Un libro per un Paese senza tempo
(di Carlo Di Stanislao) – Irriducibile e tenacissimo direttore dell’Unità, Concita De Gregori, ex giornalista di Repubblica, madre di quattro figli ed autrice di libri di successo e valore (Una madre lo sa. Tutte le ombre dell’amore perfetto e Malamore. Esercizi di resistenza al dolore, entrambi per Mondadori, il primo del 2006, l’altro del 2008), ha appena pubblicato (uscito nelle librerie il 4 novembre) “Un paese senza tempo”, per i tipi de Il Saggiatore, ritratto impietoso di una Italia avvitata su se stessa e che ripete, da venti anni, rituali insensati e gravissimi errori. Un Paese, il nostro, il cui calendario è fermo da tempo, così come sono fermi il progresso, il governo, le istituzioni. Non c’è possibilità di sviluppo per la cultura e l’istruzione, non può crescere l’economia, il diritto e neanche il lavoro. Nel paese senza tempo tutto è tremendamente immobile e nelle agende non c’è traccia di annotazioni o programmi o appuntamenti. Le parole hanno smesso di avere e manifestare il loro valore. D’altronde che valore possono assumere le parole in una realtà congelata, in un simulacro di vita? Il significato stesso delle parole non ha più incidenza con la realtà, perciò si susseguono insulti e complimenti, parole d’affetto a parole di odio. La politica è invasa da queste parole vuote, retta sulle reciproche accuse che i partiti si lanciano addosso per promuovere questo o quel leader, per offrire questa o quella presunta soluzione, per proseguire tranquillamente i propri giochi di potere. E gli anni nel frattempo si susseguono, senza che all’orizzonte si possano intravedere reali possibilità di cambiare rotta. Nel libro l’Italia degli ultimi venti anni, così come appare giorno dopo giorno, attraverso l’attenta raccolta degli articoli della De Gregorio che, in qualità di spettatrice privilegiata, coglie ogni dettaglio dagli incontri, dalle cene, dal Senato, dalla Camera, offrendo al lettore una ricostruzione minuziosa di ciò che si sente ma che poco si conosce. Proprio questi particolari risultano essere la materia essenziale del racconto, la lente di ingrandimento su una realtà che appare lontana eppure troppo vicina. In queste cronache italiane c’è anche modo di sorridere, ma ovviamente i sorrisi non potranno che essere amari. Laureata all’Universita’ di Pisa in Scienze Politiche, ha iniziato la professione nelle radio e tv locali toscane passando poi al Tirreno dove, per otto anni, ha lavorato nelle redazioni di Livorno, Lucca e Pistoia. Nel 1990 è passata al quotidiano la Repubblica, occupandosi di cronaca e politica interna. Da due anni dirige l’Unità. Forse il suo libro più bello, a parte quest’ultimo, è il primo, del 2002, “Non lavate questo sangue”, diario dei giorni del G8 a Genova.
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