Lettera e discorso
(di Carlo Di Stanislao) – Napolitano firma il disegno di legge Gelmini, ma non rinuncia, in una lettera al premier, a segnalare alcune criticità del testo. Insomma, come titola Il Tempo, Napolitano “rimanda” la Gelmini e, con le sue osservazioni, mostra di avere molti punti in comune con le istanze degli studenti. Innanzi tutto deve essere rivisto l’emendamento della Lega Nord secondo il quale una quota delle borse di studio è riservata ai residenti della regione; poi devono essere destinati maggiori fondi alle università e devono essere deprecarizzate le figure professionali del mondo universitario e infine vi è un comma contradditorio, da sopprimere, sul ruolo di professore aggregato. “Promulgo la legge – si legge nella lettera del Presidente a Berlusconi – non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare. L’attuazione della legge è del resto demandata – aggiunge il capo dello Stato – a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma, nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità”. Le preoccupazioni di Noplitano sono le stesse che “il ministro dell’Istruzione non ha mai ascoltato”, scrive in una nota di oggi l’Unione degli Universitari, che annuncia anche: “continueranno le mobilitazioni”. “Le dichiarazioni del ministro Gelmini, a partire dall’intervista sui giovani rilasciata a “Il Giornale” per finire ai commenti alla lettera del Capo dello Stato, sono – continua l’Udu – la prova provata di quanto il Governo abbia perso ogni contatto con la realtà e con il disagio sociale e con arroganza si prende gioco del Paese e delle istituzioni”. Dal canto suo la ministra ha definito di secondo piano le criticità rilevate dal Presidente della Repubblica, confermando in molti la convinzione di aver strutturato una riforma basandosi sui tagli e sui poteri forti, nascondendosi dietro le parole di propaganda “merito ed efficienza” e non sul diritto allo studio e qualità della ricerca e della didattica. Vedremo stasera cosa dira’ il presidente Giorgio Napolitano nel tradizionale discorso di fine anno che va in onda alle 20,30 a reti unificate, poiché siamo certi che, fra gli altri, toccherà anche questo tema. Certamente Napolitano puntera’ l’indice sull’azione di contrasto alla disoccupazione, alla riduzione del debito pubblico, al superamento del divario tra nord e sud, al rafforzamento del ruolo dell’Italia nell’Unione europea. Il capo dello Stato e’ tra i piu’ convinti assertori della necessita’ di rafforzare tutte le istituzioni europee nella prospettiva di una maggiore unificazione politica del vecchio continente. E’ anche probabile che Napolitano, confermando il suo ruolo super partes nei confronti di maggioranza e opposizione, torni a premere per un abbassamento dei toni della polemica politica e auspichi un regolare svolgimento della legislatura fino al suo termine naturale nel 2013 in modo da garantire la stabilita’ politica. E’ verosimile anche che esterni la preoccupazione per le nuove generazioni che fanno fatica a intravedere un futuro e per la condizione delle famiglie piu’ disagiate (l’Istat segnala che una famiglia su tre non e’ grado di affrontare spese impreviste, che poi sono di solito quelle riguardanti la salute). Infine, si attendono dal presidente della Repubblica alcune riflessioni sui 150 anni di unita’ nazionale, anniversario a cui sara’ dedicato l’intero 2011, con specifiche iniziative culturali e istituzionali che avranno il patrocinio del Quirinale. Di sicuro il presidente fara’ un forte richiamo all’unita’ d’Italia come condizione preliminare per affrontare le difficolta’ del presente e del futuro. E’ plausibile anche che faccia cenno alle energie spesso sottovalutate delle regioni meridionali e chieda il rispetto della concordia nazionale alle popolazioni del nord e che parli, ancora, del disagio dei giovani e di quei gruppi sociali che sempre più spesso si rivolgono a lui, quando sono alle prese con qualche problema. Il quotidiano ”l’Unita”’, a conferma della popolarita’ di Napolitano, ha preso l’iniziativa in questi giorni di invitare i propri lettori a inviare al presidente della Repubblica messaggi di auguri e di incoraggiamento. Lo fa con una premessa che segnalala la crisi delle altre istituzioni: ”Chi vuol essere ascoltato e chi ha bisogno di risposte si rivolge al Quirinale”. Nel suo discorso, secondo alcune indiscrezioni di queste ore, il punto più dolente sarà relativo agli ulteriori sacrifici che sono all’orizzonte a causa della crisi economica e dei provvedimenti assunti su scala europea per fronteggiarla. E lo farà richiamando tutte le forze politiche ad un impegno concreto, che porti ad affrontare e risolvere i problemi e non perdere tempo su rissosi ed inconcludenti “giochi di ruolo”. Dal canto suo, nel suo intervento al Tg5 per fare