Dizionario di parole, emozioni e progetti


Roma- (di Stefania Paradiso)La vita, a volte, è imprevedibile e strana e fa sì che dall’incontro tra due o più persone nascano progetti, idee e collaborazioni che danno linfa ed energia non solo all’esistenza dei singoli individui, ma a quella dell’intera comunità. Questo potrebbe essere, in sintesi, quello che è successo dall’incontro di tre donne le quali, parlando di emigrazione ed immigrazione, hanno innanzitutto provato quanto una passione comune unita al rigore informativo possa dar vita a progetti seri e ben costruiti, confermando quanto sia possibile lavorare insieme, tra donne, persone ed istituzioni, senza invidie, tagli e polemiche sterili. L’incontro, la rete, o il networking, se preferite, è quello tra Patrizia Angelini, giornalista Rai International e Presidente dell’Associazione “Italian Women in the world” e le giornaliste, saggiste e studiose di emigrazione, Mina Cappussi e Tiziana Grassi, autrici del primo “Dizionario dell’Emigrazione italiana – 1861-2011 – Semantica di una Storia tricolore”, presentato ieri alla Camera dei Deputati.

Cos’è un dizionario? “Una raccolta di lemmi, parole, significati, pronuncia. In questo dizionario ci sono le emozioni. Parole, emozioni, progetti. Dizionario, emigrazione, oceano, non ritorno, radici”. Questi alcuni dei termini utilizzati da Mina Cappussi per descrivere il fenomeno migratorio ed il perché di questa scelta letteraria. Ed è con tutta questa carica emotiva, oltre che informativa, che la Sala della Mercede, presso la Camera dei Deputati, si riempie. Grande riscontro da parte dei media, delle istituzioni, ma anche dei cittadini comuni perché, essendo un popolo di emigranti, quando si parla bene e correttamente del fenomeno, le persone ascoltano con attenzione quello che si vuole comunicare e partecipano numerosi.

Patrizia Angelini riporta i numerosi saluti giunti dalle alte cariche dello Stato e non solo, come ad esempio, quello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al quale è stata chiesta la prefazione del dizionario, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, e molti altri, tutti concordi nel definire il dizionario un’opera di grande rilevanza storica e importante al fine di non dimenticare, soprattutto una fonte di ricordo vitale per le giovani generazioni. Come nasce l’incontro tra queste studiose, appassionate e legate al tema dell’emigrazione? Tiziana Grassi racconta che è un percorso che dura da dieci anni. “Emigrazione ed immigrazione sono tappe dell’umanità itinerante. Un percorso faticoso sorretto dalla grande passione e dalla volontà di omaggiare i connazionali all’estero. Perché Mina Cappussi come coautrice? Perché fra i molti incontrati, nel percorso anche a Rai International, mi ha colpito la sua partecipazione empatica (elemento fondante), l’affettività e, al contempo, il rigore informativo nel suo quotidiano, UN MONDO D’ITALIANI.

Mina Cappussi, perché scegli di collaborare con Tiziana Grassi? “Perché ad un certo punto le nostre strade si sono incontrate, e si sono incrociate al semaforo delle emozioni, per percorrere un pezzo di strada insieme, con alla base la passione per gli emigrati”. Intervengono i vari ospiti e, subito, l’on. Vincenzo Scotti, Sottosegretario agli Affari Esteri, elogia l’opera in quanto afferma: “E’ una riflessione fondamentale per il presente e per il futuro. L’idea di base deve essere quella di un’integrazione della città, tra persone diverse che vivono su uno stesso pianerottolo. Il nuovo non lo si può affrontare senza la consapevolezza di quella che è stata la nostra storia dell’emigrazione”. Raccontando degli italiani all’estero, egli aggiunge: “In America Latina c’è sempre un segno degli italiani, perché sono riusciti a fondersi, a contaminarsi, a fare positivamente tutto quel che c’era e si poteva fare. Ciascuno non sarà più identico a se stesso, sarà qualcosa in più quando si “contamina” con gli altri. L’altro non è il diverso, è solo diverso da noi. Il dizionario servirà anche a questo. Oggi ci sono tendenze xenofobe, di chiusura, negli stessi Parlamenti. Interroghiamoci sul perché. Serve la cultura, la religione, la politica degli Stati. Si può recuperare l’Unità solo guardando al futuro e mantenendo viva la nostra memoria”.

