Con la Delli Castelli anche un’aquilana
L’Aquila– (di Goffredo Palmerini) – Credo non ci siano parole appropriate, oggi, per illustrare degnamente la figura umana e politica di Filomena Delli Castelli, scomparsa ieri alla veneranda età di 94 anni. Nel tristo tempo politico che l’Italia vive la sua testimonianza è troppo stridente. Il suo rigore morale e la sua vita esemplare nelle Istituzioni della Repubblica dovrebbe far impallidire certi piccoli personaggi che frequentano i salotti televisivi, alzando inutilmente la voce e blaterando frasi prive di senso rispetto al bene comune. Quel bene comune al quale “Memena” ha dedicato la sua vita, contribuendo a scrivere i principii fondamentali della nostra Carta Costituzionale e dando esempio di austerità e saggezza nella vita istituzionale, in Parlamento e come prima donna Sindaco d’Abruzzo. Di Lei va ricordato l’impegno assiduo nel difendere la nostra Costituzione, la sua appassionata capacità di parlare di valori veri alle giovani generazioni, il suo richiamo costante al rispetto delle istituzioni democratiche. L’Abruzzo perde certamente una delle Personalità più importanti, ma è orgoglioso di conservarne memoria e indicarne l’esempio, dalla freschezza del suo pensiero politico, ispirato al cattolicesimo democratico, al profilo semplice ed austero conservato in tutta la sua vita.
Ma Filomena Delli Castelli non è stata la sola abruzzese nell’Assemblea Costituente, come spesso si è scritto. Un’altra donna abruzzese, aquilana, ha segnato dall’inizio la storia della nostra Repubblica, nell’Assemblea Costituente e alla Camera dei deputati nella prima Legislatura: è Maria Agamben Federici. Nata all’Aquila il 19 settembre 1899 da Alfredo Agamben e Nicolina Auriti, famiglia benestante, laureata in lettere, insegnante e giornalista, Maria sposa nel 1926 Mario Federici, anch’egli aquilano, drammaturgo ed affermato critico letterario, tra le personalità più insigni del teatro e della cultura abruzzese del Novecento. Da Roma, negli anni del fascismo, Maria Federici si trasferisce con il marito all’estero, dove continua ad insegnare presso gli Istituti italiani di cultura, dapprima a Sofia, poi in Egitto ed infine a Parigi. Cattolica impegnata, profonda fede nei valori di libertà e di democrazia, la Federici matura la sua formazione influenzata dal pensiero cristiano sociale – il personalismo di Mounier e l’umanesimo integrale di Maritain – che avrebbe connotato profondamente la filosofia del secondo novecento. Esperienza significativa, quella vissuta all’estero dalla Federici, cresciuta nella consapevolezza del valore della giustizia sociale e del ruolo essenziale della donna, non solo nella famiglia, ma anche in politica e nella società. Al rientro in Italia, nel 1939, Maria Federici mette pienamente a frutto tali convinzioni con un intenso impegno sociale e d’apostolato laico. A Roma si attiva nella Resistenza, organizzando un centro d’assistenza per profughi e reduci.
Maria Federici è davvero un esempio ante litteram d’emancipazione femminile, con trent’anni d’anticipo sui movimenti poi nati in Europa. Nel 1944 è tra i fondatori delle ACLI, poi del Centro Italiano Femminile (CIF) del quale diventa prima Presidente, dal 1945 al ’50. Ma sopratutto è una delle figure più importanti della nuova Repubblica democratica. Deputato all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana, dal 19 luglio 1946 al 31 gennaio 1948, contribuisce a scrivere le regole fondamentali della nostra Costituzione. Insieme a Nilde Iotti e Teresa Noce (Pci), a Lina Merlin (Psi) e Ottavia Penna (Uomo Qualunque), Maria Federici è tra le cinque donne entrate nella Commissione Speciale dei 75 che elaborò il progetto di Costituzione, poi discusso in aula dall’Assemblea ed approvato il 22 dicembre ’47. Promulgata il 27 dicembre dal Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, la Carta costituzionale entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Eletta alla Camera nel collegio di Perugia nella prima Legislatura (1948-1953), l’on. Federici operò accanto a De Gasperi nella ricostruzione del Paese.
Frattanto, l’8 di marzo del 1947, Maria Federici aveva fondato l’Associazione Nazionale Famiglie Emigrati (ANFE). Presidente dell’ente sin dalla fondazione, lo rimarrà fino al 1981. Sotto la sua guida sicura, con infaticabile impulso, l’associazione si espande in tutta Italia, con sedi in ogni provincia e nei comuni a più alta emigrazione, presente dovunque i problemi sono più duri, in Italia o nel nuovo mondo. Anche in quei lontani continenti nascono sedi dell’ANFE: in Argentina, Brasile, Venezuela, Stati Uniti, Canada, Australia, ma anche nel vecchio continente, in Belgio, Francia, Svizzera, Germania, Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, con una rete capillare di strutture che diventano punti decisivi d’assistenza per i nostri emigrati, per la soluzione d’ogni problema sociale, burocratico ma anche psicologico nell’integrazione nelle nuove realtà. Dunque, un’opera notevole quella svolta dall’ANFE, nella formazione professionale, nel sostegno alle famiglie ed a difesa della loro integrità, nella crescita culturale, sociale e civile dei nostri emigrati. Insomma, le meritorie attività dell’ANFE, riconosciuta Ente morale nel 1968, ne hanno fatto un insostituibile partner nei più alti organismi internazionali per l’emigrazione e l’immigrazione, con il suo enorme bagaglio di esperienze.
FMerito appunto di Maria Federici, tra i più fulgidi esempi femminili d’impegno civile e politico della nostra Italia. E’ scomparsa il 28 luglio 1984. E tuttavia il suo insegnamento e l’esperienza accumulata dall’ANFE sono il cespite su cui poggiano le fondamenta dell’Associazione per svolgere efficacemente il suo prezioso servizio sociale nel terzo millennio. L’opera di Maria Federici, come quella di Filomena Delli Castelli, il loro pensiero illuminato, il contatto diretto con persone e problemi, il loro stile restano un esempio notevole nel tempo che viviamo. Oggi stride con certa volatilità del pensiero politico, con l’incoerenza dei comportamenti, con la labilità dei riferimenti ai grandi valori. Nella difficile transizione che vive l’Italia, dove sovente domina l’apparenza piuttosto che l’essenza, esempi di vita quale quelli testimoniati da Filomena Delli Castelli e Maria Federici sono indispensabili riferimenti per poter migliorare il rapporto tra Istituzioni e cittadini, per recuperare la necessaria credibilità della politica, per costruire nel reciproco rispetto il futuro del nostro Paese.
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