“Se stanno bene i parchi, sta bene la Terra, sta bene anche l’uomo…”
L’Aquila – Da Federico Carnevale (nella foto) riceviamo e volentieri pubblichiamo: “Egregio Direttore, sulla cronaca del vostro giornale on-line “inabruzzo” ( www.inabruzzo.com ) in data 27 settembre 2010 leggo alcune notizie che mi riguardano in qualità di Commissario Straordinario dell’Ente Regionale Parco Naturale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi.
L’articolo in questione in realtà ospita le dichiarazioni del Signor Dino Rossi (Cospa Abruzzo) che riferisce in merito ad una manifestazione che si è svolta nel Comune di Monte San Biagio il 26 settembre contro la nascita del nuovo parco, un’area protetta istituita da poco, dopo ampio dibattito e consultazioni con gli Enti locali, con L.R. n. 21/2008 e che ho l’onore di presiedere dal 10 agosto 2010.
Prima di entrare nel merito delle valutazioni espresse sul ruolo svolto dalle aree protette, vorrei sottolineare un’affermazione gratuita di dubbio gusto sul mio conto: il Signor Dino Rossi, che non ho mai avuto occasione di conoscere, afferma “ Nel corso della manifestazione non si sono visti nè la Polverini e neanche l’attuale vicesindaco del Comune di Monte San Biagio, il Signor Carnevale Federico, il cui nome è tutto un programma, pur avendo avuto i consensi dai comitati No Parco”.
Tralascio di esprimere valutazioni sul modo a dir poco irriverente, offensivo ed estremamente banale di associare ad un cognome -tra l’altro diffusissimo nell’area pontina, così come è diffusissimo in Italia il cognome Rossi- i programmi relativi ad un mio ruolo istituzionale che deriva da lunghi anni di impegno personale nel mondo del lavoro e nel settore politico e sociale, un impegno svolto per dare risposte alle esigenze della collettività.
Per il resto sottolineo due inesattezze che mettono in evidenza con quale superficialità siano state raccolte le informazioni riferite nell’articolo dal Signor Rossi:
- non ricopro più il ruolo di Vicesindaco del Comune di Monte San Biagio: mi sono dimesso prima di assumere il ruolo di Commissario del Parco;
- per assumere il ruolo di Commissario del Parco non ho certamente richiesto né tantomeno acquisito il consenso del Comitato “No Parco” (non esistono, tra l’altro, “comitati” ma un solo comitato che persegue l’obiettivo di abrogare la legge regionale istitutiva del Parco), anche perché il mio Comune è stato il primo che fin dal 2004 ha sollecitato la creazione del Parco degli Ausoni.
In merito alle altre affermazioni sul ruolo dei Parchi, è veramente difficile controbattere a tante inesattezze riportate nell’articolo e sintetizzare i motivi sulla base dei quali sono stati istituiti nel mondo, in Italia e nel Lazio le aree protette.
Il primo parco nazionale del mondo è stato istituito negli Stati Uniti d’America nel 1872, Yellowstone, e dopo questa prima straordinaria esperienza, nel continente americano, in Europa, in Africa, in Australia, in India e in tanti altri paesi del mondo la tutela dell’ambiente è stata perseguita ampiamente attraverso l’istituzione di centinaia di aree protette, che attualmente costituiscono un patrimonio di natura di straordinario valore naturalistico, storico e culturale, un patrimonio di tutta l’umanità.
E nel frattempo il mondo sta cambiando, più rapidamente di quanto immaginiamo: non lo scopro certamente io che la natura e le sue risorse in tutto il mondo sono in serio pericolo; non lo scopro io che centinaia di milioni di turisti ogni anno si spostano, da un continente all’altro, per scoprire gli straordinari paesaggi e le risorse geologiche, vegetazionali, faunistiche, archeologiche e culturali presenti nelle aree protette, che altrove sono state irrimediabilmente consumate; non credo di essere il solo a constatare, con cadenze temporali sempre più ravvicinate, che il clima impazzito, i dissesti, le frane, in altre parole tutte le tragedie collegate ad una gestione dissennata del territorio sono diventate angosciosa quotidianità, soprattutto nel nostro paese.
Ma parliamo dei nostri parchi: le risorse geologiche, vegetazionali, faunistiche, ma anche le altre risorse, quelle archeologiche, storiche e culturali, trovano nelle nostre aree protette la possibilità di avere un futuro, grazie all’opportunità di gestirle in modo duraturo. Ed è proprio questo concetto che caratterizza la storia recente dei parchi, anche in relazione al dibattito internazionale che nel 1981 -praticamente circa cento anni dopo l’istituzione del Parco di Yellowstone- ha prodotto il documento, ancora oggi estremamente attuale, “Una strategia mondiale per la conservazione delle risorse naturali viventi per uno sviluppo razionale e duraturo”, un documento elaborato dall’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), con la consulenza dell’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) e del WWF internazionale, in collaborazione con la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite) e l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura).
