Per i malati non soltanto medicine


L’Aquila – La Ilaria Pucci di Isernia riceviamo: “Gentile direttore e redazione, Mi occupo da circa tre anni di “Comunicazione e marketing in Sanità” , detto così non sembra un bel lavoro, ma lo è perché ogni giorno scopro nuove storie, nuove esigenze, nuove problematiche legate a chi non solo deve preoccuparsi di andare avanti in questo periodo di crisi, ma deve preoccuparsi di combattere per vivere, deve spiegare ai propri familiari che “forse dovrà operarsi ed anche dirgli addio”, deve riabilitarsi ed impegnare le proprie energie per muovere un semplice passo, deve trascorrere Natale in una struttura ospedaliera e si preoccupa di come far arrivare alle proprie nipotine il suo regalo. Non ci vuole molto per ascoltare queste storie, basta sorridere ad un paziente fuori ad una struttura ospedaliera, prestare l’ombrello ad un suo familiare che deve andare a comprare un panino, oppure leggere le numerosissime lettere che arrivano ad infermieri e medici. Troppe volte e giustamente ci siamo soffermati sulla crisi che coinvolge la sanità italiana, sulla politica in sanità, troppe volte, e ripeto giustamente, ci siamo soffermati sulle pratiche di malasanità, ma quante volte invece ci siamo soffermati su quei medici e gli infermieri che restano vicini ai pazienti anche dopo aver timbrato il cartellino, quelle persone che tolto il camice bianco ancora hanno voglia di sorridere alla gente e propongono campagne di prevenzione (per cui non avranno neanche un euro), teatro terapia ed altre attività? quante volte abbiamo scritto di un paziente che è potuto tornare a vivere perché un medico lo ha incitato a combattere?
Quando si parla di sanità si commette l’errore di voler puntare l’indice .. sottolinearne gli errori, eppure oggi un certo “L.T.” mi ha raccontato che ciò che ricorda dopo il suo intervento è il sorriso della caposala che gli ha retto la mano per andare in terapia intensiva, il sorriso del prete che gli ha dato conforto, la portantina che l’ha chiamato per nome, il medico che prima di andare a casa è passato a salutarlo. E vuole dirgli un grazie speciale ma non riesce a capire come farlo. Non è tutta così la sanità, giusta obiezione ma forse per i media è arrivato anche il momento di pensare ai pazienti e dedicargli una rubrica , dargli voce, dove raccogliere i loro interrogativi, dove farsi spiegare perché preferiscono curarsi al nord e non al sud, come scelgono lo specialista che deve curarli, cosa pensano della sanità che finanziano pagando le tasse.
Se di un tema si finisce solo per raccontarne la parte tecnica o la parte negativa come pensiamo che le persone possano apprezzare ciò che hanno. Forse la sanità attira solo quando è negativa, è notiziabile solo quando è pessima.
Forse si dovrebbe star male in America, e senza carta di credito, per capire che ciò che abbiamo deve essere difeso e migliorato in quanto positivo?
Questa lettera è una proposta, pensare ad una comunicazione sanitaria che ogni tanto dia anche speranza, in grado di sottolineare gli aspetti positivi, di mostrare ai pazienti i loro diritti ma anche i loro doveri, la loro umanità e sofferenza. Di ricordare a tutti i medici che la sanità non è solo numeri e che loro hanno scelto una missione.
Anche voi – medici – siete venuti al mondo, come sono venuto io, con una missione da compiere. Badate: vi parlo di doveri in un momento in cui tutti parlano di diritti… Voi avete la missione di curare il malato; ma se al letto del malato non portare l’amore, non credo che i farmaci servano molto… L’amore non può fare a meno della parola. Voi come potreste esprimerlo se non con parole che sollevino spiritualmente il malato?… Portate Dio ai malati; varrà di più di qualsiasi altra cura. (S. Pio da Pietrelcina). E i giornalisti? Qual è la nostra missione in sanità? Cordiali Saluti e scusate se vi ho rubato qualche minuto, forse a Natale pensiamo tutti un po’ in più”.


02 Dicembre 2010

Categoria : Dai Lettori
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