Il racconto sudamericano – Eventi ed emozioni della missione abruzzese in Argentina
Buenos Aires (Argentina) – (di Goffredo Palmerini) – (Nelle foto dall’alto in basso: Palmerini, il Club Villa S.Vincenzo di Guardiagrele, Maria D’Alessandro, serata di gala) - Scorrono i giorni, nella capitale argentina, mentre la primavera avanza solenne e fa esplodere di colori i fiori dei giardini e di verde smeraldo i prati dei parchi. Anche gli alberi di “lapacho” in fioritura tingono di rosa e di lillà le prospettive delle strade ai cui bordi dimorano e i contorni delle piazze. Belle giornate a Buenos Aires, nei giorni che seguono il meeting del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM), conclusosi il 3 novembre. Intanto c’è ancora un appuntamento in programma, per il CRAM. Siamo ospiti dell’Associazione Abruzzese “Villa S. Vincenzo di Guardiagrele” in San Martin, la sera successiva alla conclusione dei lavori. Ci attendono la presidente della FEDAMO, Alicia Carosella, il presidente e l’intero Comitato direttivo del club, nella bella sede che in tanti anni di sacrifici e di volontario impegno i soci hanno pian piano costruito. Quasi settecento metri quadrati coperti con un ampio giardino attrezzato, un complesso efficiente e funzionale per la vita associativa e ricreativa degli abruzzesi di Guardiagrele e dintorni, residenti nell’area della capitale argentina, dove anche altre associazioni abruzzesi operano attivamente nelle loro belle strutture. Tre anni fa mi capitò di visitare quella di San Isidro, dove il coro Cappella Ars Musicalis in tournée tenne un indimenticabile concerto. Nella sede dell’associazione, la Maiella domina con le sue immagini. Aria di festa, volti sorridenti e dalle cucine il profumo intenso dell’asado. E’ una calorosa rimpatriata, dove la parte dell’ospite “speciale” spetta al Consigliere regionale Franco Caramanico, che di Guardiagrele è stato sindaco per sette anni e consigliere comunale fin dal 1983. E’ proprio di casa, in famiglia con i suoi compaesani. Ma altrettanto calorosa è l’accoglienza riservata agli altri due Consiglieri regionali, Ricardo Chiavaroli e Antonio Prospero, al vice presidente del CRAM, Franco Santellocco, a tutti i componenti del Consiglio degli Abruzzesi nel Mondo, al dirigente regionale Giorgio Chiarini, ed ai funzionari dell’ufficio Emigrazione della Regione Abruzzo, Giuseppe Leuzzi e Michele Presutti. Davvero una bella serata, forte di emozioni e densa di ricordi, come solo le nostre comunità all’estero sanno esprimere.
Gli impegni ufficiali del CRAM sono finiti, l’indomani le varie delegazioni cominciano a rientrare nei rispettivi Paesi. Io mi trattengo ancora alcuni giorni a Buenos Aires, ho qualche impegno da assolvere. L’intera giornata del 4 novembre è dedicata all’Università, Facultad de Derecho (Giurisprudenza). Mi aspetta la prof. Laura Lora, una docente che per alcuni giorni, qualche anno fa, venne all’Aquila, innamorandosi della città. Era in Italia per una serie d’appuntamenti negli atenei di Roma La Sapienza, Milano e Teramo, per incontri sul diritto di famiglia e sulle adozioni internazionali, di cui la prof. Lora è un’esperta riconosciuta. Mi contattò prima di partire dall’Argentina, attraverso un amico comune di Pinzolo, cittadina trentina della Val Rendena dove per più d’un anno lei aveva lavorato in gioventù. Fui ben lieto d’accoglierla e di farle conoscere L’Aquila nelle sue bellezze e nella sua storia. Ne rimase entusiasta, intrigata. Il terremoto del 6 aprile 2009, che così profondamente ha lacerato la città, le ha procurato sofferenza e preoccupazione. In più occasioni, mentre ci esprimeva solidarietà e vicinanza, s’informava per telefono come procedessero le cose, quali le prospettive per la ricostruzione. Non potevo, dunque, mancare di ringraziarla di tanta attenzione. Mi attende davanti l’ingresso della Facoltà, sotto al colonnato in pietra dell’imponente palazzo. Entriamo. C’è un via vai frenetico di studenti, professori ed ospiti per un importante congresso giuridico internazionale che si tiene in questi giorni nell’aula magna. Mi guida in visita per la Facoltà, tra le più prestigiose del Paese, dove si sono formati una dozzina di Presidenti dell’Argentina, le cui effigi campeggiano sulle pareti del rettorato.
