L’opinione – Attentati a raffica e necessità di “agire”
(di Carlo Di Stanislao) – 53 morti e quasi 200 di feriti è il tragico bilancio di un ennesimo attentato suicida avvenuto ieri a Quetta, nel Sud Ovest del Pakistan. La bomba è esplosa proprio nel corso della “Giornata di solidarietà”, l’evento annuale che la minoranza sciita organizza, ogni anno, a favore della causa palestinese contro il controllo israeliano della città di Gerusalemme. Dopo l’attentato è scoppiata una protesta degli abitanti, che hanno preso d’assalto diversi negozi, mentre si avvertivano spari in aria una parte dei manifestanti si scontrava con la polizia. Quello di Quetta è stato il terzo attentato della giornata. Due ore prima infatti un altro kamikaze si è fatto saltare in aria a Mardan, nella parte nord-occidentale del paese. Le guardie della sicurezza non hanno evitato l’esplosione ma sono riuscite ad intercettare l’attentatore suicida prima che entrasse in un luogo di culto della setta minoritaria “ahmedi”, che in Pakistan on è considerata musulmana. L’esplosione ha ucciso una guardia, tre i feriti. Non lontano da Mardan, alla periferia di Peshawar, un poliziotto è stato ucciso e altri tre feriti per l’esplosione di una bomba al passaggio del veicolo su cui viaggiavano. Oltre 3.600 persone sono state uccise negli ultimi tre anni, in quasi 400 attentati, commessi dai talebani alleati con al Qaida e gruppi in guerra con Islamabad per il suo sostegno a Washington. Siamo preoccupati per l’incolumità’ dei nostri operatori sul campo e dei nostri partner locali, ma non abbiamo intenzione di ridurre la nostra presenza’, afferma Riccardo Giannotta del VIS, organizzazione che opera nella zona di Quetta da diversi anni. ’ E’ infatti indispensabile continuare a fornire assistenza agli sfollati delle zone alluvionate che negli scorsi giorni si sono stabiliti nelle periferie della città, e che hanno disperatamente bisogno di cibo, ripari e acqua potabili”. Nonostante le difficoltà legate all’instabilità’ del contesto, proseguono quindi le operazioni di emergenza delle organizzazioni associate di AGIRE che, anche nell’area di Quetta, stanno dando sollievo alla popolazione colpita da uno dei piu’ gravi disastri naturali degli ultimi anni. Proprio per sostenere le organizzazioni impegnate nella risposta all’emergenza in Pakistan AGIRE ha lanciato un appello urgente di raccolta fondi cui si può rispondere inviando da domani – da cellulari TIM, Vodafone, Tre, Noverca e CoopVoce – un SMS da due euro al 45504, o chiamando lo stesso numero da rete fissa Telecom Italia. ‘L’imperativo umanitario ci impone di restare laddove le vittime hanno maggiore necessità di assistenza’ – afferma Marco Bertotto, direttore di AGIRE – ‘Quello che ci preoccupa davvero – prosegue Bertotto – e’ che gli attentati di queste ore possano ridurre ulteriormente lo spazio dedicato alla crisi umanitaria che ha colpito il Pakistan. Un dramma che, in assenza di una risposta forte di solidarietà della comunità internazionale, rischia di ridurre migliaia di persone in miseria favorendo le logiche dei gruppi estremisti’. Oltre che con l’SMS e’ anche possibile sostenere il lavoro delle ONG di AGIRE presenti sul territorio attraverso: donazioni con carta di credito al numero verde 800.132870, donazioni on line dal sito internet www.agire.it, versamento con bollettino postale sul conto corrente n. 4146579 intestato a AGIRE onlus, via Nizza 154 – 00198 Roma. Causale Emergenza Pakistan, Bonifico bancario sul conto BANCA PROSSIMA – IBAN: IT64 R033 5901 6001 0000 0013 915 Causale: Emergenza Pakistan. Come aveva già scritto a maggio il quotidiano on-line “Sostenibile”, l’ottica essenzialmente laica con cui i maggiori partiti pakistani affrontano la politica nazionale ed internazionali dalla caduta di Musharraf. sta spingendo i gruppi estremisti ad un’escalation di attentati e di violenze. Quasi quotidianamente, le bombe esplodono nei mercati delle principali città. La comunità internazionale (esclusi gli USA) pare indifferente, mentre la stampa europea dedica alla situazione pakistana un’attenzione quasi nulla. Il Pakistan, ritornato faticosamente ad una democrazia tutt’altro che perfetta, sta combattendo una guerra di civiltà tutta interna ai propri confini nazionali, e lo sta facendo con una determinazione sconosciuta all’epoca dell’ambiguo dittatore che per anni aveva governato col sostegno dell’amministrazione Bush. In questo contesto, il presidente americano Obama sta tentando di rafforzare gli aiuti militari, ma soprattutto non militari, al Pakistan, mentre l’Europa sembra come sempre poco incline ad assumersi qualsivoglia responsabilità. Forse è vero che le ultime stragi potrebbero essere un segno, non di una rinnovata forza dei gruppi fondamentalisti, ma della loro disperazione; ma è altrettanto certo, che in questa fase, occorrerebbe maggiore chiarezza da parte del governo pakistano e della’Europa.
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