L’opinione – Berlusconi e i suoi diritti


(di Carlo Di Stanislao) – Sul lodo Alfano e la reiteribilità dello scudo si gioca la partita fra Pdl e “futuristi”, mentre è in corso un incontro fra la presidente Bongiorno e il capogruppo al Senato Viespoli, per definire l’emendamento che sarà presentato domani. Nell’annunciarlo il senatore Maurizio Saia, ha spiegato che la lettera di Napolitano “ha dato modo di aprire un dibattito e creare un clima diverso” nonostante l’avvicinamento delle posizioni tra Pdl e Fli”. La lettera, di ieri, esprimeva molte perplessità sull’estensione del Lodo Alfano al capo dello Stato, spiegava inoltre l’intenzione di Naplitano a “ rimanere estraneo nel corso dell’esame al merito di decisioni delle Camere, specialmente allorché, come in questo caso, riguardino proposte d’iniziativa parlamentare e di natura costituzionale. Non posso peraltro fare a meno di rilevare che la decisione assunta dalla commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del presidente della Repubblica riducendone l’indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni”. Infatti, spiegava Napolitano nella sua lettera al senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, “tale decisione, che contrasta con la normativa vigente risultante dall’articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale, appare viziata da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al Parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del Presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90″. Berlusconi aveva prontamente replicato, affermando: “”Non cambia nulla con l’intervento del Presidente della Repubblica. A questo punto, chiederò che quella legge costituzionale venga ritirata”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. in un’intervista al Corriere della Sera. “Il lodo Alfano porta con sè un meccanismo farraginoso per l’approvazione – ha aggiunto – e in questo modo serve soltanto a dare fiato alle polemiche strumentali dell’opposizione”. Confermando quanto detto in una intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung, Berlusconi sottolinea: “Non ho mai reclamato alcuna forma di tutela. Il mio partito ha presentato un disegno di legge in base al quale durante il mandato vengono sospesi i processi contro il Capo dello Stato e il Presidente del Consiglio. Anche i termini di prescrizione vengono sospesi durante il mandato. Una legge del genere esiste in molti Paesi”. Cerca di smorzare i toni oggi Viespoli, mentre l’opposizione, cavalca l’onda delle perplessità per chiedere al centrodestra di ritirare il lodo Alfano costituzionale. Se ci fosse pari impegno in altri campi, molti dei problemi del Pasese sarebbe in via di risoluzione. Dopo la decisione di ieri della commissione Affari costituzionali del Senato di riaprire i termini per la presentazione degli emendamenti al lodo Alfano, stamani il presidente della commissione, Carlo Vizzini, si era detto ottimista sulla possibilità di trovare un’intesa: “Non so a che punto sia concretamente la trattativa tra Pdl e finiani, ma so che il ministro della Giustizia ha detto ieri che pensa ragionevolmente che non è sui temi della giustizia che ci possa essere una rottura”. Ottimismo non condiviso da molti, a partire da una parte dei finiani, a cui il lodo proprio non piace. “Non può essere un provvedimento ad personam e non può essere un provvedimento che assicura un’assoluta intangibilità. Su questo tema bisogna che ci sia senso di responsabilità da parte di tutti, perché c’è il serio e concreto rischio della crisi di governo”. Così si è espresso ai microfoni di CNRmedia Fabio Granata, deputato di Fli. E d’accordo sembra anche Carmelo Briguglio: “Il lodo Alfano è ormai il luogo simbolico dell’impunità perché troppo legato a una fattispecie concreta che sono i processi di Berlusconi. Per questo Fli non deve votarlo”. Stamattina Granata e Briguglio aveva espresso un secco no”. Poi è arrivata l’apertura, come spesso capita nella politica politicante. Il deputato di Fli, Nino Lo Presti, ha annunciato così, al termine di un pranzo nell’ufficio di Italo Bocchino, la decisione del gruppo finiano sul fronte dello scudo giudiziario per il premier ed il capo dello Stato. “Senza la norma che renderebbe lo scudo utilizzabile più volte, siamo pronti a votarlo. Del resto avevamo già votato in questo senso la volta precedente”. Presi nel vortice di questa questione, nessuno bada a quanto riporta La Repubblica, secondo cui, da oggi i capi d’istituto dovranno stare attenti a esprimere la propria opinione in pubblico o sui media. Se infatti le loro dichiarazioni dovessero essere considerate lesive dell’immagine dell’amministrazione potrebbe scattare la “sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino a un massimo di tre mesi”. Il codice Brunetta (“Comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”), recepito anche per i presidi, non ammette dichiarazioni pubbliche che vadano a “detrimento dell’immagine della pubblica amministrazione”. Criticare pubblicamente la riforma Gelmini può costare ai dirigenti scolastici fino a tre mesi di stipendio. E alzare la voce nei confronti di un genitore una multa, fino a 350 euro. Stessa sanzione, da 150 a 350 euro di multa, per i capi d’istituto che andassero in giro senza cartellino di riconoscimento o che non avessero provveduto ad apporre una targa con nome e cognome davanti alla porta della propria stanza. Davvero Berlusconi