Terremoto, all’improvviso tutti saggi
L’Aquila – Quando il terremoto di Montereale (che dal 2008 non dava tregua, e con scosse più sporadiche anche da parecchio prima, ma quale autorità ci aveva badato?) ha bussato alla porta a modo suo, cioè con sciami dopo sciami fino a 3,6 Richter, tutti improvvisamente sono apparsi saggi, prudenti, preoccupati. Sono scattati protezione civile, esperti, strutture di emergenza. Si è affermato che le aree di raccolta per la popolazione ci sono, le hanno tutti i comuni, e tutti sono pronti a tutto. Mai saputo che fosse così: forse intendono sterrati fangosi e cespugliosi, spazi aperti di campagna selvaggia. O forse ignorano che L’Aquila non ne ha affatto, di preparati e attrezzati per migliaia di persone. Ignorano o vogliono ignorare.
Naturalmente, tutto ciò va benissimo ed era esattamente quello che appariva necessario soprattutto ai sindaci dei centri più direttamente interessati. Nei telegiornali nazionali, fior di esperti (inclusi quelli sotto inchiesta a L’Aquila per i mancati allarmi del 6 aprile 2009) hanno mostrato una serafica e avveduta cautela, dicendo: non si può prevedere nulla, lo sanno tutti, però il rischio c’è. Non è detto che uno sciame intenso porti a eventi forti, ma è possibile. Il fenomeno (ha detto Boschi) è simile a tutti gli altri tipici dell’Appennino. Dopo tutto siamo in una zona ad alto rischio sismico. Viola, aggiungiamo noi, sulle cartine sismiche che nessuno aveva mai mostrato prima alla popolazione a rischio. Documenti e mappe che una politica e un’amministrazione coscienti e avvedute avrebbero dovuto divulgare tra tutti i cittadini, costringendoli a studiarle, ad avere consapevolezza e informazione seria su come è fatta la loro terra. Specialmente quando qualcuno decide di costruire o comperarsi una casa, a prezzo di mutui pesanti e sacrifici enormi.
Le scosse di Montereale, dopo mesi di quasi occultazione e sistematica minimizzazione anche su certi mass media abilmente telecomandati, hanno, come si dice poco elegantemente, messo il pepe nel sedere a tutti. Ora tutti, fino all’ultimo vippetto, parlano di rischio e ammoniscono. E ci si prepara, ci si organizza, perchè il peggio non è solo possibile, è anche probabile, benchè imprevedibile. E la gente si chiede: se lo avessero fatto anche in quei giorni del tragico aprile di fine città dell’Aquila. Se soltanto di questo senno di poi che fa anche arrabbiare chi pensa con la sua testa, avessero usato “prima” solo una minima parte… Amare considerazioni per chi ha perso tutto e anche qualche persona cara, oltre alla propria esistenza e alla propria identità psicologica. Troppo tardi appaiono senno, prudenza, parole misurate ma chiare, concretezza e risoluzione di fronte ai problemi, come nei paesi veri, dove ognuno fa il suo dovere al suo posto, e non aspetta ringraziamenti per averlo fatto. Un’amara storia anche questa organizzazione preventiva alla quale stiamo assistendo, noi che abbiamo memoria buona e ricordiamo le rassicurazioni, le esortazioni a stare tranquilli da chi predicava, intascava un succoso gettone e poi risaliva sull’auto blu: tanto, se ne andava lontano. Cosa gli importava di chi restava a vivere con il groppo in gola e ogni sera l’atavica, invincabile paura del buio. Atavica e anche ragionevole, visto com’è andata 17 mesi fa. Quasi 18. (Nell’immagine una mappa degli epicentri degli ultimi mesi, fino ad agosto, nell’Appennino reatino-aquilano)
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