Il documento rappresenta un programma politico generale mirante a soddisfare gli sforzi di conservazione nel contesto di uno sviluppo mondiale.
La Strategia, rivolgendosi ad ogni livello di autorità che abbia responsabilità rilevanti in merito alla pianificazione ed alla gestione delle risorse viventi, ai conservazionisti e ai pianificatori, inclusi gli enti di sviluppo, l’industria e il commercio:
- spiega in che modo la conservazione delle risorse viventi contribuisce alla sopravvivenza umana e ad uno sviluppo duraturo e razionale;
- identifica i problemi prioritari relativi alla conservazione ed i mezzi principali per poterli affrontare;
- propone efficaci metodologie per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia.
Sono questi anche i principi in base ai quali sono stati istituiti i nuovi Parchi Nazionali italiani (L.394/1991) ed è stato creato il Sistema Regionale dei Parchi del Lazio attraverso la L.R. 29/1997 “Norme in materia di aree naturali protette regionali ”, una legge che persegue l’obiettivo della conservazione delle risorse naturali e contestualmente quello dello sviluppo sostenibile, attraverso una serie di principi generali tra i quali:
o garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del suo patrimonio naturale… assieme agli elementi antropici ad esse connessi nella loro dinamica interazione;
o promuovere su tutto il proprio territorio, ed in particolare all’interno del sistema delle aree protette, politiche volte al consolidamento di forme di sviluppo economico rispettose dei valori storici ed ambientali e legate ad una concezione di sostenibilità;
o applicare metodi di gestione e di restauro ambientale allo scopo di favorire l’integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;
o promuovere attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;
o valorizzare le risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza economica, educativa delle aree protette.
o promuovere la valorizzazione e la sperimentazione delle attività produttive compatibili con l’esigenza di tutela dell’ambiente e che favoriscono nuove forme di occupazione. A tal fine si incentiva la più ampia partecipazione degli enti locali e delle forze sociali presenti nel territorio al fine di conseguire forme di sviluppo economico e di ricerca di nuove opportunità lavorative compatibili.
Sicuramente quelli enunciati dalla Legge della Regione Lazio n.29/1997 sono obiettivi estremamente ambiziosi. Ma un’area protetta, per tutte le motivazioni che ho espresso precedentemente, deve assumere, oggi più di prima, la piena consapevolezza del suo ruolo, assumendosi responsabilità da condividere soprattutto con la Comunità del Parco (l’insieme dei Comuni, delle Comunità Montane e delle Province il cui territorio di competenza ricade all’interno del perimetro del Parco).
Per inciso in questi giorni ho predisposto il Bilancio di previsione 2011-2013 del Parco e nella Relazione allegata al Bilancio ho ritenuto opportuno inserire, dopo aver contattato tutti i Sindaci dei dieci comuni del Parco, alcuni interventi “condivisi” per la valorizzazione del territorio che abbiamo la fortuna di “condividere”, un territorio straordinario, ricchissimo di risorse naturali, storiche e culturali, che invito i lettori a visitare.
Nove dei dieci comuni hanno risposto subito e positivamente a questa iniziativa e pertanto questi interventi, sommandosi a quelli proposti dall’Ente Parco, costituiscono una prima importante dotazione di “azioni” (ben 50 interventi, ciascuno dei quali articolati in programmi, progetti, ecc.. diretti anche a valorizzare i prodotti del territorio, ad incentivare le attività agro-silvo-pastorali e tradizionali, a promuovere nuove forme di turismo e nuova occupazione), un programma strategico di iniziative che certamente non esaurisce la gamma di attività che un parco può svolgere sul territorio, ma che comunque consentirà nei prossimi anni di lavorare per perseguire gli obiettivi di conservazione delle risorse naturali e contestualmente gli obiettivi dello sviluppo sostenibile indicati per legge.
E gli agricoltori non hanno niente da temere dal Parco, e non hanno niente da temere nemmeno gli allevatori: la legge istitutiva delle aree protette del Lazio, come ricordato precedentemente, “favorisce l’integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali.
Dovrei fare ancora molte considerazioni in merito ad altre affermazioni inesatte riportate sull’articolo: si parla di terreni degli agricoltori vincolati, di problematiche legate alla fauna selvatica, di parchi-serbatoio di animali strani. Ogni affermazione andrebbe puntualmente analizzata e poi chiarita per far capire che parco oggi non vuol dire “museo di storia naturale” ma gestione razionale e duratura delle risorse naturali e quindi progetti, programmi, iniziative comunque compatibili con la conservazione e tutela della biodiversità.
