Acqua all’arsenico
(di Carlo Di Stanislao) – Potrebbero essere circa 100 mila gli abitanti che probabilmente rimarranno senza acqua potabile per “limiti di arsenico superiori ai 20 milligrammi”. Lo ha affermato Ferruccio Fazio a un’interrogazione sulle iniziative in merito alla concentrazione di arsenico nelle acque a uso alimentare. Mentre dalle “comunicazioni pervenute dalle Regioni la popolazione delle realtà locali per cui si potrebbe chiedere la deroga – con le acque nei limiti entro i 20 milligrammi per litro – ammonta invece a circa 900 mila abitanti”. Rispondendo al question time, inoltre, il ministro della Salute ha detto che “di concerto con il ministero dell’Ambiente sta per emanare il decreto di ricepimento della decisione europea”. Quel che succederà adesso ancora non è chiaro. Contatti frenetici sono in corso tra il ministero della Salute e gli assessorati all’Ambiente delle Regioni coinvolte. Dove il problema è più sentito – come nel Lazio – Asl e Comuni interessati al possibile divieto si sono incontrati per delineare una strategia comune, allertando anche le Prefetture. E’ stato chiesto un pronunciamento all’Istituto superiore di sanità per stabilire le linee guida cui dovranno attenersi le autorità mentre la Regione ha preparato una specie di vademecum che presto sarà distribuito presso scuole, uffici pubblici, ospedali, aziende. In sostanza: dovrà essere data la massima informazione all’utenza riguardo la nuova regolamentazione. Poi la responsabilità passerà ai sindaci che dovranno valutare se firmare le ordinanze di divieto. Nel frattempo Acea, Regione e Commissariato alle acque potabili stanno sistemando delle specie di “filtri” per abbassare la presenza dell’ arsenico e miscelare acque provenienti dagli acquedotti come quello del Simbruino – prive di arsenico – con quelle raccolte dai pozzi, i principali accusati per i valori fuori norma. Acque non salubri vengono identificate nella tabella del documento Ue nelle province di Mantova (Marcaria, Roncoferraro, Viadana), Sondrio (Valdidentro e Valfurva) e Varese (Maccagno, Sesto Calende, Dumenza). Il comune di Cava Manara, in passato con problemi, ora ha acque “perfettamente potabili” grazie all’apertura di nuovi pozzi. In Trentino, risultano non a norma le acque di Laste/Cantanghel, Canal San Bovo, Fierrozzo, Frassilongo. Quanto alla Campania, 14 comuni – non gravati dall’allarme arsenico – hanno ottenuto la deroga per ciò che riguarda il floruro: si tratta di Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, S. Anastasia, San Giorgio a Cremano, S. Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Volla. Intanto oggi il Codacons lancia la richiesta di sospensione del canone relativo alla fornitura di acqua nei 128 comuni italiani dove i valori di arsenico e di altre sostanze nocive non sono a norma con le direttive europee. “Resta ferma – aggiunge il Codacons – la possibilità per i cittadini che per anni hanno consumato acque non a norma, di citare in giudizio le amministrazioni comunali, chiedendo di essere risarciti per i rischi alla salute corsi, e rimborsati per i canoni acqua pagati”. Quello della’Ue è un no alla terza deroga richiesta dall’Italia che, nei gli anni, ha semplicemente ignorato i richiami europei. La deroga, secondo Stefano Ciafani, direttore scientifico di Legambiente, “è uno strumento previsto per rientrare in tempi brevi nei limiti delle sostanze inquinanti e quindi per risanare una situazione non legale, ma gli enti locali avrebbero dovuto avvisare i cittadini della presenza oltre i limiti degli inquinanti in acqua potabile”. Ma si sa, noi siamo italiani e per noi le deroghe servono a tirare a campare. Nel suo no del 22 novembre, l’Ue spiega che: “”Le prove scientifiche nei documenti indicati in riferimento negli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, e nel parere del Comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali, consentono deroghe temporanee fino a 20 milligrammi il litro, mentre valori di 30, 40, 50 milligrammi il litro determinerebbero rischi sanitari superiori, in particolare talune forme di cancro”. Secondo la comunità scientifica, l ‘arsenico e’ uno degli elementi piu’ tossici che esistano. Malgrado il loro effetto tossico, legami di arsenico inorganico si presentano naturalmente sula terra in piccole quantita’. Gli esseri umani possono essere esposti ad arsenico attraverso cibo, acqua ed aria. L’esposizione puo’ anche avvenire attraverso il contatto della pelle con terreno o acqua contenente arsenico. I livelli di arsenico negli alimenti sono ragionevolmente bassi ma si possono trovare livelli elevati di arsenico in pesci e frutti di mare, poiche’ i pesci assorbono l’arsenico dall’acqua in cui vivono. Fortunatamente questa e’ pricipalmente una forma organica ragionevolmente inoffensiva di arsenico, ma i pesci che contengono quantita’ significative di arsenico inorganico possono essere un pericolo per la salute umana. L’arsenico inorganico viene ben assorbito dall’apparato gastroenterico e a livello polmonare generalmente oltre il 50% della dose assunta. I composti di arsenicali organici sono generalmente considerati poco assorbibili e il loro assorbimento e’ relativo alla loro idrosolubilita’. Inoltre tali composti, una volta assorbiti, vengono facilmente eliminati con le feci e le urine; infatti sono soggetti a biometilazione epatica detossificante, pertanto gli arsenicali organici sono meno tossici e piu’ facilmente escreti. L’arsenico inorganico puo’ passare la placenta e determinare un danno fetale, inoltre e’ considerato cancerogeno per: polmoni, cute, reni e fegato, soprattutto nell’intossicazione cronica. Infine, un’esposizione molto alta ad arsenico inorganico puo’ causare sterilita’ e false gestazioni nelle donne e puo’ causare disturbi alla pelle, bassa resistenza alle infezioni, disturbi a cuore e danni al cervello sia negli uomini che nelle donne. Va comunque precisato che per almeno 59 milioni di italiani la situazione acqua potabile è garantita e sicura. Il vero problema non è la presenza di metalli pesanti, ma, come denunciato a marzo da Legambiente, in occasione della “Giornata mondiale de l’acqua”, la gestione del settore idrico, una vera e propria giungla ria che caratterizza le realtà municipali del Paese, cosicché se uno abita a Forlì paga l’acqua 2750 lire al mc, mentre se abita a Milano, la paga poco più di 1000 lire, passando per le 2450 lire di Bari, e le 1400 di Cosenza, senza quindi una diretta correlazione con la disponibilità delle risorse idriche locali. Se la divisione dell’Italia nel regime tariffario è “a macchia di leopardo”, è invece ben netta la divisione tra Nord e Sud del Paese per quanto riguarda la quantità d’acqua potabile disponibile per ciascun individuo. Nelle Regioni del Nord come Trentino, Friuli e Valle d’Aosta, c’è una disponibilità giornaliera da 400 a 600 litri d’acqua potabile a persona, nel Mezzogiorno tale disponibilità non supera i 150 litri. Inoltre in molti casi nelle Regioni più povere d’acqua, come la Sicilia o la Sardegna, alla poca acqua che esce dai rubinetti è “imbevibile”, il che contribuisce non poco ad aumentare il consumo d’acqua minerale. Come hanno denunciato le associazioni dei consumatori, il paradosso delle acque minerali in circolazione è che i consumatori pagano fino a 1.000 volte di più per una bottiglia d’acqua, che almeno nella metà dei casi ha le stesse caratteristiche di quella che esce dal rubinetto.
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