La farsa del Nobel
(di Carlo Di Stanislao) – “Oggi ad Oslo andrà in scena una farsa: ‘Il Processo alla Cina’, ha titolato il popolare tabloid Global Times, gestito dal People’s Daily, organo ufficiale del Partito Comunista. Così i media cinesi accusano l’Occidente di mettere la Cina sotto processo e di voler imporre i propri valori, a poche ore dalla cerimonia di consegna del nobel per la Pace al dissente cinese Liu Xiaobo. Reuters segnala che a Pechino sono state innalzate le misure di sicurezza, con un ingente numero di macchine della polizia e di poliziotti a controllare la città, compresi l’appartamento di Liu, piazza Tienanmen e l’ambasciata della Norvegia.La polizia ha fatto allontanare un gruppo di diplomatici tedeschi che tentavano di visitare la residenza di Liu, dove dovrebbe trovarsi la moglie Liu Xia, ancora agli arresti domiciliari. Come segnala Il TGcom, secondo il gruppo Chinese Human Rights Defenders, l’attivista e amico del premio Nobel Zhang Zuhua, gli avvocati democratici Li Fangping e Teng Biao, il giornalista Gao Yu e altre decine di personaggi ”pericolosi” sono stati costretti a lasciare la capitale e vengono sorvegliati a vista. I siti web di alcuni mezzi di comunicazione internazionali, tra cui le reti televisive Cnn e Bbc, sono inaccessibili. In un comunicato, la Bbc ha confemrato che ”tutti” i suoi siti ”non solo quelli d’informazione” sono bloccati in Cina. I siti del Comitato per il Nobel sono irraggiungibili da ottobre per i 420 milioni di internauti cinesi. Oggi è anche la giornata mondiale dei diritto umani e il segretario di stato americano Hillary Clinton ha reso omaggio in una dichiarazione a Liu Xiaobo, chiedendone l”’immediata liberazione”. Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, ha detto che “sia il presidente Barack Obama che l’ambasciatore statunitense a Oslo pensano che avrebbero dovuto assistere a una cerimonia alla quale partecipi anche Liu Xiaobo in persona”. Obama ha vinto il Nobel per la pace lo scorso anno. Sempre oggi, dal canto suo, il capo del Comitato Norvegese del Nobel, Thorbjorn Jagland, ha dichiarato che il conferimento del premio Nobel per la Pace al dissidente cinese Liu Xiaobo “non è un premio contro la Cina”, ma ha come obiettivo quello di “onorare” le persone come Liu, convinte che “l’ulteriore sviluppo economico in Cina deve essere combinato con riforme politiche”. Liu Xiaobo, scrittore scomodo e fautore di una migliore condizione di vita e di una maggiore libertà all’interno del suo paese, sta scontando 11 anni di reclusione nelle patrie galere con l’accusa di “incitamento alla sovversione dei poteri dello stato” per essere stato un promotore della “Carta 08″, un manifesto in favore di riforme politiche e legali e di un sistema democratico e rispettoso dei diritti umani in Cina. Sempre Thosbjorn Jagland, ha fatto sapere che, a causa della mancata presenza di Liu e di un suo familiare, non ci sarà la consegna formale del premio e dell’assegno da 1,5 milioni di dollari. L’organizzazione ha previsto un discorso dello stesso Jagland, la lettura di un messaggio di Liu da parte dell’attrice Liv Ullmann e l’esibizione di un coro di voci bianche. Intanto ieri, in polemica con questo Nobel, è stato assegnato in Cina “il premio Confucio per la pace”, consegnato al’ex-presidente taiwanese Lian Chen in una cerimonia che si e’ svolta in un grande albergo di Pechino e senza la presenza del premiato. Inoltre, un suo collaboratore ha dichiarato al quotidiano Taipei Times, di non avere informazioni sul premio, aggiungendo che Lian ”non ha alcuna intenzione di accettarlo”. Davvero, come scrive Europa, la Cina sta pubblicamente dando il peggio di se. Così, mentre la Camera americana approvava (402 a 1) una risoluzione pro-Liu e si guadagnava la secca condanna di Pechino (“Sono arroganti e irragionevoli”), la Cina si inventava un contro-Nobel, il Premio Confucio per la pace, e assegnava anche il World Harmony award a Chi Haotian, ex ministro della difesa, uno dei responsabili del massacro di Tienanmen del 1989. Pechino espone tutta l’ipocrisia di un governo falsamente democratico e trascina con se altri che hanno obbedito al suo diktat cinese e non parteciperanno alla cerimonia. Giova segnarsela questa lista, a futura memoria. Ci sono Kazakhstan, Colombia, Tunisia, Arabia Saudita, Pakistan (la signora Bhutto si starà rigirando nella tomba per le scelte di suo marito, il premier Ali Zardari), Serbia (non vuole entrare nell’Ue?), Iraq, Iran (Ahmadinejad è uno coerente), Vietnam, Afghanistan (Mr. Karzai?), Venezuela, Filippine (il cui presidente è il figlio di Aquino Jr., a lungo prigioniero politico durante la dittatura), Egitto e Cuba (coerenti anche loro, come anche molti altri di questa lista), Sudan, Ucraina, Marocco e Russia (Putin ieri ha criticato l’Occidente per l’arresto di Julian Assange, ma da quale pulpito?). Gongola il presidente del comitato norvegese, Thorbjoern Jagland, che non se la prende e giustifica il premio come un tributo ai diritti umani universali, e non occidentali.
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