Guerra di cifre e tagli indifferenziati
(di Carlo Di Stanislao) – Nel corso del “question time” di oggi alla Camera, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, ha replicato ad una dura interpellanza di Di Pietro, leader dell’IDV, che aveva dichiarato che la ministro si è sempre rifiutata di incontrare i precari, dicendo secca: “I precari sono stati incontrati da me fin dall’inizio del mio mandato e da parte del governo non è mai mancata disponibilità al confronto, ma non siamo disponibili a incontrare chi è in cerca di visibilità politica e di chi utilizza il disagio di certe persone per fare una battaglia politica”. Credo – ha osservato il ministro – che un dibattito importante e delicato debba essere, se vuole essere utile, improntato alla veridicità dei dati e alla schiettezza intellettuale. L’interpellanza contiene una premessa destituita di fondamento, ed è un maldestro tentativo di far credere che il precariato, che ha origine negli anni Ottanta, sia una responsabilità da addebitare a questo governo. Non credo che lei non sappia che ci sono precari che stallano in graduatoria da 15 a più anni. Non è corretto cercare di legare a una Finanziaria che ha tentato di razionalizzare la situazione, 100mila precari”. La Gelmini ha detto di rifiutare il tentativo di “far credere che il fenomeno del precariato, che ha origini negli anni Ottanta (quando fu usato come ammortizzatore per la disoccupazione) sia da addebitare a questo governo”. Ed ha anche aggiunto di rivendicare invece la responsabilità del piano di razionalizzazione legato alla Finanziaria. Ma secondo Gelmini tali interventi non portano a 100mila, come sostenuto dall’opposizione, il numero dei precari in esubero, che considerando i pensionamenti si ridurrebbero a suo giudizio a 10mila per il 2010 e 3mila per il 2011. “Questi precari hanno avuto tutti la possibilità di un posto di lavoro grazie al decreto salvaprecari e ad accordi con le Regioni”, ha concluso, precisando che alcuni hanno preferito invece l’indennità di disoccupazione. Di Pietro, nella controreplica, ha contestato la validità di queste stime, accusando in particolare il ministro di aver subito tagli all’istruzione di fondi dirottati ad armamenti e concludendo che il ministro “non doveva farsi rubare otto miliardi tolti alla scuola”. Come al solito guerra di cifre, con un governo che ne dichiara alcune e opposizione che ne registra altre. Un dejia vù per noi aquilani. Ma intanto arriva da Salerno l’esortazione di Napolitano che ieri, nel suo ormai super citato discorso ha detto: “c’è bisogno di più risorse per la scuola, di più qualità e di più attività formative”. E sul tema è tornato, con eguale enfasi e tenore, oggi, ospite questa mattina del Giffoni Film Festival, in occasione del 40esimo anniversario della kermesse cinematografica per ragazzi, dove ha assistito alla proiezione del cartone animato ‘Giovanni e Paolo e il Mistero dei Pupi’, dedicato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E, ancora una volta, rispondendo alle domande dei ragazzi, ha spiegato che è molto difficile, ma non impossibile, raggiungere l’obiettivo del bene comune e per far ciò è fondamentale che si crei un clima politico con un certo spessore morale e culturale e in cui vengano messi da parte gli interessi personali, lo spirito di partigianeria e di egoismo, in modo da capire, insieme, quali sono i problemi ed arrivare, insieme, a delle soluzioni concrete. “La politica è ricerca delle soluzioni possibili ma occorre essere preparati, ci vuole moralità”, ha detto Napolitano, che ha poi di nuovo posto l’attenzione sull’importanza della formazione scolastica, sulla necessità di fondi da destinare alla scuola pubblica ma anche dell’impegno sia da parte degli studenti che degli insegnanti. L’investimento nella cultura è fondamentale per il futuro del nostro Paese e, di là dalla guerra delle cifre, è indubbio che si investe poco e male nella nostra scuola. In Italia – secondo il nostro Presidente- va fatto uno sforzo analogo a quello che ha fatto la Germania, che ha annunciato notevoli tagli che riguardano la spesa sociale, ma allo stesso tempo ha aumentato la spesa pubblica per ricerca e innovazione. Infatti, secondo il Primo Cittadino, “è necessario tagliare, ma non si deve fare in modo indifferenziato in tutti i settori”. E parole di elogio per quanto detto ieri e oggi da Napolitano vengono sia da sinistra (Anna Finocchiaro, capogruppo dei Pd alla Camera), che da destra. In una nota il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione scrive: “Condividiamo integralmente la riflessione sulla scuola che con la consueta saggezza il presidente Napolitano ha oggi offerto al Paese. E’ proprio in tempi di crisi e di tagli che bisogna avere il coraggio di preparare il futuro rilanciando la competitività con investimenti in questi settori chiave. Serve anche una vera riforma della scuola che premi quegli insegnanti che mettono l’anima nel loro lavoro, dando loro prestigio, funzione sociale e anche soddisfazione economica”. Non ci sembrano parole di un gruppo che potrebbe far da pontiere a Berlusconi e al suo governo. Per la scuola italiana servono più soldi, più investimenti e anche un’attenzione più forte ai risultati. Non servono invece tagli camuffati, frasi fatte per giustificare mancati incontri o doverosa concertazione, né tanto meno nuovi edifici modello, costruiti a regola d’arte ed in tempi brevi, con i colori ed i contrassegni della Lega, mentre tutto il resto è lasciato marcire.
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