ha cambiato la politica e, in vario modo, sempre fatto sì che non ci occupasse dei veri problemi, ma dei suoi di problemi, oppure della “narrazione mediatica” di come si risolvono gli altri. Ha ragione Beppe Servignini che oggi sul Corriere afferma che spiegare Silvio Berlusconi agli italiani è una perdita di tempo. Ciascuno di noi ha un’idea, raffinata in anni di indulgenza o idiosincrasia, e non la cambierà. Ogni italiano si ritiene depositario dell’interpretazione autentica: discuterla è inutile. Berlusconi ha applicato, di fatto, la tesi, sostenuta da Amedeo Nigra, cinquantenne, avvocato milanese collaboratore del Giornale, nel libro, del 2009, “L’uovo di Berlusconi” ed entrambi sostengono che occorre applicare allo Stato la pubblicità e il marketing, cioè gli strumenti che hanno consentito al “metodo d’impresa”di affermarsi come il sistema più efficace nella creazione di ricchezza”. In realtà la ricchezza il suo modo di fare l’ha prodotta per se e pochi altri e, inoltre, da quando è sceso in politica, come quando era imprenditore, ha agito solo per suo (torna)conto. Pensiamo alla cosiddetta legge sul conflitto di interessi, la legge 20 luglio 2004, n. 215, che di fatto ha reso legale il conflitto di interessi che di per sé è illegale. Pensate che se in una società commerciale un amministratore delibera in situazione di conflitto di interesse è passibile di essere penalmente giudicato e colpito. Abbiamo, invece, un Presidente del Consiglio che è in pieno e costante conflitto di interesse, come dimostrano tutte le leggi a cui abbiamo assistito in questi anni. Eppure – e nonostante questo – il conflitto di interessi, secondo questa legge, non esiste. Questo vuol dire che il conflitto di interessi da illegittimo è diventato legittimo, da illegale è diventato legale. Ed il comportamento è ancora più palese ed eclatante, per il lodo Alfano. Chiunque, in questa occasione o in altre, volesse riflettere sul comportamento palese del premier, non riuscirebbe a capacitarsi del fatto che non si possa fare nulla, di fronte al reiterato, palese tentativo, per altro in diversi casi riuscito, di smantellamento dei principi costituzionali e del corretto vivere civile. Che dire poi della presunzione nella reiterata affermazione del “diritto” a governare, come se fosse una vincita alla lotteria di stato, quando governare è semmai un “dovere”, che va espletato in costante difesa della’interesse generale ed in particolare delle classi sociali più deboli e comunque finché i cittadini lo vogliono. Sarebbe aberrante e disastrosa, come, in effetti, in molti casi lo è, l’applicazione del principio per cui il governo, ancorché scaturito da una forte maggioranza, possa fare ciò che vuole, a dispetto dei principi costituzionali e delle regole comportamentali di un corretto vivere civile. Ma, nonostante tutto, ancora il leader e lui e se non si risolvono i suoi di problemi, non si passerà mai ad esaminare quelli di uno Stato agonizzante. Scrive oggi nel suo sito AgoràVox, che chiunque creda nei principi della democrazia e, con obiettività ed onestà intellettuale, ripercorra questi ultimi venti anni di vita politica italiana non può non può non provare orrore e stupore di fronte ai successi elettorali di un personaggio come Berlusconi e della sua coalizione, vincente nel 1994, nel 2001 e nel 2008 e che tuttora viene considerato favorito, a leggere i sondaggi più diffusi (ai quali personalmente, detto per inciso, non credo), in caso di nuove elezioni. Lo stesso slogan del governo del fare, una volta squarciato il velo della propaganda mediatica, si rivela alla prova dei fatti (si veda on line: http://www.repubblica.it/politica/2010/09/27/news/diamanti_governo-7463583/) niente più che una favola che non va mai oltre la politica degli annunci e che trova clamorose smentite nei dati dell’economia reale e nelle risposte alla crisi, nella ricostruzione in Abruzzo e nella gestione dei rifiuti in Campania, nella mancata realizzazione e nel mancato completamento delle opere pubbliche promesse. Eppure è ancora lui in testa nei sondaggi. Questo perché, evidentemente, screditare i magistrati, proporre piani di edilizia fai da te, stigmatizzare le tasse come furto a danno dei cittadini, togliere strumenti e risorse necessarie per funzionare ai fondamentali settori dello Stato (scuola, sanità, giustizia, forse di sicurezza, polizia tributaria), ipotizzare l’alleggerimento delle norme in materia di sicurezza e di diritti del lavoro anche se raramente si traduce in veri e propri provvedimenti legislativi; diventa in qualche modo il via libera a tutti coloro che considerano la legge e le regole della convivenza civile un ingiusto impaccio alle proprie aspirazioni e pretese. E questi, davvero, nella nostra società di oggi sono tanti se prendiamo alcuni “segnalatori” sociali, come l’evasione fiscale (200 miliardi di Euro), dell’evasione fiscale (200 miliardi di euro), la corruzione ( stimata in 70 miliardi), il fatturato della criminalità organizzata (120 miliardi, circa). Il nocciolo della politica berlusconiana non è dunque il fare ma al contrario proprio il non fare, le è sufficiente per raccogliere il consenso creare le condizioni culturali e rendere le strutture pubbliche impotenti per favorire un feroce laissez faire e questo, evidentemente, alla maggioranza degli elettori va bene.


27 Ottobre 2010

Categoria : Dai Lettori
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