Al via stagione teatrale, domani Edipo Re
Avezzano- (Nella foto Antonio Calenda) – Prende il via il 3 novembre la stagione teatrale promossa dall’ATAM e dal Comune: otto spettacoli che spaziano dai grandi classici alla drammaturgia del nostro tempo, intrecciando insieme Sofocle e Pirandello, Molière e Amado, Clementi e Duurrenmatt. L’apertura è affidata all’Edipo Re di Sofocle, nella pregevole traduzione di un autore contemporaneo, Raul Montanari.Lo spettacolo si basa su una rilettura dell’originale sofocleo, integrato dai sunti teorici di diversi studiosi e in particolare di Sigmund Freud e di René Girard. Freud riteneva che Edipo Re prefigurasse la metodologia che consente l’esplorazione dell’inconscio: la psicoanalisi. Ecco allora che Antonio Calenda evoca nello spettacolo la messa in scena di una ricerca, che ripercorre all’indietro il tempo, per riafferrare il senso vero e profondo di un passato che è stato frainteso. Ed Edipo – rimandando a un immaginario mitteleuropeo che ci appartiene – ci appare freudianamente disteso sul celebre lettino, mentre attraverso indizi disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore. L’assunto di René Girard, presente in particolare nel fondamentale La violenza e il sacro, ci illumina invece su certe dinamiche sociali e di gruppo, scandite da un sentimento di rabbia e scontro diffusi. Per uscire da tali dinamiche la comunità si unisce contro una vittima sacrificale, un capro espiatorio che la purificherà e che una volta immolato sarà investito di sacralità . Edipo è un esempio emblematico di tale dinamica. Il sacrificio, l’espulsione dalla comunità , avviene dopo un lungo e sofferto itinerario di conoscenza. Un itinerario che nella messinscena si svolge quasi fra sonno e veglia del protagonista, con il Coro che funge da ponte fra queste due dimensioni, un coro tutto maschile che fa da eco e moderno, incisivo commento.”Edipo – spiega Branciaroli – è l’eroe tragico che non sa chi è: tutto gli casca addosso perché tutto è già avvenuto. Questa conoscenza di sé avviene attraverso il dolore. Infatti appena lui conosce diventa cieco: la cecità , come il dolore, nella cultura greca è strettamente legata alla conoscenza”. L’intero spettacolo fonda infatti la propria essenza sul concetto del “vedere”: un leitmotiv concettuale che diventa momento di un paradosso nella conclusione della tragedia (l’accecamento di Edipo) ma che ritorna costantemente durante l’intera messinscena anche sul piano delle immagini. La scena di Pier Paolo Bisleri cela e rivela personaggi dietro velati neri, una scatola, uno spazio quasi mentale in cui Edipo è rinchiuso, le luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio, chiarezza e mistero. Completano l’allestimento i costumi di Stefano Nicolao e le musiche di Germano Mazzocchetti.
«In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo l’incombere», commenta Antonio Calenda, «è stato emblematico rielaborare il percorso dal buio verso la chiarezza compiuto da Edipo: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi, collettivo….In questo Edipo Re, abbiamo voluto tratteggiare il protagonista evocando echi di teoremi freudiani, un viaggio fra le ombre e l’ignoto della psiche: perciò nella nostra visione, in Edipo si condensano, quasi come in momenti di trance, più personaggi della tragedia – Edipo, Tiresia, Giocasta – a dimostrare che nella sua carne si convogliano tutte le radici della colpa. Le radici dell’incesto, del parricidio: canoni del senso di colpa che segnano la civiltà occidentale, su cui si è lavorato soprattutto nel Novecento, da Freud a Lacan, attraverso Guattari, Deleuze, per arrivare a René Girard un filosofo contemporaneo che ha donato forti induzioni alla nostra interpretazione»
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