Ci fermiamo nel salone riservato ai professori. La prof. Lora mi fa domande sull’attuale situazione all’Aquila, sui problemi dell’emergenza, su come e quando la straordinaria città che ha conosciuto potrà tornare al suo splendore. La raggiungono un gruppo di studenti, alcuni con ascendenti d’origine italiana. Anche loro mi chiedono dell’Aquila, li informo come meglio posso in obiettività. Ringrazio tutti per l’attenzione affettuosa che ci hanno riservato nei giorni della tragedia e dopo. Saluto i ragazzi, mentre lasciamo la Facoltà. Parliamo ancora dell’Aquila, in auto, mentre facciamo un giro per la città, sopra tutto nei barrios di Palermo e Recoleta. Mi informo dalla prof. Lora sui molteplici suoi impegni professionali, che la vedono spesso in giro per il mondo. A quelli accademici altri ne aggiunge, nel Senato della Repubblica, dove è consulente giuridica, e presso il Consiglio Superiore della Magistratura della Città di Buenos Aires. Ci fermiamo a Recoleta per un drink d’eccezione nel magnifico Parco Hyatt di Palazzo Duhau, un resort prezioso gioiello d’architetture e arredi in art deco, sull’Avenida Alvear, nei cui ambienti s’ammirano sculture ed opere d’arte moderna di notevole valore. E’ certamente uno dei palazzi più prestigiosi del quartiere più bello, magnificente ed esclusivo della capitale argentina, la Recoleta appunto, dove si susseguono stupende residenze e rappresentanze diplomatiche. Laura Lora tornerà presto a trovare L’Aquila, a vederla anche nelle sue ferite, non appena gli impegni la riporteranno in Italia. Approfitto della sua disponibilità per fare una visita di cortesia agli uffici di redazione di Italiani d’Argentina, testata giornalistica diretta da Roman Luna Marossero, della quale sono assiduo collaboratore. Ha la sede nelle vicinanze, in Juan Maria Gutierrez 2700. Arriviamo che è passato l’orario d’apertura. Chiamo comunque al cellulare, per un saluto, il direttore e poi Natalia Paratore, punto di riferimento in redazione. Penserà l’amica Laura Lora a recapitare in omaggio al giornale una copia con dedica del mio volume “L’Aquila nel mondo”.
Il 5 novembre si va a Berazategui, una visita al Circolo Ricreativo Abruzzese di quella città. Berazategui sta vivendo giornate particolari di festa, per le celebrazioni del 50° anniversario della nascita del Comune. Mi viene a prendere Maria D’Alessandro, abruzzese di San Vito Chietino, arrivata in Argentina con la famiglia quando aveva 4 anni. Studi nel Paese, poi un master a Firenze e una vita d’insegnante di Geografia, ora in pensione. Ha una grande passione per la storia dell’emigrazione e per le tradizioni abruzzesi, oltre che per il canto corale. Arriva con Carlos Vigil, suo marito, docente universitario in Scienze ambientali, e con il figlio Lucas. Si parte dal mio albergo in Vicente Lopez, si deve attraversare in lungo tutta la città sull’Avenida 9 de Julio, per poi prendere l’autostrada per La Plata. Una trentina di chilometri e c’è l’uscita per Berazategui. La città, un continuum con la capitale, è uno dei tanti centri della cintura urbana che formano la Grande Buenos Aires. Conta 323 mila abitanti e appunto 50 anni fa venne scorporata da Quilmes per formare un municipio autonomo. Principalmente dedita all’agricoltura nei primi anni del Novecento, l’area si è nei decenni successivi sviluppata con industrie vetrarie, tessili e chimiche, specie nel settore delle fibre artificiali. Numerosa la comunità italiana – e abruzzese in particolare – che s’insediò nell’area, arrivata con il flusso migratorio specie nel secondo dopoguerra. Ben organizzata e attiva è la comunità abruzzese, che ha svolto e svolge un importante ruolo sociale nella città. Con le sue capacità d’iniziativa ha contribuito significativamente allo sviluppo cittadino. Dall’Abruzzo giunsero nell’area numerosi nuclei familiari, specie dalla provincia di Chieti, dai paesi costieri come dall’entroterra.
