Ricostruzione. Forum cittadino. Perché non viene organizzato?
L’Aquila- (di Giampaolo Ceci) – Deve esser ben chiaro a tutti che sono gli Aquilani al volante della ricostruzione della loro città. Possono decidere di costruire una moderna città super tecnologica o un’altra coerente con la sua evoluzione naturale, storture incluse. Se vogliono possono perseguire i suggerimenti di Berlusconi e Brunetta che propongono una città internazionale della scienza dove si tengono, a cadenze ravvicinate, seminari di alto livello e incontri tra gli scienziati di tutto il mondo o un’altra qualsiasi soluzione coerente con la cultura locale, purché condivisa.
Possono anche decidere di lasciare che le cose vadano senza progetto o vincolare ogni pietra al “come era” e “dove era”: loro il territorio, loro le scelte, loro le responsabilità.
In questo contesto l’azione del governo di costruire villaggi attorno alla città avrebbe dovuto certamente essere più partecipata e non imposta, forse non c’era il tempo, forse è mancata la volontà.
Oggi non ci resta che prendere atto che i villaggi C.A.S.E. fanno parte del problema dello sviluppo cittadino.
In questo contesto è fondamentale il ruolo della politica perché dalla corretta analisi delle potenzialità dei territori e da quelle dei problemi sorti col sisma dipende l’individuazione delle soluzioni migliori.
Nasce il problema di stabilire come raccogliere le informazioni sulle esigenze delle popolazioni per poi portare a sintesi un disegno di prospettiva che ne soddisfi il maggior numero.
Fare calare progetti di sviluppo del territorio dall’alto come col progetto C.A.S.E. o coinvolgere anche le popolazioni in un ruolo attivo e partecipativo? Fare partecipare ai progetti solo i sindaci e i super esperti o anche i nuclei rappresentativi dei vari interessi presenti sul territorio?
Non mi pare che fino ad oggi queste forze rappresentative locali siano state coinvolte abbastanza, sebbene si tratti del futuro dei cittadini che rappresentano.
Sembra quasi che i politici locali abbiano timore di confrontarsi con la società civile per qualche inspiegabile ragione. Invece é un rischio che si deve correre.
Forse si litigherà, ma così va la democrazia. Così si comporta una popolazione unita e matura.
Dopo 18 mesi dal sisma, bisogna prendere atto che è il confronto delle istituzioni coi cittadini poteva essere più stretto se non addirittura istituzionalizzato.
Questo grave errore politico ha generato inutili e sterili contrapposizioni ideologiche, ha scavato solchi e barriere che hanno fatto perdere di vista il bene comune.
Oggi se la ricostruzione abruzzese si caratterizza per la sua disorganizzazione, l’inconcludenza, il vittimismo, la polemica e la lamentela senza proposta, l’incapacità di guardare lontano (con le dovute eccezioni naturalmente) , se manca la unità di intenti e la forte coesione sociale degli aquilani che si manifesta solitamente nelle avversità che colpiscono tutti, lo si deve probabilmente al mancato coinvolgimento della gente e delle sue strutture rappresentative sul territorio che hanno impedito che si sentissero tutti partecipi e coinvolti.
Sarebbe il caso di recuperare il tempo perduto e ricostruire il collegamento con la società civile e i suoi organismi rappresentativi.
Se non lo faranno le forze politiche, forse sarebbe necessario che ancora una volta l’iniziativa partisse dal basso.
È urgente, a mio avviso, organizzare un forum cittadino di un paio di giorni per dare modo a tutti, ma proprio a tutti coloro che vogliano prendervi parte (associazioni di categoria datoriali, artigiane, professionali, sindacali, sportive, culturali e religiose) di esporre critiche e proposte e che consenta quel confronto approfondito sull’attuale situazione che fino ad oggi è mancato.
I politici (di governo e di opposizione) saranno finalmente messi in condizione di ascoltare direttamente e pubblicamente le istanze delle persone che hanno l’onere di governare e quindi di prendere le decisioni partecipate che servono, senza farle calare dall’alto come grazia ricevuta.
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