La libreria Edison
Pescara – (di Paola Marchegiani) – Quando ho letto che la libreria Edison terminava di esistere, ho provato dolore come per la perdita di una persona cara. Uscendo dal lavoro o da un consiglio comunale, a qualsiasi ora, la trovavo aperta, disposta ad accogliermi come un rifugio sicuro, un momento di ristoro per la mia mente affaticata. Un luogo d’incontro per spiriti affini, momento di aggregazione e crescita per chi abbia voglia di riflettere sulla vita e curiosità di conoscerla sempre meglio: questa mi sembra una definizione adatta per il luogo “libreria”. Pochi elementi di paesaggio cittadino possiedono la consolante immagine di serenità, di vita intellettuale, di conforto spirituale, come una libreria. Una libreria che chiude è una ferita più grave che l’epilogo di una qualsiasi attività commerciale, è un ponte che crolla, un polmone che cessa di respirare, un crocevia di persone e di curiosità che s’interrompe, un fiume che s’inabissa nelle sabbie di un deserto che assedia la città.
Le librerie sono tra gli indicatori di benessere e qualità della vita di una città, di importanza pari ai punti luce e al verde urbano: sono la proiezione di una volontà di crescere non soltanto sul piano dei consumi, ma su quello del costume civile e morale, come sapeva Giacomo Leopardi.
Una libreria che abbassa le sue saracinesche coinvolge soprattutto chi governa la città, chi ne auspica la tutela dei saperi, chi ne cura lo sviluppo delle conoscenze. Qualche anno fa, al tempo del Pescara-calcio in serie A, un cronista della Gazzetta dello Sport, travolto dall’enfasi, scrisse che la città aveva 52 librerie: non era vero, ne esistevano quante le dita di una mano, ma la notizia, in un clima di entusiasmi collettivi, apparve beneaugurante. Negli anni hanno chiuso anche coraggiosi esperimenti come “Progetto&Utopia”, che fu una nuova ed importante anticipatrice di attività più solide commercialmente, e la Book and Wine, durata anch’essa lo spazio di un mattino, ma che nella sua effimera durata ha concretizzato in un anno oltre trecento iniziative, tra presentazioni di libri, incontri con scolaresche, corsi di scrittura, concerti, etc. etc.
Non è inutile aggiungere che la classe politica – ma sta facendo qualcosa l’attuale amministrazione? – ha il dovere di intervenire per fermare questo processo di degrado culturale; ma non minori responsabilità ha la società civile, se ne esiste una, di svegliarsi dal suo sonno e di collaborare perché la cultura del libro sia un contrassegno distintivo di Pescara e non una mesta serie di avvisi funebri.
Non c'è ancora nessun commento.