Pescina, la disperata protesta


Pescina – Dal “Martello del Fucino” pubblichiamo una parte dell’intervento a favore dell’ospedale Rinaldi: “Confesso di non avercela fatta, sabato sera, a ciclostilare un “Martello” con inchiostrato sopra il mio personalissimo e modestissimo parere sulla vicenda dell’ospe- dale. Fatta salva l’irrilevanza di tale parere, più che il timore di dover poi fare a pugni con alcune decine di persone (eventualità quasi certa, e se avrete la pazien- za di leggere queste poche righe comprenderete quanto il paventato timore fosse fondato), mi ha arre- stato nel proposito il constatare de visu la costernazio- ne della popolazione, sinceramente affranta da una spoliazione dalla quale – a meno di un miracolo – non ci potrà salvare nessuno (per tacere delle ricadute che in futuro la scomparsa del “Rinaldi” comporterà, che si tradurranno in costi sociali pesantissimi: la gente que- sta cosa l’ha già ben chiara innanzi agli occhi). Come sostengono alcuni miei detrattori, sono romano (di adozione) ma non per questo cesso di essere di Pescina, e lo sono anche quando a doversi smazzare e a doversi arrampicare sui terrazzi (e sugli specchi) per ribaltare l’esito ineluttabile di una guerra non combat- tuta per tempo, sono soprattutto coloro che oltre a schernire me (e pazienza) hanno trattato in malo modo quelle povere donne che per un tempo infinito hanno portato avanti, nell’androne e dinanzi il nostro presidio, una protesta molto civile e molto bella sotto l’egida del Comitato pro ospedale.

Io sono di Pescina, e ho ritenuto non fosse giusto filo- sofeggiare su un movimento di popolo, sebbene fossi (e sia tuttora) piuttosto perplesso sulle modalità e sugli scopi del blocco del traffico veicolare in alcuni punti del paese. Dopo quattro giorni di tale agitazione è però l’ora di analizzare cosa sia successo e cosa, soprattutto, andrà verosimilmente ad accadere, a breve.

Sì, perché per quanto l’isola pedonale impropria costruita a Pescina Nuova non sia affatto male, prima o poi, volenti o nolenti, quei cassonetti, quelle sedie e quegli ostacoli frapposti alla circolazione dovranno andare via. L’effetto mediatico cercato con l’agitazione è stato appena decente, e la nostra Repubblica auto- noma non sembra aver interessato più di tanto i gior- nali. Analogamente, abbiamo provato in maniera tan- gibile l’assoluto isolamento nel quale versa la causa del nostro presidio a livello di politica regionale e naziona- le. Due fatti tangibili che non promettono nulla di buono. A voler essere realisti, suonano come una cam- pana a morto per la nostra causa. Tra Pescina (e gli altri paesi viciniori) e le Autorità pare esserci un distacco incolmabile: anche il tavolo tecnico provinciale è salta- to prima ancora di nascere, mentre impetrare l’inter- vento del Prefetto non produrrà, credo, grandi frutti.

La scena, invero piuttosto disperante, della riconsegna dei certificati elettorali mi ha fatto pensare che per non ritrovarsi nella condizione di restituire la scheda dopo bisognerebbe farne un buon uso prima. Da questo punto di vista a Fontamara siamo indifendibili, e prova ne è lo scrosciante applauso raccolto da uno degli ora- tori di domenica all’atto di chiedere dove fosse mai fini- to il senatore Piccone… anche al sindaco di Pescina, suo affiliato (suo, di Piccone), è toccato applaudire…