Non è casuale, quindi, che il gemellaggio con la Municipalità di Berazategui sia stato stretto dalla città di Lanciano, per sottolineare il ruolo avuto dalla gente d’Abruzzo nella crescita della città. E proprio il sindaco di Lanciano, Filippo Paolini, con una delegazione civica, è presente in questi giorni a Berazategui per le celebrazioni del Cinquantenario della nascita del Comune. I grandi festeggiamenti, inaugurati il 4 novembre dal sindaco Juan Josè Mussi, hanno avuto il privilegio della presenza della Presidente della Repubblica, Cristina Fernandez Kirchner, dei ministri Julio De Vido, Debora Giorgi e Florencio Randazzo, del governatore della Provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli, e di molti sindaci delle città vicine. Un posto di rilievo, nella cerimonia, l’ha appunto avuto la delegazione di Lanciano, città gemella, con il suo sindaco Filippo Paolini. La presidente Cristina Fernandez, parlando a pochi giorni dall’improvvisa scomparsa del marito, ha voluto richiamare l’impegno del governo nel favorire lo sviluppo delle autonomie, ma sopra tutto ricordare l’ex presidente Nestor Kirchner che ha avuto il consenso di milioni d’argentini. “Credetemi – ha detto tra l’altro la Presidente – è stato un privilegio essere stata compagna della sua vita ed anche un’enorme responsabilità nel realizzare i sogni di tutti gli argentini. So di non essere sola, quindi posso andare avanti. Le cose che faremo, non le faremo per Cristina, ma per l’Argentina e in memoria di questo grande uomo argentino. Abbiamo un grande amore per le cose che continueremo a costruire, abbiamo un profondo amore per il popolo e l’amore per la nostra storia”. I festeggiamenti tra le due città gemelle, Berazategui e Lanciano, sono proseguiti il 5 novembre con varie iniziative ed incontri ufficiali, cui ha partecipato la comunità abruzzese guidata dal suo presidente, Onorio (Nino) Di Nenno.
Con Maria D’Alessandro giungiamo alla sede del Circolo Abruzzese quando sta calando la sera. Ci accolgono all’ingresso Angelo Di Donato, esponente storico dell’Associazione, più volte presidente, l’ing. Bruno Di Nardo, Santino Alleva e Alberto Cillo, componenti del direttivo. Il Coro Folcloristico dell’associazione, in un ambiente al primo piano del grande complesso – che al pian terreno ha un’ampia sala con palcoscenico per ricevimenti e spettacoli – fa le prove sul suo repertorio di canti tradizionali abruzzesi. Il gruppo corale è diretto da Adriana Pietro, mentre Camillo Pasquini accompagna alla fisarmonica. L’indomani darà un importante concerto nell’ambito delle manifestazioni del Cinquantenario. Saranno presenti i sindaci di Berazategui e Lanciano, si deve dunque far bella figura. Il direttore è una garanzia di professionalità. Adriana Pietro è un’artista apprezzata, musicista e cantante di tango, musica pop e folclore argentino. Formatasi all’Istituto Clara Leclech in chitarra e canto, tiene concerti con un gruppo di musicisti diretti dal pianista Leo Bernstein. Di recente ha pubblicato il Cd “Sueño del alma” ed è in tour con lo spettacolo “Nosotros y el tango”, prodotto da Claudia Cartie. Nata a Buenos Aires da madre bresciana e padre abruzzese – Angelo Di Pietrantonio, di Sant’Eufemia a Maiella, socio del Circolo – volentieri si dedica anche alla preparazione del Gruppo Folcloristico Abruzzese.
