L’opinione – A scuola di guerra
(di Carlo Di Stanislao) – Si chiama “Allenati per la vita” ed è un percorso didattico che verrà proposto negli istituti superiori della Lombardia a tutti quegli studenti che vorranno spontaneamente approfondire la conoscenza delle arti militari e acquisire le tecniche di sopravvivenza. Dalla teoria alla pratica, gli allievi potranno cimentarsi nello studio del diritto costituzionale e della “cultura militare”, senza tralasciare la parte più “muscolare” del corso che prevede l’utilizzo delle armi, la sopravvivenza in ambienti ostili, il tiro con l’arco, la sperimentazione di tecniche di arrampicata e tanto altro ancora. In questo modo i Ministri La Russa e Gelmini tireranno fuori dalla suola della’obbligo dei novelli “Rambo”, semianalfabeti ma da impiegare come milizie armate, ad ogni occorrenza. Alla base della “militaresca” iniziativa, la volontà di spronare i giovani alle attività di squadra al fine di cementare “sodalizi” duraturi in grado di accrescere il senso di appartenenza. Non solo, per gli ideatori del progetto, “Allenati per la vita” potrebbe rappresentare anche l’antidoto ideale per fronteggiare fenomeni preoccupanti come quello del bullismo. Preoccupati si dicono in molti e fra questi Famiglia Cristiana che ha fortemente stigmatizzato l’iniziativa, ponendo molti validi interrogativi a cui ha cercato di rispondere uno dei responsabili del progetto il tenente Paolo Montali, che ha assicurato che nel progetto non vi è la voglia di militarizzare i ragazzi, ma piuttosto ad insegnare a fare le cose assieme. Ci chiediamo cosa si può fare assieme con armi da fuoco ed archi. Certamente ai miei tempi si socializzava in altro modo e con bel altri esercizi e se è vero che la scuola è lo specchio dei tempi, preferisco davvero l’epoca antica in cui l’ho frequentata. Piero Calamandrei, in un suo celeberrimo discorso, aveva prefigurato che il ritorno di una dittatura nel nostro Paese non avverrà con i carri armati per le strade ma distruggendo la scuola pubblica. Ci sentiamo amareggiati come il senatore del Pd Marco Perduca, che dichiara su NewsNotizi.it: “Negli ultimi anni – ha detto – per via dei tagli indiscriminati a scuola sono diminuite le ore di insegnamento dell’italiano, si ciancia di rendere obbligatorio l’inglese anche per l’apprendimento di altre materie, mentre le ore di scienze son ridotte all’osso, oggi invece – ha continuato – si ritiene necessario far allenare gli studenti a dormire in ambienti ostili: probabilmente una legittima preoccupazione visto che i giovani italiani, se si continua così, si troveranno a dormire sotto i ponti – ha ironizzato Perduca – visto che non saranno competitivi sui mercati internazionali perché prodotti di una scuola che alla mens sana predilige il corpo militare“. La scuola deve chiedere collette ai genitori per pagare bidelli e carta igienica, perde 70.000 insegnati, ma guadagna un corso che addestri i giovani a fare a pugni per garantirsi una visibilità e la conservazione di un diritto. Vale la pena di riflettere sull’impietoso giudizio espresso dalla segreteria nazionale del Pdci-Federazione della sinistra, che intravede nella proposta Gelmini-La Russa un “rigurgito” di regime: “Ecco cosa significa un governo fascista – ha tuonato Orazio Licandro – La Russa e Gelmini hanno in mente i nuovi balilla o una nuova milizia nazionale? Distruggono la scuola pubblica, gettano sul lastrico gli insegnanti precari e le poche risorse disponibili – ha rincarato – le impiegano in progetti apertamente diseducativi e in contrasto aperto con la funzione riconosciuta dalla Costituzione alla scuola, fondata sui valori di pace, solidarietà e uguaglianza: l’esatto opposto dell’educazione all’aggressività e – ha concluso – alla violenza previste dal protocollo”. Insomma, dalle scuole nuove del duo Gelmini-La Rissa, ci aspettiamo tanti “figli della lupa”, “giovani italiani e pimpanti “balilla”, con lo schioppo in spalla, il colpo in canna e la zucca tutta vuota. Vorremmo che, a questo punto e con lo stato di cose che stiamo vivendo (disoccupazione, immondizia riemergente, scuola e sociale allo sbando), gli italiani si ponessero le stesse cruciali domande che Antonio Merlo si pone su Repubblica di oggi e su un suo recente libro, intitolato “Classe dirigente”. Qui il celebre docente della Pennsylvania University si pone alcune fondamentali domande, che inchiodano davvero ciascuno di noi. È normale, in questi tempi di vacche magre, che la Camera continui a costare un miliardo? Che il Senato abbia 11 palazzi più magazzini per un totale di 9 ettari e abbia assunto 35 nuovi commessi per rimpiazzare colleghi andati in pensione poco più che cinquantenni 15 anni dopo la riforma Dini? Che un presidente regionale guadagni fino a 175 mila euro netti contro una media dei governatori Usa di 88.523 lordi? Che i partiti ricevano fino a 300 milioni di rimborsi elettorali l’anno anche negli anni senza elezioni? Che si rastrellino voti distribuendo posti e consulenze e appalti messi in carico alla collettività? Che i costi dei voli blu siano segreti oggi inespugnabili? Ed è normale in una scuola in crisi di persanale e formazione pensare a istruire una futura Italia tutta muscoli e ringhiosità? Mi riguarderà due film di Louis Malles, “Lecombe Lucien” e “Arrivederci ragazzi”, per ricordare a me stesso come, spesso, la follia degli adulti rovini, a scuola e altrove, la vita degli adolescenti.
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