Corruzione (3) : affari e benefici per tutti
Pescara – (di Gianfranco Colacito) – POVERO ABRUZZO, TERRA DI SCANDALI – Il quadro corruttivo e affaristico che emerge, esaminando i vari dettagli che vengono rivelati come retroscena degli arresti e delle indagini su numerosi vip della politica, è sconvolgente, ma nello stesso tempo quasi ordinario della ormai travagliata vita politica abruzzese degli ultimi anni. Si tratta, è bene ripeterlo, di accuse della procura, quindi da dimostrare nei processi e da verificare nelle future sentenze. Ma è anche logico supporre che magistrati esperti, prudenti e bravi come Trifuoggi e il suo collaudato pool investigativo, e il gip (a lavoro da due anni su questa vicenda, peraltro) non agiscano senza robuste documentazioni e blindate testimonianze e prove.
Cosa viene fuori? Che una pletora di politici di rango (e forse di fango, a questo punto…) e di candidati politici (poi eletti e titolari di importanti poltrone) miravano ai capaci forzieri della Deco per attingere risorse e aspirare a benefici corposi e duraturi. L’affare dell’impianto teramano era sostanzioso, sufficiente per arricchire non solo chi lo avrebbe portato a compimento, ma anche numerosi altri sostenitori, fiancheggiatori, comprimari e politici capaci di garantire coperture e spianare strade difficoltose. Una ragnatela di interventi, di complicità , di protagonisti, tutti con un ruolo, tutti chiamati a svolgere una certa azione. Un formicaio ben oliato e operoso. In cambio di denaro, sostegni elettorali, versamernti a favore del partito e di chi si preparava a gestirlo nel ruoli di potere che sarebbero arrivati dal consenso elettorale. Un pentolone (non odoroso come quello del minestrone casalingo) di intese e complicità a vari livelli, tanto benefici ce ne sarebbero stati per tutti. I rifiuti sono un affarone, l’ambientalismo preme e strepita e occorre investire fiurmi di denaro per la salute dei cittadini.
Ruoli e interventi singoli, peraltro da verificare, hanno poca importanza. Uno non è peggio di un altro, perchè “pecunia non olet” dai tempi di Vespasiano. Il sistema, viceversa, appare corrotto, nauseante e inquinato assai più dell’ambiente, fino alla cima dei capelli di tanti insospettabili. Ed è questo che stimola sfiducia su tutti, in un calderone che non giova alla nostra povera, derelitta regione dei quaranta ladroni. O molti di più. Sempre augurandosi, come vuole il “political correct”, che ognuno possa dimostrare la propria innocenza. E senza crocifiggere nessuno prima del tempo.
Ma sarebbe davvero insolito che in tante inchieste, tanti arresti, tanti coinvolgimenti, i soli a sbagliare sempre e comunque fossero i magistrati delle procure, quella di Pescara in primis. (Nella foto il palazzo giudiziario di Pescara)
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