E’ tutta una festa quando entriamo in sala. Il canto si ferma, si fanno le presentazioni, anche se alcuni già mi conoscono sul web, sulle testate per le quali scrivo, attraverso la posta elettronica che quotidianamente invio agli amici all’estero ed alle associazioni abruzzesi. Maria D’Alessando introduce la mia visita. Li saluto con il cuore, li ringrazio per quanto fanno per conservare le radici e la cultura abruzzese, ma sono loro particolarmente grato per l’onore che rendono all’Italia ed alla regione d’origine con testimonianze di vita esemplari. Va loro la gratitudine dell’Abruzzo e della Patria. Come pure la gratitudine della città capoluogo d’Abruzzo per quanto hanno fatto per testimoniare affetto e solidarietà alle popolazioni terremotate, anche raccogliendo aiuti per la ricostruzione. Mi chiedono dell’Aquila e dell’Abruzzo. Gli occhi si fanno lucidi, molti da anni non tornano nella terra natale, complici le traversie dell’economia argentina nel decennio passato, dalle quali per fortuna il Paese sta definitivamente uscendo, e il rapporto di cambio con l’euro. La prova del Coro, come d’abitudine, si chiude con l’inno di Mameli, cantato con la mano sul cuore. Pensare che in Italia c’è voluta tutta la determinazione del presidente Ciampi per riportare in auge il nostro inno nazionale. Gli italiani all’estero invece ci insegnano, eccome, l’amor di Patria ed il rispetto dei simboli della Nazione. Altro che il ciarpame che gira nel nostro Paese!
Ma c’è un altro evento che mi ha portato a Berazategui. Si diceva dell’amore di Maria D’Alessandro per le tradizioni abruzzesi e per la storia della nostra emigrazione. Ebbene, per molti anni lei ha raccolto testimonianze, storie, poesie, racconti e aneddoti dagli abruzzesi anziani di Berazategui. Quest’anno ha messo in ordine gli appunti, ne ha scritto un testo bilingue, italiano e spagnolo, e lo ha pubblicato in proprio. Questo è il giorno in cui, fresco d’inchiostro, il volumetto di 100 pagine “Memorie di racconti abruzzesi” vede la luce. Viene da tutti accolto con curiosità, interesse e gioia. Del libro ho scritto la prefazione. Così, tra l’altro, vi annoto: “Ho raccolto con prontezza l’invito che Maria D’Alessandro mi ha rivolto tempo fa, di scrivere una prefazione al libro “Memoria di racconti abruzzesi” che stava preparando, raccogliendo dalla viva voce dei suoi conterranei storie vissute a cavallo di due continenti: ricordi, memorie, racconti, poesie, indovinelli, aneddoti ed ogni altra traccia della cultura d’origine. Sì, d’una cultura popolare che si nutre della sedimentazione di secolari saggezze tramandate per via orale, come d’abitudine nelle civiltà contadine. E dunque anche nei nostri paesi d’Abruzzo. Il fatto è che questo avviene non in terra d’Abruzzo, ma in un Paese tanto fisicamente lontano, com’è in effetti l’Argentina, quanto straordinariamente vicino, se si considera la meritoria opera di Maria D’Alessandro nel ricucire la trama e l’ordito della propria cultura attraverso una certosina ricostruzione della memoria delle proprie radici attraverso testimonianze e racconti raccolti tra gli emigrati abruzzesi della comunità nella quale vive, a Berazategui, nell’area metropolitana della Grande Buenos Aires.
Ancora più rimarchevole è questo impegno, se si considera il complesso delle attività che l’Autrice svolge nell’ambito del Circolo Ricreativo Abruzzese e nel Coro Folcloristico che ella anima in quella città. Tutto riporta a quel desiderio di coltivare, in comunione, tradizioni e culture popolari che sono il retaggio, dolce ed emozionante, della propria terra d’origine. “La memoria – ha scritto Octavio Paz, premio Nobel per la letteratura – non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare”. Lo si scopre leggendo questo lavoro, prezioso se non altro per la passione che lo anima e per la corale partecipazione d’una comunità regionale, residente in una città d’Argentina, ansiosa di non disperdere nell’oblio il senso profondo del proprio passato, talvolta lontano nel tempo. Maria D’Alessandro questo fa, documentando non solo lacerti della propria cultura e della memoria collettiva d’una comunità, partita in gran parte dalla provincia di Chieti, in Abruzzo, nel secondo dopoguerra e ritrovatasi in Argentina a costruire la prospettiva del proprio futuro, ma anche rafforzando quel senso di comune appartenenza che illustra al meglio l’associazionismo d’origine abruzzese in ogni continente.
