L’opinione – Indennizzi, un bene o un male?


(di Giampaolo Ceci) – Pare che lo Stato” indennizzerà” gli Abruzzesi per i danni subiti dal sisma. Molti si sono rallegrati. Ma riflettiamoci assieme. Non sarà che inconsapevolmente ci stiamo dando la zappa sui piedi? La questione se le sovvenzioni statali si debbano considerare “contributi” o “indennizzi” dibattuta in questo periodo, in effetti, è un falso problema.
La questione vera è se il regime giuridico che deve essere applicato per la ricostruzione delle zone terremotate sia quello privatistico, che lascia libere le parti di stabilire le pattuizioni mediante contratti, o quello più rigido previste dal codice degli appalti che invece impone una serie di regole per garantire trasparenze e la regolarità durante tutte le fasi della realizzazione di un’opera pubblica o costruita con prevalenza di risorse pubbliche.
Il dubbio fu sollevato da questo sito già qualche mesi fa (vedi nella rubrica OPINIONI).
Allora, infatti si stavano appaltando, da parte degli amministratori dei condomini, le opere degli edifici classificati a, b, c, d.
Già allora il problema era emerso perché se era vero che si trattava di opere private e non pubbliche era anche vero che i soldi erano certamente pubblici.
Il dubbio, nonostante la nostra denuncia, non fu chiarito (come altre nostre denunce per la verità) salvo riapparire quando l’indeterminatezza giuridica correva il rischio di fermare l’intera ricostruzione.
Inevitabile, quindi cercare di “tamponare” l’inerzia iniziale per evitare un caos di ricorsi e richieste risarcitorie da parte delle imprese che avevano già firmato i contratti e non avrebbero gradito certo l’instaurazione di una legge che invece li rimetteva in discussione, perché imponeva procedure diverse di affidamento.
Insomma, uno dei tanti pastrocchi che stanno caratterizzando la martoriata ricostruzione Abruzzese.
Nonostante autorevoli interventi di competenti giuristi, la questione è stata posta su un piano più “politico”.
Si è detto: è giusto o no che i proprietari non possano affidare i lavori di ristrutturazione delle loro case ad imprese e professionisti di loro fiducia? Evidentemente no e quindi, seppure si tratti di soldi pubblici, bisogna consentire loro questa facoltà.
Un escamotage poteva essere quello di considerare i soldi elargiti come “indennizzi”. In questo caso, infatti, non trattandosi di ”contributi” per ricostruire gli edifici lesionati non c’era bisogno di scomodare una legge che regolamentava la costruzione di edifici fruenti di “contributi” pubblici.
In altri termini: lo Stato non conferiva contributi finalizzati alla ricostruzione degli edifici (che avrebbe potuto richiedere l’applicazione del testo unico sugli appalti) ma una somma di denaro a titolo di rimborso del danno subito, con cui l’indennizzato poteva farci quello che voleva.
L’indennizzo quindi appartiene all’indennizzato e se decidesse di ricostruirsi casa potrebbe scegliersi, la imprese e i progettisti col criterio che gli pare e se spendesse meno dell’indennizzo ricevuto, meglio per lui e perché la ricostruzione della sua casa viene fatta coi soldi suoi, seppure provenienti dall’indennizzo.
Sono soldi “privati”, il regime giuridico è certamente quello privatistico.
Questa impostazione però apre problemi nuovi e, a mio parere, più gravi.
Infatti, se lo Stato indennizza i proprietari come ne determina l’importo? Evidentemente stabilendo il valore della perdita patrimoniale dell’immobile danneggiato dal sisma, visto che “l’indennizzo” per sua stessa definizione è la “refusione del danno subito”.
Come si stabilirà l’entità del danno? Non certo valutando i lavori da fare per riportare l’immobile “a nuovo”, perché questo determinerebbe un illecito arricchimento per gli edifici vecchi rispetto a quelli novi.
È evidente che se distruggiamo un’auto vecchia, l’assicurazione non ce la risarcisce al prezzo di una nuova!
Un secondo problema: “Rifondere il danno” non significa contribuire a rendere più sicuri gli edifici lesionati.
Non dimentichiamoci che il Cratere resta una zona altamente sismica. Non bisognerà solo riparare i danni subiti, ma quantomeno consolidare le strutture perché non si lesionino al prossimo sisma, se non addirittura cogliere la palla al balzo per migliorare anche il confort interno delle abitazioni e perché no, visto che ci siamo, anche eliminare storture architettoniche e urbanistiche presenti nella città.
Queste sono “migliorie” che nulla hanno a che fare con il “risarcimento del danno subito”e quindi con gli “indennizzi”.
La strada maestra, ancora una volta sarebbe il buonsenso, che però pare smarrito da queste parti.
A nostro avviso, bisogna fare ciò che andiamo dicendo inascoltati da alcuni mesi (vedi le proposte operative sulla rubrica OPINIONI di questo sito) purtroppo non approfondite da alcuna forza politica.
Bisogna fare un corpus giuridico nuovo adatto a disciplinare i problemi specifici dei territori terremotati.
Fuori dai centri storici il guaio è stato fatto, si opererà in regime di deregulation, pazienza, ma nel centro storico no! Almeno per quello siamo ancora in grado di agire.
Facciamo una legge o una semplice ordinanza che disciplini mediante dei regolamenti specifici le varie fasi della costruzione: dagli affidamenti, ai controlli sull’eseguito, alle procedure di pagamento, ai collaudi….
Affidiamo maggiori poteri al commissario e alla commissione interdisciplinare di esperti nazionali magari aprendola a contributi locali, affinché possa decidere SEDUTA STANTE sulla valenza architettonica, funzionale ed urbanistica dei progetti degli aggregati, senza attivare gli iter delle attuali leggi che sono incompatibili con la velocità decisionale che la situazione contingente richiede. Accettiamo qualche rischio, non tutti sono dei disonesti venduti.
E’ un gravissimo errore “politico” decidere di curare un malato chiamando un sarto o un amico fidato, perché la decisione comporta una grave responsabilità personale se il malato morisse!
Per progettare i criteri organizzativi di una ricostruzione veloce e modernamente concepita ci vuole un politico intelligente e lungimirante e poi dei dirigenti onesti che abbiano esperienza, competenze e capacitò di comando comprovata dalla loro attività precedente. Meglio se provenienti dal settore privato perché non legati a partiti politici o a congreghe di palazzo.
Ci sono?


03 Ottobre 2010

Categoria : Dai Lettori
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