Dove sono finiti i diritti? Qui solo doveri
L’Aquila (di Giusi Pitari) – A L’Aquila è sospeso tutto, tranne le tasse. Si è cominciato subito a sospendere alcuni diritti fondamentali. Nelle tendopoli, per esempio. In alcune, infatti, non era possibile fare assemblee, perché il “Capocampo” richiamava strane ordinanze del Dipartimento Comando e Controllo, il solerte Di.Co.Mac., comandato dal Re Sole, Bertolaso. Persino volantinare era vietato. Inutili le proteste dei pochi cittadini in città, a quel tempo, che semplicemente ricordavano la Costituzione che nell’articolo 21 recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Ma andiamo avanti, giungiamo all’assegnazione degli alloggi del cosiddetto progetto C.A.S.E.. A parte non aver capito i criteri di assegnazione, i colloqui per verificare i requisiti sono stati dei veri e propri interrogatori, paragonabili a quelli che si vedono nei film americani quando il commissario interroga l’assassino. La documentazione da portare era abbastanza ovvia, ma in alcuni casi si è toccato il ridicolo. Conosco persone che per dimostrare la stabile dimora hanno dovuto esibire lettere e cartoline ricevute, altre un mare di certificati medici, personalmente sono stata “accusata” di possedere un terreno ad Avezzano che, a parte il fatto che è stato venduto, non era neanche edificabile. Insomma per ottenere un diritto, abbiamo dovuto sottoporci a vere e proprie vessazioni. Che poi servissero a scovare i furbi è solo una illazione, visto che ancora non se ne viene a capo.
Ma arriviamo al dopo assegnazione: preciso che io abito nel progetto C.A.S.E. perché la mia casa è inagibile per problemi strutturali la cui soluzione, grazie alla confusione scaturita dalle linee guida della struttura commissariale, è di là da venire.
Viene fuori una ordinanza della Struttura per la Gestione Emergenza con la quale viene imposto, ai residenti di queste case semi-provvisorie, di dare comunicazione scritta di eventuali assenze che si protraggano per più di una settimana. Mi viene in mente l’articolo 13 della Costituzione che sancisce: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (mandato dell’autorità giudiziaria, GIP- polizia).
E arriviamo ai casi particolari: un nostro concittadino assegnatario di un alloggio per due persone (il titolare e la figlia) si vede revocata l’assegnazione di detto alloggio perché, nel frattempo, la figlia si iscrive all’Università degli Studi di Bologna. La caparbia amministrazione decide che il titolare deve rinunciare all’alloggio, aspettarne uno per single ed eventualmente aggiungere un divano letto per la figlia. Il cittadino aquilano fa ricorso al TAR e lo vince. Il Tribunale Amministrativo Regionale adduce, tra le altre, le seguenti motivazioni:
1. La condizione del ricorrente non è in ogni caso assimilabile a quella di un “single”, non potendosi considerare irrilevante la stessa condizione di padre che, alla stregua di apicali principi costituzionali (art. 30, 1° comma, Costituzione- E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio-), conserva il diritto-dovere di mantenere una relazione, anche abitativa, con la figlia; tanto più che quest’ultima, in base a quanto dichiarato, non ha reddito proprio, circostanza che qualifica ulteriormente una permanente relazione familiare che va certamente considerata ai fini dell’assegnazione dell’alloggio.
2. La scelta del domicilio, per altro verso, costituisce espressione di una libertà costituzionalmente garantita (art.16 Costituzione- Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche) e presuppone un elemento volontaristico, ossia la scelta soggettiva del luogo ove collocare la sede dei propri affari ed interessi. Nel caso di specie, la permanente presenza del padre a l’Aquila, costituendo significativo legame con il territorio e interesse morale rilevante, è sufficiente a giustificare la scelta di fissare appunto in L’Aquila il proprio domicilio.
A questo punto bisogna per forza chiedersi se l’ultima ordinanza dell’instancabile “golfista” Cicchetti non sia da considerarsi incostituzionale.
L’ordinanza dà disposizione precise ai nuclei famigliari assegnatari di alloggi provvisori (o semi- provvisori!!); tra le altre l’obbligo di comunicare assenze protratte per più di 30 giorni, anche di un solo componente del nucleo, al fine di spostare il nucleo in alloggio più piccolo. Una delle perle di tale disposizione risiede nella frase seguente e riguarda il fatto di poter ospitare in casa un famigliare senza, peraltro aver diritto ad un alloggio di dimensioni maggiori:
• Il soggetto a cui è consentita la ospitalità nell’alloggio del Progetto C.A.S.E. o M. A.P. segue la sorte del nucleo assegnatario; di conseguenza in caso di rinuncia o perdita dei requisiti, l’ospite deve lasciare l’alloggio contestualmente al nucleo ospitante.
In questo caso il grande capo Cicchetti entra addirittura a legiferare sulla famiglia, decretandone la costituzione indissolubile all’interno della casa!
E non è finita! L’avventuriero della Perdonanza decreta:
• E’ inibito l’ingresso in strutture ricettive per motivazioni sanitarie.
Con questa disposizione ha violato contemporaneamente quattro o cinque articoli della costituzione!
C’è un qualche esperto che ci aiuta a ricorrere al TAR, anzi no, al Presidente della Repubblica?
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