Qui il discorso – che non vuole costituire una polemica, un’assegnazione di giudizi e patenti, ecc. – ci riporta all’ultima tornata delle elezioni provinciali, tenutesi non più di cinque mesi fa. Mi corre l’obbligo di ram- mentare, in un paese dove la memoria pubblica è molto corta (e spesso strabica), che nel corso di un comizio in piazza piuttosto movimentato (almeno per me, per via della claque che circonda il primo cittadino e che lo sta rendendo sempre più inviso alla restante

parte di popolazione) ho udito dire al sindaco Radichetti, con le mie povere orecchie, che per l’ospe- dale non c’era problema, e che il suo funzionamento era semplicemente perfetto. Per chi, in quella elezione, ha fatto presente che già a novembre 2009 l’assessore regionale alla sanità Venturoni ci aveva dato, con il suo bel sigaro, l’estrema unzione, in un drammatico incon- tro a Pescara, la sorte ha passato una pessima mano di carte. Il tentativo, tutt’altro che velleitario, di proporre lo status montano alla Regione per i presidi ospedalieri di Pescina e Tagliacozzo attraverso apposito disegno di legge è stato accolto come un piatto di ciancia ad un banchetto. Il banchetto era quello delle provinciali, dove il tifo ha superato ogni tentativo di ragionare cri- ticamente sui problemi e il cui risultato ci ha definitiva- mente condannato alla morte. Il vero banchetto lo hanno però fatto altri, in qualche ufficio di potere e sot- topotere, ridendo di noi, cafoni abbacinati dallo sfolgo- rare di una scheda elettorale (siamo arrivati al punto di applaudire la benedizione congiunta di due parroci ad un autobus ARPA del 1982… e qui mi taccio…).

Ricordo altresì con sommo dispiacere quando in occa- sione del Premio Silone (dicembre 2009) ardimmo, in pochi, recarci a San Francesco per tentare di interloqui- re con il presidente della Regione Gianni Chiodi. Che effettivamente si fermò, e cortesemente – perché lui è molto cortese – ci sciorinò quanto l’AIOP e gli impren- ditori della sanità privata che lo hanno elevato (unita- mente al popolo bue) a quel suo posto desiderano che ripeta in ogni frangente (ognuno fa il proprio mestiere): i trentacinque ospedali in Abruzzo, il debito, ecc.. In quell’occasione, il nostro sindaco, quasi fossimo dei vermi di cui vergognarsi, entrò ed uscì dal’ingresso di Orto dei frati, metaforica rappresentazione di un incon- tro che egli non ha mai voluto. L’opzione di far leva sulla protesta del Comitato – giusta, sbagliata, quello che sia
– per chiedere ai suoi referenti istituzionali e politici di attivarsi affinché non venisse scavalcato (lui, e quindi loro), al nostro sindaco non è mai venuta in mente. Forse non poteva metterla in pratica. Certo è che si è accontentato di un paio di visite del senatore Piccone e del consigliere Di Bastiano, due figure che sulla que- stione dell’ospedale – lo abbiamo scritto più volte, in tempi non sospetti e con termini coloriti – non posso- no che esserci oggettivamente nemici (non avversari: nemici). Adesso, il nostro sindaco ha fatto ammenda, e ci è venuto a dire che chi aveva promesso non gli ha dato. Sarebbe ragione sufficiente per farsi da parte, se non altro perché non è nemmeno ipotizzabile che tra qualche mese lo si veda tornare, a bocce ferme, a can- didarsi per una parte politica che gli ha rifilato una simi- le fregatura. Ma egli, il sindaco, ha detto che quella fascia “dovranno strappargliela” fisicamente, ed allora sta bene così. Si potrebbe tornare un poco più indietro nel tempo, alla fiaccolata per la paventata chiusura di chirurgia ai tempi di Del Turco, e all’assordante silenzio sfoderato quando la chirurgia se la sono portata via veramente, sotto l’imperio di Chiodi. Potrei continuare per una trentina di pagine (le manifestazioni ogni volta saltate e rinviate, il rifiuto di affrontare il tema in consi- glio comunale anche attraverso la costituzione di una commissione, ecc.) ma credo che chi abbia un poco di obiettività non possa che essere già sintonizzata sulla lunghezza d’onda che sul fatto che sulla questione del- l’ospedale l’attuale giunta municipale abbia sbagliato tutto. Ha talmente sbagliato che ora, dopo anni di silen- zio i suoi componenti sono costretti ai blocchi stradali, ad urlare, a smaniare”.


24 Agosto 2010

Categoria : Cronaca
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