Dunque, per quanto questo volume appaia nella sua sobrietà ed innocente freschezza, in effetti è un prezioso contributo al rafforzamento del legame tra coloro che condividono comuni radici, coltivandone con orgoglio la memoria e scrivendone, fors’anche inconsapevolmente, una tessera di storia civile. (…) E’ infatti un’opera che raccoglie memorie, tradizioni, storie e ricordi finora trasmessi oralmente e che, probabilmente, senza questo volume, si sarebbero man mano affievoliti disperdendosi con le generazioni future per via del sempre più labile cordone ombelicale con la terra d’origine dei padri. Ora questo non accadrà facilmente, potendosi contare su un documento scritto che resta, raccogliendo biografie, racconti e tradizioni che contribuiscono efficacemente a conservare i contorni di quel senso di comunità regionale, attraverso il medium della cultura popolare, che connota, oltre i confini, un grande Abruzzo nel mondo. L’Autrice può quindi legittimamente sentirsi fiera di questo lavoro. (…) Sono certo che la comunità abruzzese di Berazategui avrà ragione di sentirsi più forte ed unita. Disporre d’un proprio patrimonio di memoria affidato al futuro, qual è la sorte d’un libro, di solito alimenta ulteriori attenzioni e ricerche fino ad arricchirlo progressivamente. E di questo l’Abruzzo dentro i confini non può che essere lieto, considerando che l’altro Abruzzo all’estero è orgoglioso delle proprie origini e di coltivare al meglio l’attaccamento alla propria terra. La lettura di questo volume davvero mi ha colpito, scorrendo le storie d’emigrazione nella loro essenzialità, i sentimenti celati nei versi, l’ironia popolare in certi racconti rusticani, i valori positivi alla base della cultura contadina dalla quale gran parte di noi ha provenienza. E sono grato a Maria D’Alessandro per l’impegno che ha profuso, mettendo a frutto la sua sensibilità al servizio della cultura abruzzese. La sua opera ci arricchirà un po’ tutti, aggiungendo un piccolo tassello di conoscenza e consapevolezza a quel grande mosaico dell’emigrazione abruzzese nel mondo”.
Dopo una breve presentazione del volume, abbiamo parlato molto, tante le storie. Ognuno desidera raccontarmi del paese d’origine e dell’arrivo in Argentina, terra che amano come seconda Patria. Mi parlano della loro vita, dei loro figli, fanno a gara. Enrico Spinelli, che è originario di Perano, un paese nella Val di Sangro in provincia di Chieti, mi tira cortesemente da un lato. Vuole raccontarmi la sua storia, una storia vissuta fino a rischio della vita in un periodo particolare e terribile. Della sua esperienza nelle carceri argentine mi racconta, arrestato e torturato sotto la dittatura di Rafael Videla. Rischiò d’essere uno dei trentamila desaparecidos scomparsi nel nulla durante la “guerra sucia”, la Guerra Sporca del regime militare. L’azione delle nostre rappresentanze diplomatiche sul regime riuscì a sventare un esito che sarebbe stato certamente drammatico. Enrico Spinelli venne rilasciato e le nostre autorità gli assicurarono sicurezza in Italia, dove restò fin quando la dittatura non crollò, nel 1983, dopo il tragico esito della guerra con gli inglesi seguita all’occupazione argentina delle isole Falkland, o Malvinas. Anche questa di Enrico Spinelli è una tessera del contributo reso dagli Abruzzesi alla libertà e alla democrazia dell’Argentina. Ma su questa storia avremo forse modo di tornare, con la testimonianza di chi visse in prima persona quella terribile esperienza.
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