Carrara sulla zona franca
Sulmona – Antonio Carrara, presidente della Comunità montana peligna, scrive: “Nell’immediato post-terremoto, da più parti, è stata affermata la necessità di avere misure di agevolazioni fiscali e contributive per affrontare la drammatica situazione che si è determinata dopo il 6 aprile. I riferimenti più immediati sono stati: l’individuazione di una zona franca e la possibilità di ridiscutere con l’Unione europea il reingresso nell’obiettivo convergenza (ex obiettivo 1) della provincia dell’Aquila e dei comuni terremotati. E’ evidente a tutti che la distruzione di un capoluogo di Regione e di molti comuni crea l’effetto immediato di ricondurre questa parte di territorio in una condizione ben diversa da quella conquistata negli anni di crescita e sviluppo. Non farsi carico di questo problema significa lasciare la Provincia dell’Aquila in una condizione di svantaggio dalla quale sarà impossibile riattivare il proprio tessuto economico.
A questo proposito l’emendamento approvato dalla commissione ambiente del Senato al Decreto legge sull’Abruzzo, fissa un importante principio, prevedendo la possibilità di individuare zone Franche urbane nell’ambito dei comuni terremotati e degli altri comuni della Provincia dell’Aquila.
Quello delle zone franche urbane è l’unico strumento, già disciplinato e concordato con l’Unione Europea, attualmente a disposizione. Dobbiamo avere chiaro, però che quello è uno strumento pensato per dare risposte ad altri problemi. E’ stato individuato in Francia per riattivare un circuito economico in aree ben circoscritte di realtà urbane che, sebbene inserite in un contesto economico florido, presentavano situazioni di degrado sociale ed economico, caratterizzate da un alto tasso di disoccupazione, grande presenza di giovani (soprattutto immigrati) con tassi di scolarizzazione bassi e tassi di abbandono scolastico alti. Come si vede, realtà totalmente diverse dalla Provincia dell’Aquila che, al contrario, è caratterizzata da una presenza di realtà urbane medio-piccole e da una miriade di piccoli comuni, dove c’è un alto tasso di anziani e non di giovani, dove i tassi di scolarizzazione sono piuttosto elevati e l’abbandono scolastico è un fenomeno marginale. Un discorso a parte deve essere fatto per il tasso di disoccupazione. Quello che è stato rilevato ufficialmente, prima del terremoto, è il più basso delle 4 province abruzzesi e non mette in evidenza un fenomeno diffuso di persone che “ufficialmente” hanno smesso di cercare lavoro, né quello dei tanti, soprattutto in Valle Peligna, che si trovano in una situazione di cassa integrazione senza futuro e che ufficialmente non sono disoccupati.
Le agevolazioni fiscali e contributive previste nelle zone franche possono essere un valido strumento per far ripartire l’economia nella provincia ma lo strumento, così come è attualmente disciplinato, è totalmente inadatto a cogliere la difficoltà di un territorio interamente montano messo in ginocchio dal terremoto. Il nostro governo deve convincere l’Unione Europea che situazioni di crisi, come quella determinatasi in provincia dell’Aquila, hanno bisogno di deroghe e di uno dispositivo specifico per essere affrontate adeguatamente. Essere costretti a fare fronte a una situazione post-terremoto con strumenti pensati per quartieri di Parigi, Lione o Marsiglia e importati in Italia pensando a quartieri di Napoli o Catania, mi sembrerebbe del tutto illogico”.
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