gli auguri agli italiani, Silvio Berlusconi ha fatto un bilancio dei risultati ottenuti dal governo – citando il federalismo, la riforma dell’Università ed i “risultati straordinari” nei campi della sicurezza, della lotta alla criminalità e all’immigrazione clandestina e ribadendo: “L’Italia ha bisogno di tutto fuorché di elezioni anticipate che ci esporrebbero a rischi imprevedibili” oltre ad aggiungere che il Paese “ha bisogno di stabilità di governo, ha bisogno di un confronto più sereno e rispetto fra le forze politiche, fondato sui problemi reali da risolvere, ha bisogno di più coesione sociale, e, soprattutto di fiducia sul futuro”. Il premier si è detto certo che in Parlamento si creeranno le condizioni per portare a termine il programma e le riforme. In quest’ottica, non esclude un dialogo con l’opposizione che consenta decisioni condivise: “Non vedo perché non si possa trovare un accordo su punti su cui già c’è un’intesa”, dice, come il rafforzamento del potere esecutivo, il superamento del bicameralismo perfetto e la riduzione dei numero dei parlamentari su cui da tempo c’è una convergenza. Per il resto, conclude Berlusconi, “dobbiamo continuare a governare e ad amministrare”, ricordando gli impegni di politica estera e l’importanza del piano energetico. Speriamo che per una volta alle parole seguano i fatti. La prima, difficile, prova, riguarda il caso Battisti, che lui aveva sottovalutato e che ora si trova a dover gestire fra i mugugni degli ex An della maggioranza. L’ultima volta che il premier italiano vide faccia a faccia Lula fu alla fine di giugno, in occasione di un forum economico italo-brasiliano. I presenti ricordano che non ci fu alcun accenno da parte del Cavaliere al caso Battisti e ricordano anche la dichiarazione spericolata del nostro premier che disse: “Io e Lula siamo fatti allo stesso modo, ci capiamo al volo”. in ballo, tra Italia e Brasile, ci sono miliardi di commesse che interessano le più importanti aziende italiane. A San Paolo insieme al premier c’erano 60 imprenditori, tra cui “big player” come Fincantieri, Finmeccanica, Piaggio, Ferrovie, Telecom, Impregilo. Non a caso ieri a palazzo Chigi c’era chi commentava con una punta di fastidio la sparata di Ignazio La Russa sul possibile boicottaggio del Brasile a seguito di una decisione sfavorevole. “A rimetterci saremmo soltanto noi: il Brasile può andare avanti senza l’Italia, ma le nostre imprese posso fare a meno di un’economia che galoppa a ritmi cinesi?”. “Battisti è un personaggio orribile – confidò Berlusconi a un ministro qualche mese fa – e non capisco perché dovremmo fare i salti di gioia alla prospettiva di doverlo mantenere noi per anni nelle nostre galere”. Come ricorda La Repubblica, quando a settembre, dietro il palco di Atreju, Giorgia Meloni gli presentò Alberto Torreggiani, figlio del gioielliere ucciso nel ’79 da un commando dei Pac di Cesare Battisti, il premier non si sbilanciò ma promise un interessamento: “Conosco bene la vicenda, la stiamo seguendo da vicino”. Poi più nulla, a muoversi sono stati i diplomatici e gli avvocati. Si tratta ora di approntare una linea di difesa per capire come fronteggiare l’emergenza. La prima mossa sarà quella di richiamare a Roma “per consultazioni” l’ambasciatore d’Italia Gherardo La Francesca. Da ieri, poi, il governo italiano, in consultazione stretta con il Quirinale, ha iniziato ad alzare i toni, preparandosi a reagire al più sonoro degli schiaffi. Lo stesso Napolitano ha seguito personalmente la vicenda, dando la sua disponibilità a telefonare a Lula per fare pressioni. E, ancora una volta, sulla graticola si sente lui, il Cav, triangolato fra chi vuole attuare ritorsioni e chi vuol chiudere entrambi gli occhi perché ha sentito odore di denaro. Qualche tempo fa Galli della Loggia, in un suo editoriale su Il Corriere, concludeva che gli italiani sono condannati a un “disperato qualunquismo”, situazione generata dai politici che ormai suscitano solo disprezzo e dai giornali che “solcano quotidianamente l’oceano del nulla”. Ma io, invece, qualche residua speranza negli italiani ancora la ripongo e vedo, in Napolitano, l’alfiere di questa Italia “attenta e migliore”. Parlo di quell’Italia fatta di persone che credono che è possibile raggiungere obiettivi comuni e risolvere comuni problemi anche tra chi viene da culture diverse o che ha abbracciato idee contrapposte; se si coopera allo scopo di capire quali sono i problemi e gli interessi comuni. Si tratta di scegliere gli obiettivi da raggiungere e raggiungerli insieme. Per Napolitano (e questi italiani) non serve un miracolo, “basta spogliarsi dello spirito di partigianeria e talvolta anche di qualche egoismo e meschinità”. Auguri di buon anno a lui e a questi italiani.
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