Anche l’on. Franco Narducci, vice presidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, ha ricordato “… quanto emerga il bisogno di analizzare il “flusso” umano nel senso della mancanza di risorse. Parlare di globalizzazione significa anche interrogarsi sulla mancanza di risorse e sull’agire umano, dove a rimetterci sono sempre i più deboli, gli emigrati che pagano sempre il costo più alto. Benedetto XVI ha detto che l’assistenza sanitaria, la mancanza prolungata di un lavoro minano la libertà dell’individuo e il suo benessere psicologico”. L’onorevole ha aggiunto: “In questo contesto s’inserisce il dizionario, il lavoro di Tiziana Grassi e Mina Cappussi. Un lavoro che vuole fissare i punti cardine del discorso emigrazione e raccoglierne i sogni ed i segni. Un omaggio a chi ha lasciato l’Italia, ma anche a chi l’ha sentita raccontare. Un’opera costruita dal basso in grado di recepire i progetti, i desideri degli italiani di seconda e terza generazione e anche di noi italiani di nuovo in fuga. La promozione della lingua italiana, la cultura, nelle scuole all’estero per chi vuole imparare, questo è quello che chiedono i giovani italiani all’estero. Puntare alle scuole significa avvicinare anche chi non è italiano e sceglie l’italiano come seconda lingua da studiare. Spunti, appunti e impegni sono uno dei modi per recuperare la memoria della diaspora italiana nel mondo, sotto il segno dell’unità e dell’appartenenza”.

Molti gli interventi che si sono susseguiti nel corso della serata. Il Presidente del Consiglio Regionale del Molise, nonché Presidente dell’Aiccre, Michele Picciano, ha ricordato “il ruolo fondamentale che riveste la comunicazione e l’informazione, un circolo vitale che lega e ci lega ai nostri connazionali”. Franco Pittau, responsabile scientifico del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, ha voluto commentare alcune voci del dizionario, ricordando ad esempio, come “la Bibbia sia anch’essa una trasmigrazione, se pensiamo che la vita umana ha un inizio e una fine. Oppure la Diaspora, come attaccamento, impegno, nostalgia”, sottolineando però che “la storia ha sempre due facce, emigrazione/immigrazione. Peccato che si fa il contrario di quel che diciamo”. Giuseppe Abbati, vice presidente nazionale Aitef Onlus, ha ricordato quanto “le associazioni abbiano svolto un grandissimo lavoro, attenti ai bisogni degli emigrati e, soprattutto, dei nuovi immigrati. Ci sono stati troppi tagli agli Istituti di Cultura, un bilancio che si assottiglia sempre più ed è difficile, per quanto ci si sforzi, sostenere tutti e il bisogno di sapere e di cultura per gli italiani all’estero”. Salvo Iavarone porta il saluto, raccontando dell’ultimo viaggio in Brasile, in occasione della V edizione delle Giornate dell’Emigrazione, organizzata dall’Asmef.

Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università di Roma “La Sapienza”, impronta il suo discorso sulle parole chiavi. “La sfida: può sembrare la solita formula, invece è la capacità di capire, di ideare cose diverse, di guardare all’intolleranza senza essere intolleranti. La sfida è “prendere” gli emigrati e ridargli valore, perché noi li abbiamo sottostimati e sottovalutati. Bisogna recuperare la memoria storica, la cui perdita è un danno soprattutto per le giovani generazioni. Trovare la lucidità per non far diventare la diversità un elemento di allontanamento. Parole chiavi sono: ricerca, cultura, comunicazione e marketing che può sostenere cose importanti. Se non facciamo marketing di valori culturali non si progredisce. La cosa strana è che il nostro paese che ha tanto patito, non ha voluto capire. Ed è sconvolgente che sia capitato a noi, un popolo di emigrati. L’impalcatura narrativa del dizionario aiuta anche in questo. I ricercatori sembrano non farcela a capire, stanno a casa invece che in mezzo (nel senso di mediazione). La modernizzazione passa nelle scuole, la scuola è il luogo dove si aprono gli occhi. Finora il lavoro fatto è deludente. Noi contiamo gli immigrati quattro volte di più di quanti ce ne siano realmente. Questo, mi dispiace dirlo, è colpa di un giornalismo frettoloso, approssimativo, che presenta l’immigrato come diverso e ne ingenera il timore. Se un cittadino non viene aiutato, drammatizza. Il dizionario aiuta perché mette in fila le parole, le incasella in un sistema e rimanda, al contempo, ad altre. Questo dizionario, anche nel presentarlo prima che esca, è una grande opera di trasparenza culturale ed un farmaco riparatore. Dobbiamo di più a questi italiani vocazionali (ovvero quelli che portano l’Italia nel cuore), perché è solo così che ricordiamo il dolore e ridiamo spessore a chi, spesso, viene dimenticato”.

Gian Maria Fara, presidente di Eurispes, rammenta quanto sia strano il rapporto, purtroppo, che noi abbiamo con gli emigrati: “Siamo contenti e felici quando un nostro connazionale si distingue e ha successo, ma lo dimentichiamo subito dopo. Siamo ridiventati paese di emigrazione (forniamo cervelli al sistema internazionale). Eurispes da anni denuncia l’effetto devastante dei media sulla paura dell’immigrato che indebolisce la nostra identità e quella degli altri. Il nostro paese deve molto agli emigrati. Il lavoro del dizionario è meritorio perché sollecita le nostre coscienze e ci ricorda che la prospettiva del nostro paese è proprio nella riscoperta delle radici”.

Anche P. Renzo Prencipe, coordinatore del Comitato Scientifico del Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana definisce il dizionario “un lavoro meritorio perché di memoria, ricerca storica e didattico. Che cosa dicono le due autrici in sottofondo? Che le migrazioni sono il sottofondo di tutte le storie e anche delle preistorie umane. Nessuna società è statica, nemmeno la più stabile. Il mescolare le culture è sempre stata la regola e non l’eccezione. Solo che l’opinione pubblica e i media tendono a riportare l’incontro-scontro fra culture diverse e non le storie di emigrazione riuscita. Bisogna lavorare con approcci globali perché le società sono sempre più plurali, senza erigere barriere né confini. Il dizionario è un ulteriore occasione di incontro, dialogo e confronto. La specificità italiana è che avuto un fenomeno migratorio intenso e doloroso. Le enciclopedie italiane, anche rieditate, continuano a dedicargli poche righe o a non nominare il fenomeno. Questi progetti, come il dizionario, sono fondamentali ricordarlo. Come il sangue che scorre nelle vene, questa è l’italianità che scorre nel mondo. Non è un semplice glossario, ma parole significative per dare uno strumento informativo dove sacrificio, gioia, dolore, economia, cultura, s’innestano nella vita sociale”.

“Si parte dalle radici per arrivare al futuro. E se alle radici non gli si dà nutrimento esse muoiono. 80 milioni di oriundi hanno bisogno di linfa, nuova vita. Impegni istituzionali e ministero devono andare di pari passo per far sì che il dizionario entri nelle scuole e il fenomeno migratorio non resti solo quel trafiletto che leggiamo oggi sui libri di scuola. Il ponte vero – ha aggiunto P. Prencipe ricordando i tagli alla stampa italiana all’estero – che ci lega ai nostri connazionali è la stampa, l’informazione, la comunicazione . Questa è un’opportunità per un rilancio d’attenzione. E, come spesso si è scritto, è questo tipo di lavoro, rigoroso ma emozionale, tecnico ma appassionato, informativo ma anche conoscitivo che accompagna le persone lungo la via delle emozioni e del sapere; una via che può essere in Italia, dall’altra parte del mondo, dell’oceano, del ritorno o del non ritorno, ma fatta semplicemente dal senso di appartenenza che, nel bene o nel male, è il nostro punto di partenza, le nostre radici”.


09 Dicembre 2010

Categoria : Dai Lettori
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