Ma un’altra riflessione la voglio esprimere: con l’istituzione di un Parco Naturale Regionale come quello dei Monti Ausoni e del Lago di Fondi scattano le misure di salvaguardia che sono realmente restrittive: i vincoli sono tanti, ma sono tante anche le attività, soprattutto quelle tradizionali, che sono possibili: ad esempio, tra le altre cose, sono consentiti:
- le attività agricole;
- interventi strutturali previsti dai piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti;
- gli interventi di imboschimento
- gli interventi di utilizzazione dei boschi e dei beni silvo-pastorali, che possono essere realizzati purché non siano in contrasto con le finalità di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione degli stessi, nonché il recupero ed il restauro ambientale di quelli degradati.
Ma le misure di salvaguardia sono comunque temporanee, in attesa di redigere e approvare il Piano del Parco, di cui tra l’altro è stato già richiesto il finanziamento, e che tra le altre cose prevede:
- la perimetrazione definitiva dell’area naturale protetta (attraverso la quale, a seguito di specifici studi e ricerche, sarà possibile escludere delle aree o inserire nuove zone se ritenute importanti dal punto di vista naturalistico;
- i sistemi di attrezzature e servizi per la funzione sociale dell’area naturale protetta, quali: musei, centri di visita, uffici informativi, aree di campeggio e attività agrituristiche;
- gli indirizzi ed i criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna, sui paesaggi e sui beni naturali e culturali in genere;
- l’organizzazione generale del territorio e la sua articolazione in zone caratterizzate da forme differenziate di tutela, godimento ed uso, tra le quali:
o zone di protezione, nella quale, in armonia con le finalità istitutive dell’area naturale protetta e in conformità ai criteri fissati dall’ente di gestione con il regolamento, continuano, secondo gli usi tradizionali o secondo metodi di agricoltura biologica e/o compatibile, le attività agro-silvo-pastorali, la raccolta di prodotti naturali, incoraggiando anche la produzione artigianale di qualità e l’attività agrituristica;
o zone di promozione economica e sociale, da individuare nelle aree più estesamente modificate da processi di antropizzazione, nella quale le iniziative previste dal “Programma pluriennale di promozione economica e sociale del Parco” (un altro strumento di pianificazione che prevederà una serie di azioni finalizzate alla valorizzazione del territorio e delle sue risorse) possono svilupparsi in armonia con le finalità di tutela dell’area, per migliorare la vita sociale e culturale delle collettività locali ed il godimento dell’area stessa da parte dei visitatori.
Ho ricordato il “Programma pluriennale di promozione economica e sociale del Parco” che ad esempio prevede incentivi e opportunità di sviluppo per favorire il settore agro-silvo-pastorale e tutte le attività tradizionali ancora presenti sul territorio, nonché la valorizzazione dei prodotti tradizionali.
In attesa del Piano nella relazione al bilancio queste cose le ho già proposte, attraverso alcune iniziative concrete a favore degli agricoltori, degli allevatori, dei pescatori del Lago di Fondi, del turismo.
E anche chi svolge attività venatoria dopo qualche anno potrà acquisire i vantaggi dall’esistenza delle aree protette che non avranno mai recinzioni o altri meccanismi tali da impedire alla fauna di spostarsi al di fuori del perimetro dell’area. Il parco, dunque, anche come grande serbatoio di nuova vita che poi, per motivazioni strettamente biologiche legate alla disponibilità di risorse alimentari e di spazi, si muove, si sposta, cerca nuove zone dove vivere e riprodursi.
Non credo, quindi che i parchi facciano male a chi vive sul territorio, a meno che non si sia convinti, in questo mondo sempre più malato, che respirare aria e acqua pulita, o avere ancora la possibilità di vivere a contatto con boschi integri, paesaggi straordinari e tanta biodiversità sia uno scenario incompatibile con la sopravvivenza dell’uomo moderno, sia cioè incompatibile anche con uno sviluppo diverso, più legato ad una utilizzazione razionale e duratura delle risorse naturali, senza consumarle irrimediabilmente e con voracità, a scapito delle future generazioni.
E quindi, per parafrasare il titolo dell’articolo riportato in cronaca il 27 settembre 2010 su “Inabruzzo” si può ancora fare un’ultima e conclusiva riflessione: Se stanno bene i Parchi, sta bene la Terra, sta bene l’uomo…
Ringraziando per la cortese ospitalità Le invio i miei migliori auguri di buon lavoro”.
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