“Acqua a rischio petrolio”
Pescara – DOSSIER WWF-LEGAMBIENTE – L’acqua abruzzese è a fortissimo rischio di inquinamento a causa delle attività connesse allo sfruttamento e trasporto degli idrocarburi, ma il piano delle acque adottato recentemente dalla Giunta Regionale incredibilmente non affronta il problema.
A denunciare questa situazione è il dossier di WWF e Legambiente dal titolo “ACQUA A RISCHIO PETROLIO! Modificare il Piano Tutela delle Acque della Regione Abruzzo per far fronte alla petrolizzazione della Regione”.
Il Piano di Tutela delle Acque, sulla base di quanto previsto del Testo Unico dell’Ambiente “contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.” Il Piano di Tutela delle Acque è quindi un piano di settore che si occupa delle acque superficiali quali laghi e fiumi, delle acque sotterranee e delle acque marino-costiere. La legge prevede che il Piano esamini analiticamente tutti gli elementi di pressione antropica e definisca tutte le misure per la protezione e conservazione delle acque.
La Regione Abruzzo ha adottato il Piano di Tutela delle Acque Attualmente è nella fase di ricezione e valutazione delle osservazioni, di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Incidenza Ambientale sugli effetti del Piano sui Siti di Interesse Comunitario e sulle Zone di Protezione Speciale della Rete Natura2000. Dopo il passaggio al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, passerà all’esame del Consiglio Regionale per l’approvazione definitiva.
Il Piano, nella versione adottata dalla Giunta, incredibilmente non accenna in alcuna parte al tema dello sfruttamento degli idrocarburi. Non fa menzione delle istanze di ricerca e delle concessioni per l’estrazione di idrocarburi (sia metano che idrocarburi liquidi) che attualmente coprono il
51,07% del territorio regionale (coinvolgendo il 72,5% dei comuni). Non cita le 722 perforazioni già effettuate nella nostra regione dal secolo scorso fino al 31 dicembre 2007. L’approfondito dossier di WWF e Legambiente evidenzia l’elevatissimo rischio ambientale connesso allo sfruttamento da idrocarburi per fiumi, falde e acque marino-costiere della regione. Recenti ricerche realizzate dai principali centri scientifici italiani ed esteri dimostrano come l’Adriatico centrale sia già ora una delle aree del Mar Mediterraneo con maggiore frequenza di sversamenti accidentali o volontari di petrolio in mare. Viene considerato al massimo livello di rischio assieme al Mar Ligure (figure allegate alla fine del comunicato).
Il 30% del greggio mondiale trasportato per nave segue rotte mediterranee: circa 1/3 di questo arriva greggio nel Mar Adriatico dove si trovano una decina di porti petroliferi, 7 terminali, 3 oleodotti, 13 raffinerie e quasi un centinaio di piattaforme offshore (alcune attive).
Il Mar Mediterraneo è già ora il mare più contaminato al mondo da idrocarburi con una media di 38 milligrammi per metro cubo di acqua. Si stima che ogni giorno nel Mar Adriatico centrale passano 5-6 navi che trasportano sostanze pericolose.
Per quanto riguarda i rischi di contaminazione per l’acqua sulla terraferma basterà ricordare che nei soli Stati Uniti dal 1980 al 2003 sono stati registrati 51.829 casi di perdite di olio nelle aree interne del paese con una media di quasi 40 milioni di litri di olio sversati nell’ambiente ogni anno.
