualità di “notaio abusivo” (ricordate?: un milione di posti di lavori in più, diminuzione delle tasse, mirabolanti opere pubbliche ed altre fandonie del genere) può essere ricordata una sola data: 14 dicembre 2010. Mentre Roma bruciava come ai tempi di Nerone per le contestazioni studentesche, “il cavaliere”, appena incassata la fiducia al Senato e alla Camera, si precipitava accanto al Nostro per pubblicizzare la presentazione del suo ultimo polpettone letterario. Il panettone-librone è niente più, niente meno che un collaudato pre/testo per attivare il gracchiante megafono propagandistico della “Voce del padrone”. Nulla ha da spartire con la cultura e l’arte: i reciproci sorrisi e la loro stretta di mano, in uno dei momenti più drammatici dell’Italia Repubblicana, fanno ancora accapponare la pelle (su Internet, se si ha un buono stomaco, possono essere consultati filmati, immagini e testi).
Per l’altro testimonial di rango del terremoto aquilano Vittorio Sgarbi, storico dell’arte in aspettativa da una ventina d’anni, nonché “intellettuale di fiducia” del più disistimato Ministro italiano della Cultura Sandro Bondi (sulla cui testa pende una mozione di sfiducia al Parlamento), basterebbe qui ricordare la sua contestata nomina a curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia e alla guida, in qualità di sovrintendente, del Polo Museale di Venezia.
Tra gli addetti ai lavori è risaputa la non-onniscente competenza della star ferrarese in materia di arte contemporanea; per la Corte dei Conti poi, la sua nomina al Polo Museale è stata più che illegittima.
Perciò, un reiterato consiglio da un concittadino disinteressato al Sindaco Cialente ed agli altri amministratori comunali. Basta, una volta per tutte, con le visite guidate riservate ai “soliti noti”. I quali, con le loro non credibili dichiarazioni nulla aggiungono alla banalità del male patito dalle 3.32 (“farò la rivoluzione se agli aquilani non sarà riservato lo stesso trattamento fiscale già praticato ad altri terremotati italiani”, Bruno Vespa alias nuovo Masaniello fuori tempo massimo; “i soldi stanziati per il Ponte sullo Stretto dovranno essere destinati alla ricostruzione dell’Aquila, lo dirò a Silvio Berlusconi e a Gianni Letta; non pensavo di vedere una situazione di immobilità”, più o meno così, Vittorio Sgarbi. Chissà dove è vissuto negli ultimi due anni il Sindaco di Salemi: in quel di Trapani o un uno sperduto villaggio africano?). Ma mi “faccino” il piacere, avrebbe detto loro l’ineguagliabile Totò!
Per gli aquilani (ed ovviamente per gli altri terremotati del cratere), esiste qualche altra via d’uscita dalle letali sabbie mobili costellate di macerie e ponteggi? Sì! Restituendo al più presto le “reliquie” dei centri storici ai cittadini. Slargando grate per farli girare liberamente tra vie, vicoli e piazze sfregiate. La vera ricostruzione, anche delle coscienze mutilate, può ben iniziare da questo elementare atto di giustizia partecipativa. Vanificato fino ad oggi – in quel che rimane del Capoluogo abruzzese – anche dalla manifesta incapacità di un’inadeguata Amministrazione civica che non ha saputo dotare la città distrutta nemmeno di un solo spazio socializzante. E, l’Assemblea permanente dei cittadini in Piazza Duomo ne sa qualcosa: riunirsi d’inverno all’aperto, come infreddoliti barboni-straccioni, fa male sì alla vista dei radi passanti, ma soprattutto alla salute del corpo e dell’anima di disperati lasciati soli. Allo sbaraglio”.
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09 Gennaio 2011

Categoria : Dai Lettori
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