Dichiara Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo: “È grave che la Regione Abruzzo vari un Piano di Tutela delle Acque che non affronta il rischio derivante dallo sfruttamento, lavorazione e trasporto degli idrocarburi quando esistono casi eclatanti degli effetti sull’ambiente degli incidenti che avvengono frequentemente presso pozzi, petroliere e oleodotti e degli sversamenti connessi alle normali attività di gestione di queste strutture. Il dossier contiene dati incontrovertibili sulla pericolosità di queste attività per fiumi, falde, acquiferi e per le acque marino- costiere della regione. Basta osservare le immagini del disastro che provocò l’esplosione del pozzo di petrolio di Trecate, quelle del fiume Lambro devastato dagli idrocarburi e le mappe del Joint Research Center dell’Unione Europea sugli sversamenti nel Mar Mediterraneo per comprendere perché riteniamo inaccettabili le lacune del Piano di Tutela varato dalla Giunta Regionale. Tutto ciò nonostante le associazioni avessero segnalato per tempo alla Regione la necessità di includere nel piano vincoli ed azioni di prevenzione. Da tempo chiediamo alla Regione di istituire un tavolo di confronto dotandosi di personale esperto in materia di idrocarburi: purtroppo questa nostra richiesta è rimasta inascoltata. Ad esempio, chi mai potrebbe sostenere che vietare un pozzo petrolifero a monte di sorgenti oppure a fianco di corsi d’acqua sia illogico e non rientri tra le misure necessarie che le Regioni possono intraprendere per tutelare le acque?”.
Dichiara Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF: “Il nostro dossier dimostra la totale incompatibilità tra sfruttamento degli idrocarburi e tutela degli acquiferi, sia, ovviamente, nelle aree destinate alla salvaguardia delle acque destinate al consumo umano, sia nelle aree in cui siano presenti corpi idrici sotterranei significativi e d’interesse, peraltro già fortemente pregiudicati dal punto di vista della contaminazione. Per questo riteniamo che il Piano di Tutela debba prevedere specifici divieti alle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi per quanto riguarda la tutela dei corpi idrici sotterranei e la tutela dei corsi d’acqua, prevedendo consistenti fasce di rispetto attorno al reticolo idrografico superficiale. Allo stesso modo si possono prevedere esclusioni per la tutela per le acque marino costiere, per le quali bisogna attrezzarsi per prevenire e mitigare i rischi derivanti dagli sversamenti. WWF e Legambiente chiedono che nel Piano di Tutela delle Acque:
a) sia aggiornato il quadro conoscitivo, usando i dati relativi a concessioni e pozzi peraltro elaborati dalle due associazioni;
b) sia realizzato ed inserito uno studio sui rischi connessi allo sversamento di petrolio in mare, individuando le aree a maggior rischio utilizzando le ricerche citate nel presente dossier;
c) siano immediatamente perimetrate le zone di tutela, salvaguardia e protezione delle acque destinate al consumo umano in cui vietare tutte le attività produttive connesse agli idrocarburi;
d) sia vietata la realizzazione di pozzi, sia per la ricerca che per l’estrazione, e di strutture collegate all’estrazione di idrocarburi (oleodotti; punti di stoccaggio; centri per la raffinazione e la lavorazione ecc.) nelle aree interessate da corpi idrici sotterranei significativi e di interesse;
e) sia vietata la realizzazione di pozzi, sia per la ricerca che per l’estrazione, e di strutture collegate all’estrazione di idrocarburi (oleodotti; punti di stoccaggio; centri per la raffinazione e la lavorazione ecc.) nelle aree attorno ai corpi idrici superficiali d’interesse, individuando una fascia di rispetto di almeno 3 km attorno ad essi;
f) siano previste specifiche norme di comportamento e di monitoraggio (analisi in continuo, telecamere ecc) presso i punti di attracco delle navi che trasportano idrocarburi liquidi;
g) siano previste forme di prevenzione e previsione connesse al rischio di sversamento di idrocarburi liquidi in mare”.
Per le due Associazioni, il Piano di Tutela delle Acque, assieme ad altri strumenti, dovrà costituire uno dei baluardi tecnici della regione contro la deriva petrolifera per assicurare la tutela a tutto il territorio regionale. Il dossier è disponibile su richiesta via email all’indirizzo a.desanctis@wwf.it
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